PROFESSIONE REGISTA: SEBASTIANO OLLA VIVE A LOS ANGELES ED E' IL NUOVO TALENTO DEL "COMEDY" AMERICANO

Sebastiano Olla


di Simone Spada *

Lo definiscono come il nuovo talento del comedy americano. Per lui essere un regista in America è come guardare la terra dalla luna. Certo è che Sebastiano Olla, ventisettenne regista di origine sarda, sta stupendo in positivo gli addetti ai lavori e per lui il futuro appare sempre più roseo. Il suo primo corto, “How I became the devil”, ha vinto l’Audience Award nel Fauxfilm festival di Portland come miglior film mentre ultimamente è uscito sul web una serie comica che racconta la precarietà in America dal titolo “It’s Temporary”. Quest’ultimo lavoro racconta la vita “precaria” e caotica di sei ragazzi americani con una vivacità ed uno stile tale da ricordare una delle più famose sitcom americane, “Friends”.

Chi è Sebastiano Olla e da dove parte il suo “sogno americano? Ho 27 anni e, sono nato a Cagliari. Mi sono trasferito a Roma da bambino, ma sono sempre rimasto molto legato alla Sardegna. Cioè, sono molto sardo seguendo le radici della mia famiglia. Cagliari da parte di mio padre e Gavoi da parte di mia madre. Bisogna aggiungere anche Alghero dove ho trascorso molte estati e dove, sull’antica muraglia dell’ospedale, c’è ancora un piccolissima vecchia casa di famiglia. Credo di aver deciso di trasferirmi negli States sin da quando ero in prima liceo, certo allora era solo una vaga idea, una battuta, forse addirittura una presa di posizione. Poi piano piano ho cominciato ad interessarmi della cultura americana e a liceo finito la decisione era già presa: “finisco gli studi e vado in America”. Ero così ansioso di trasferirmi, ma sopratutto consapevole che il sistema di fare film tra l’America e l’Italia è moto diverso, che ho deciso di finire gli studi direttamente in America.

Come ti sei appassionato alla macchina da ripresa? Qual è stata la molla che ti ha convinto a proseguire? Sin da quando ero piccolo i film per me sono sempre stati quasi un’ossessione. Una delle prime cose che ho imparato, quando ancora non andavo a scuola, è stata registrare i film dalla tv col registratoreVHS dei miei genitori. Dopo averli registrati li riguardavo centinaia di volte. Ho sviluppato poi da subito un passione per gli horror e per gli action movies. Ho praticato e ancora pratico arti marziali, ho vinto un titolo italiano e uno europeo nel Viet Vo Dao, un’arte marziale vietnamita. Grazie a questa preparazione ho già fatto diverse consulenze come fight coreographer, per aiutare gli attori e i registi ad impostare le scene di combattimento. I film e i video in generale hanno sempre avuto per me qualcosa di magico, qualcosa che mi ha intrigato così tanto da convincermi a seguire una carriera nel mondo del cinema. Prima di arrivare qui a Los Angeles per compiere approfonditi studi di filmmaking, avevo sempre in testa i grandi nomi del mondo del cinema come Spielberg, Tarantino, Burton, Cameron. Ma ora devo ammettere che da quando ho preso il master in filmmaking, i miei punti di riferimento si sono spostati da quei grandi iconici nomi, ad altri nomi un po’ meno conosciuti, che però hanno sempre lavorato nel mondo del cinema e hanno sempre, per modo di dire, “portato il pane a casa”.

Il tuo primo cortometraggio, la commedia «How I became the devil», ha vinto l’Audience Award nel Fauxfilm festival di Portland come miglior film. Come è nato, quanto ti ci è voluto per girarlo? Il corso di filmmaking al NYFA è molto, molto intensivo. Ti mettono subito “al lavoro”, sin dai primi giorni si comincia a girare. In due anni ho lavorato in 7 corti girati da me e in una trentina come aiuto. Alcuni di questi corti non sono rimasti solo esercizi, ma sono entrati in film festival e hanno ottenuto riconoscimenti. Poi ho proposto la mia tesi di laurea, il corto intitolato “How I Became the Devil”, al Faux Film Festival di Portland a Marzo del 2013. L’hanno selezionata per metterla in concorso tra i corti professionali e… ha vinto il premio più prestigioso, l’Audience Award. È davvero un buon risultato. Ci sono voluti 5 giorni per girarlo e varie settimane per trovare il cast perfetto. Nel novembre del 2012 poi, ho scritto e girato un corto chiamato “He was dead the whole time”, per una “horror spoof competition”, e ha vinto uno dei primi premi nella sua categoria.

“It’s Temporary” è il tuo nuovo progetto pubblicato su youtube. È una web comedy. Perché parlare di precarietà e soprattutto come si parla di precarietà in America rispetto all’Italia? Con quali risorse sei riuscito a girarlo e quali le difficoltà durante le riprese? Creare una web series non è molto diverso dal creare dei cortometraggi. Bisogna avere un idea semplice, mantenerla semplice e svilupparla tenendola breve ma più efficace possibile. La serie ‘It’s Temporary” nasce da un idea di Svetlana Islamova (di nazionalità Russa) e Desi Ivanova (di nazionalità Bulgara), due attrici che vivono a Los Angeles. Io sono il regista e coautore della sceneggiatura. La storia della serie non è molto lontana dalla realtà, da tante realtà californiane. Racconta di un gruppo di ragazzi provenienti da diverse parti del mondo, che vivono insieme a Los Angeles in una situazione precaria, in attesa di cavalcare quello che poi è il sogno americano. Il titolo tradotto in italiano diventa “È precario”, solo che precario nella nostra lingua ha ormai un suono da condanna perpetua, tipo “niente è più stabile del provvisorio”. Sulla costa ovest degli Stati Uniti invece provvisorio significa qualcosa che non può e non deve durare così com’è. Precarietà italiana o precarietà americana la differenza è minima, anzi direi inesistente, anche se magari non sembra cosi: l’America in questo momento è in crisi, crisi che include anche il mondo del cinema, tanto da avere attori, registi, fotografi e qualsiasi altro libero professionista pronto ad accettare qualsiasi paga su qualsiasi progetto, con la speranza che il cibo sia incluso nel contratto. Il tutto nella serie viene trasformato in una commedia scoppiettante sorretta da attori di solido mestiere come Anthony Montes e l’esilarante Valorie Hubbard, interprete con un curriculum che include “Glee”, “American Horror Story”, “How I met your Mother”, “Resident Evil”, “True Blood”. Lavorare con attori già noti e di grande esperienza inizialmente è stato molto terrorizzante, ma alla fine siamo tutti professionisti con lo stesso obbiettivo, creare un prodotto di qualità. Devo ammettere che ho imparato molto da loro e sono definitivamente cresciuto come filmmaker.

Come è nata la collaborazione con Marco Porrà dei Wallcrush, come avete collaborato per le musiche, che rapporto hai con lui? Io e Marco ci siamo conosciuti suonando la chitarra in spiaggia a Cagliari quando eravamo ragazzini. Negli anni passati abbiamo suonato insieme come duo in alcuni locali, più o meno ogni estate fino a che non mi sono trasferito. Parlando molto su Skype, lui mi ha detto che era molto interessato a fare musiche per il cinema o per video in generale cosi gli ho chiesto di cominciare a mandarmi degli esempi. Vista la sua abilità e bravura, nel corso degli ultimi 3 anni ci siamo evoluti nel continuare questo sistema per cui io gli mando un file con un mio video e una descrizione della trama e lui mi risponde con diverse musiche che potrebbero andare bene. A quel punto e solo questione di scegliere la migliore o la più accattivante e il gioco è fatto. Così Marco ha collaborato in molti progetti diretti da me in California (e anche in progetti di altri) come music composer. Nonostante l’altissima concorrenza qui a Los Angeles (siamo in California…. qui la musica è un’industria incredibile), le composizioni di Marco sono sempre state le migliori, tanto da convincere gli autori di “It’s temporary” a scegliere lui. Hanno scelto lui piuttosto che qualche autore locale.

Dopo questa serie quali sono i tuoi progetti? Un sequel o qualcosa rivolto alla tv americana? In un futuro, possibilmente non lontano, vorrei girare un lungometraggio a basso costo che sto attualmente scrivendo. Lungometraggio che vorrei mi aprisse le porte di grandi case di produzione nella speranza di ottenere eventualmente una serie di lungometraggi. Ma il vero sogno nel cassetto è quello di passare da web series a stagioni più lunghe e da queste a show televisivi. Se un giorno potessi ottenere uno show televisivo ai livelli dei grandi shows come Dexter, Lost, Mad Man e molti altri, quello si che sarebbe il top del top. Nel frattempo, restando con i piedi per terra, sono in fase di post produzione per una nuova serie sul web che nasce come spin off di “It’s Temporary” , di cui si sta già parlando per una seconda stagione per il prossimo anno.

* Sardinia Post

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4 commenti

  1. Bello sapere che in ogni parte del mondo c’é un sardo che tiene la nostra Bandiera alta in qualsiasi ambito dell’esistenza.
    Io come scrittore so quanto è dura essere valorizzati nell’ambito delle proprie professioni. Onore a Sebastiano Olla che tiene alto il nome della Sardegna in un mondo difficilissimo: la regia e l’arte.

  2. Complimenti, Sebastiano! E’ sempre bello apprendere di sardi che si fanno valere nel mondo, tenendo alta la nostra bandiera ! Sebastiano, io sarò a Los Angeles il prossimo weekend, mi pare fino a lunedì…se fosse possibile, una birretta insieme, oltreoceano…mi farebbe molto piacere conoscerti! Ajo! ci facciamo un ich in USA! 😉

  3. claudia ventura

    sono una ragazza sardo anche io come lei appassionata di cinematografia,vorrei trasferirmi a los angeles ,secondo lei quali sono gli step che dovrei affrontare?cosa ne pensa del corso di cinematografia presso l’u c l a ?complimenti per il suo lavoro tanti auguri claudia

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