di Paolo Pulina
Gli appassionati di studi deleddiani sanno che la Risoluzione n. 7-01066 del 19 dicembre 2012, approvata dalla Commissione Cultura della Camera dei deputati (il testo era stato presentato dal deputato sardo Mauro Pili e dalla responsabile nazionale della cultura del Pdl Elena Centemero), impegna il Governo a far conoscere nelle scuole la figura e le opere di Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura nel 1926, – colpevolmente esclusa dai programmi scolastici curriculari e non inserita neanche nel programma di letteratura italiana dell’ultimo concorso per insegnanti della scuola pubblica –, e a formulare per il 2013 iniziative celebrative della grande autrice sarda e, in particolare, dell’opera “Canne al vento”, a distanza di un secolo dalla prima edizione del 1913.
Al diffondersi della confortante notizia il Circolo “Sardegna” di Monza-Concorezzo-Vimercate, presieduto da Salvatore Carta, che da anni valorizza la figura della grande scrittrice sarda, espresse la propria soddisfazione: «Siamo molto contenti, perché a ottenere questo risultato, in soli due mesi, è stata la nostra socia Elena Centemero, giovane parlamentare della Brianza e membro della Commissione Cultura della Camera dei deputati. Un grazie caloroso, oltre che a Elena e ai sottoscrittori dell’Appello, va a tutta la Commissione Cultura della Camera dei deputati, con la sua Presidente Manuela Ghizzoni, al deputato lombardo Paola Goisis, ai deputati sardi Mauro Pili, Emerenzio Barbieri, Paolo Vella, Settimo Nizzi e Bruno Murgia, nonché al Sottosegretario di Stato-Istruzione-Università e Ricerca, on. Marco Rossi Doria. Dal canto nostro, continueremo con le nostre celebrazioni, per onorare e ricordare, a Monza e in Brianza, questa nostra conterranea sarda-lombarda come noi, anche perché a Monza risiedono da tanti anni i suoi pronipoti. Tra le altre iniziative stiamo organizzando un Convegno internazionale sul tema “Grazia Deledda a 100 anni da ‘Canne al vento’ ”, che si terrà domenica 17 marzo 2013».
Questo convegno si è poi tenuto e personalmente ne ho curato un resoconto dettagliato anche per questo blog (http://tottusinpari.blog.tiscali.it/2013/03/20/successo-a-monza-del-convegno-su-grazia-deledda-organizzato-dal-circolo-sardegna-per-i-100-anni-di-canne-al-vento/ ) e per il n. 443, aprile 2013, di “Tottus in Pari” giornale on line.
Voglio riprendere qui la parte centrale del mio intervento. Ho preso in esame l’ultima edizione dell’opera più conosciuta di Grazia Deledda, “Canne al vento”, per dimostrare non la difficoltà, ma l’impossibilità, presso le grandi aziende editoriali di livello nazionale, di operare correzioni anche minime in occasione della ristampa di una determinata opera. So da un amico, per fare un esempio, che, in una casa editrice nazionale, dopo che era stata presa la decisione di ristampare un certo libro, l’ufficio preposto si è rifiutato di inserire la data di morte (nel frattempo sopravvenuta) dell’autore in una biografia di cinque righe della quarta di copertina! La ferrea legge del maggior guadagno possibile fa sì che si vogliono evitare complicazioni di tempo e soprattutto “rabbocchi” anche minimi del budget programmato dai manager.
Veniamo dunque a “Canne al vento”. Occorre premettere che, in tutte le edizioni delle opere di Grazia Deledda curate da Vittorio Spinazzola per la collana degli Oscar Mondadori (“Elias Portolu”, “Canne al vento”, “La madre”, “L’edera”, “Colombi e sparvieri”, “Cenere”, “Annalena Bilsini”, “L’incendio nell’oliveto”, “Marianna Sirca”, “La chiesa della solitudine”, “Naufraghi in porto”, “Il vecchio della montagna”, “Il segreto dell’uomo solitario”, “Cosima”), il primo paragrafo dell’introduzione dal titolo “Dalla narrativa d’appendice al premio Nobel” si ripete nelle prime pagine di ogni volume (segue poi naturalmente un’analisi specifica del contenuto e della forma di ogni singolo romanzo). Ne estraiamo una brevissima citazione riferita alla biografia della Deledda: «Grazia nacque a Nuoro nel 1871, da famiglia benestante. Le elementari furono le sole scuole che frequentò regolarmente. In seguito si abbandonò a una congerie di letture, accavallando Dumas, Balzac, Byron, Hugo, Sue, Scott, e la Invernizio».
Ebbene, la prima edizione di “Canne al vento” nella collana Oscar Classici moderni, aprile 1990, sostituisce la classica introduzione di Spinazzola con una nuova nota introduttiva non firmata, che così esordisce: «Grazia Deledda nasce a Nuoro il 27 settembre 1871, da Giovanni Antonio Deledda e Francesca Cambuso [sic!]». Quel Cambuso invece che Cambosu (cognome peraltro correttamente riportato nelle Note di Antonio Baldini pubblicate come postfazione alla edizione Oscar di “Cosima”) è un pugno allo stomaco: non è un refuso ammissibile in nessun modo ma soprattutto oscura una parentela della Deledda con un altro importante scrittore e giornalista culturale sardo: Salvatore Cambosu (Orotelli, 1895 – Nuoro, 1962), figlio di Gavino Cambosu (zio materno di Grazia Deledda) e Grazia Nieddu. (Aggiungo fra parentesi che venerdì 14 giugno 2013, alle ore 18,30, a Melzo, in provincia di Milano, presso palazzo Trivulzio, Sala Vallaperti e Gibelli, la Fondazione Salvatore Cambosu, con il patrocinio del Comune di Melzo, organizza la presentazione del progetto “Radici”, un percorso alla scoperta di uno scrittore nascosto attraverso le testimonianze degli autori e le immagini di una Sardegna antica. Nell’occasione «lo scrittore nascosto», cioè proprio Salvatore Cambosu, sarà celebrato con la presentazione del volume “Cambosu: Le Radici” e con la proiezione del film-documentario “Radici”: si veda
http://www.fondazionecambosu.it/home/images/files/documenti/Locandina_Invito_FondazioneCambosu.pdf ).
Ebbene, al sottoscritto e a Salvatore Carta, che si erano rivolti alla redazione degli Oscar Mondadori per sapere se era possibile evitare – nel ristampare nel 2013 le opere della Deledda, a partire da “Canne al vento”, nella ricorrenza del centenario della pubblicazione di questo capolavoro – che si perpetuasse questo madornale svarione, è stato risposto che ormai la ristampa era stata effettuata e che quindi non c’era più niente da fare.
Bisogna riconoscere che, rispetto all’edizione Oscar dell’aprile 1990, nella ristampa 2012 di “Canne al vento” attualmente reperibile nelle librerie, nella prefazione non firmata, qualche aggiustamento correttivo è stato operato: certo Cambuso non è stato corretto in Cambosu ma, almeno: 1) è stato eliminato l’apostrofo laddove si parla di «un’intero [sic!] villaggio» (p. IX) e 2) l’etnologo citato ha il corretto cognome di Pilia (si tratta di Fernando) e non Pillia, com’era prima (p. XI).
Inoltre, nel testo deleddiano è stato corretto – finalmente! – a pagina 16, nella descrizione del cammino percorso da Efix, l’incredibile sgorbio lessicale presente nel brano seguente nell’edizione 1990:« […] qualche casa nuova sorge timida fra tanta desolazione, e pinte [sic!] di melograni e di carrubi, gruppi di fichi d’India e palmizi danno una nota di poesia alla tristezza del luogo». Le pinte nell’edizione 2012 sono ridiventate, correttamente, piante, ma quell’edizione del 1990, a questo proposito, come vedremo, per qualche decennio ha prodotto – è il caso di dirlo – male piante!
Uno dice: «Ci vuole poco a comprendere che qui si tratta di un refuso: pinte invece che piante!». Certo, peccato che in diverse case editrici, diversi redattori, in anni diversi, non sono stati in grado di capire che quel pinte era uno strafalcione da eliminare!
(Per curiosità, Wikipedia ci informa che: pinta è una malattia tropicale; una unità di misura del volume per il sistema imperiale britannico; con l’iniziale maiuscola: una delle caravelle di Cristoforo Colombo; un’ isola dell’arcipelago delle Galápagos; un software di grafica raster multipiattaforma open source; un tipo di bicchiere da birra …).
Ecco la prova. “Canne al vento”, edizioni del settimanale “Famiglia Cristiana”, collana “I grandi della narrativa. Novecento italiano”, 1997 (pinte è a p. 16: la numerazione delle pagine del romanzo è la stessa della citata edizione Oscar Mondadori dell’aprile 1990; nell’introduzione non firmata, diversa da quella degli Oscar, la madre della Deledda ha però il giusto cognome di Cambosu); “Canne al vento”, edizione del quotidiano “L’Unione Sarda”, collana “La biblioteca dell’identità”, 2003 (pinte è a p. 20); “Canne al vento “ edizione Giunti, collana “Acquarelli”, 2006 (pinte è a p. 27; nell’introduzione non firmata, il cognome della madre della Deledda è giusto).
“Canne al vento “ edizione Baldini Castoldi Dalai, collana “Classici tascabili”, 2012 (pinte è a p. 31; nell’introduzione non firmata, il cognome della madre della Deledda è esatto).
Una simpatica tiratina di orecchi la dobbiamo riservare anche a due studiosi sardi, sia pure con differente implicazione. “Canne al vento”, Garzanti, collana “I grandi libri”, prima edizione 1994, reca un’Introduzione di Pino Boero e le Note esplicative di Bruno Rombi: purtroppo, anche a quest’ultimo, che pure è uno specialista di Salvatore Cambosu, è sfuggito (se no, le edizioni successive avrebbero rimediato al refuso) che la madre della Deledda non si chiamava Francesca Combosu ! (sembra quasi una persecuzione!) ma Cambosu: si vedano le prime righe dell’Introduzione firmata da Boero. Anche Neria De Giovanni, che pure sa tutto di Grazia Deledda (sulla quale ha scritto una dozzina di libri), ha tratto le citazioni per il suo volume, peraltro molto interessante, “Il Cammino di Efix tra i luoghi di ‘Canne al vento’”, edizioni Nemapress, collana “Passeggiate letterarie”, 2013, e purtroppo non si è accorta della “stonatura” di quelle pinte! E così esse compaiono, beffarde, a p. 79.
Ma sì: anche in “Canne al vento”, prima edizione Oscar Mondadori, 1967 e successive ristampe anteriori al 1990, con Introduzione di Vittorio Spinazzola, le piante sono a posto ma a p. 35 leggiamo « “Un[sic!] lettera? Non sai di chi è? ».
Certamente, bisogna perdonare gli errori; ma dobbiamo perdonare anche la “diabolica” perseveranza in essi? Io credo di no.
Sto leggendo Canne al Vento, un libro commentato da Anna Dolfi. bellissimo.