Árdia è termine ricorrente in Sardegna; attualmente denota la corsa dei cavalli (cavalcata) che viene fatta per onorare certi Santi: celeberrima è s’Árdia de Santu Bantìne a Sédilo. Talora la Cavalcata è laica, ma in tal caso, nel suo ìncipit storico, appare come fatto estemporaneo organizzato per festeggiare un’occasione altrettanto estemporanea. Ad esempio, la Cavalcata di Sassari, ripetuta ogni anno dal 1951 dopo parecchio oblio, ricorda la prima cavalcata organizzata nel 1899 in occasione della visita del Re. Il sardo árdia e l’italiano cavalcata indicano la stessa cosa, lo stesso fenomeno. Ma va fatta chiarezza, poichè sul sardo árdia oggi c’è soverchia confusione: soltanto rimettendo ordine riusciremo a comprendere il significato del nome del pane chiamato Árdia de santu Antòni. Francesco Cesare Casula (Dizionario di Storia Sarda 389) ricorda che «in tutta l’Europa medioevale, compresa la Sardegna giudicale e poi regnicola aragonese, la cavalcata era una breve spedizione militare di portata limitata, effettuata a cavallo in terra nemica… In ambiente feudale era la prestazione del vassallo all’esercito del signore per un giorno… Cessato, dopo il Cinquecento, l’obbligo feudale del servizio militare dei baroni nelle guerre e nelle spedizioni armate del signore concedente (che nel Regno di Sardegna era ovviamente il re) la formula sparì». Da questa illustrazione storica si arguisce che negli ultimi secoli la cavalcata (meglio, s’árdia), proprio per essere cessata come obbligo di sottomissione al signore, divenne un piacevole passatempo o una parata onorifica rimessa in piedi per eventi veramente eccezionali. La nota del Casula in ogni modo è preziosa, anche perchè ci fa capire meglio il significato storico di s’Ardia di san Costantino di Sédilo (santu Bantìne). Considerato che il santo Costantino di Sédilo non è altro che il noto Imperatore deificato (poi retrocesso a santo nel Medioevo per le energiche intrusioni del clero bizantino), nella selvaggia cavalcata dei Sedilesi attorno al santuario dedicato all’Imperatore scorgiamo una forma originaria di “servizio equestre” all’Imperatore medesimo. Ora veniamo al termine sardo árdia, bárdia, várdia, guárdia (secondo le fonetiche locali), che Wagner, con somma faciloneria, ritiene sia deverbale dall’it. guardare, onde guárdia “è il luogo da dove si guarda uno spettacolo, soprattutto le cavalcate” (sic!). Come si vede, egli confonde l’osservare uno spettacolo con lo spettacolo medesimo, giustificando l’operazione per il fatto che árdia o guárdia richiama foneticamente l’atto del guardare. Wagner non si è accorto d’essere incappato nell’ennesima paronomasia. Árdia, bárdia, várdia, guárdia sono le pronunce, oramai differenziate secondo i paesi, di un termine sardiano indicante lo stesso fenomeno che poi denotò anche le cavalcate medievali: ha la base etimologica nell’assiro ardu, (w)ardu(m) ‘schiavo, servitore’ (donde il cognome sardo Ardu). Quindi árdia, bárdia, várdia, guárdia è propriamente un ‘servizio’, e in origine indicò il “servizio a cavallo prestato in guerra” dalla cavalleria locale.
Il pane chiamato Árdia de sant’Antòni, che viene portato a cavallo attorno al sacro fuoco di sant’Antonio è un evidente pane votivo, confezionato per rendere ancora più sacra s’ardia che un tempo veniva certamente fatta da torme di cavalieri. Attorno al grande falò si celebrava e si celebra l’Anno nuovo che entra nel vivo delle celebrazioni del Carnevale.