PRESENTATA A MILANO E A TORINO L'ANTOLOGIA POETICA "LE CRI DE L'AUBE / L'URLO DELL'ALBA" DI MARC PORCU

immagine di Marc Porcu


di Paolo Pulina

Il CSCS -Centro Sociale Culturale  Sardo di Milano, in collaborazione con la Libreria Coop Statale (il 23 maggio), e l’ Associazione “Kinthales” di Torino, in collaborazione con la Libreria Ponte sulla Dora (il 30 maggio),  hanno organizzato la presentazione dell’antologia poetica “Le cri de l’aube / L’urlo dell’alba” di Marc Porcu (vi è riprodotto il testo francese originale con la traduzione a fronte di Giovanni Dettori, autore anche di una illuminante introduzione; foto di Louis Sclavis; edizioni Cuec di Cagliari, 2012,  pp. 280). A Milano, oltre al poeta, è intervenuta Pasqualina Deriu, silanese-milanese, poetessa e docente di materie letterarie. A Torino, hanno affiancato l’autore due scrittori, il bittese-torinese Giovanni Dettori e il casertano-parigino Francesco Forlani («girovago scrittore, performer, un piede in Francia, uno in Italia e tutti gli altri nella poesia e nella letteratura»).

 

Chi è Marc Porcu

Dice Marc Porcu in una sua poesia: «Sono  nato il 10 dicembre 1953 a Souk-El-Arba in Tunisia, / in una città il cui nome oggi non risulta neppure nelle carte». Suo padre era sardo, sua madre siciliana. Ha tre anni quando la sua famiglia si trasferisce in Francia («a tre anni esatti, dunque il 10 dicembre 1956,… / io ero IN VIAGGIO, mi portavano dentro un battello, non so DOVE »). Finiti gli studi, come attività professionale, insegna nelle “banlieues”, ai ragazzi più emarginati, e la conoscenza dall’interno di una realtà misconosciuta come quella delle periferie – degradate dal punto di vista economico, sociale e culturale – non può non influenzare la sua amata attività di poeta. Marc fin da adolescente  è stato attratto dal fascino della poesia: «… Ricorda anche che fra le urla dei ragazzi prodigio / mentre egli era un testone, dopo circa dodici anni quel 10 dicembre 1953, …/ ricorda che stando in piedi in classe vibrò d’emozione in tutto il corpo e la voce /scoprendo il senso folgorante di una poesia di Arthur Rimbaud».

Dal 1984 a oggi ha pubblicato numerose raccolte di versi: “Memoires de l’exil” (1984); “Les pèlerins du souffle dans une banlieue du monde” (1991); “En filigrane sur la nuit”( 2002). È presente in una decina di opere collettive. Per vent’anni è stato membro della rivista “Les Cahiers de Poésie-rencontres”, nella quale ha presentato numerosi poeti di tutto il mondo e tradotto poeti italiani. Partecipa a festival di poesia internazionale accompagnato da musicisti jazz quali il figlio Dimitri e l’ amico Louis Sclavis. Lavora spesso con fotografi, artisti plastici, coreografi e compagnie teatrali. È traduttore dall’italiano, in particolare delle opere degli scrittori sardi Sergio Atzeni, Francesco Abate, Luciano Marrocu, Flavio Soriga, Giovanni Dettori. 

 

Cosa è “L’urlo dell’alba”

“L’urlo dell’alba”/ “Le cri de l’aube” è la prima antologia poetica di Marc Porcu edita in Italia (vi sono raccolte diverse composizioni di “Memoires de l’exil” e di “En filigrane sur la nuit” e di altre opere edite ma sono presenti anche testi inediti).
Scrive Giovanni Dettori nell’introduzione: «C’è un’isola e un antenato mitico all’origine della poesia di Marc Porcu, o meglio: in principio era un’isola e un antenato che si fece mito. Che poi si farà poesia e  un mare da attraversare, da riva ad altra riva: in solitaria fuga da una terra che, fatto salvo il dire NO di pochi, si era consegnata ancora una volta, nella sua lunga e gloriosa storia di sottomissione al potere, alla dittatura fascista e che, ciò nonostante, nel secolo della memoria breve, comincerà a rammemorare le sue “costanti resistenziali”».
L’antologia ripercorre in tre «cantiche» (Dettori) la ricerca delle origini da parte di Marc. Suo nonno, “ciu Grillu”, pescatore di Sant’Antioco, che aveva combattuto durante la Grande Guerra ma che da reduce  aveva maturato inossidabili convinzioni antifasciste, in un giorno del 1930,  con una piccola barca, insieme con la moglie incinta,  volendo riconquistare la libertà almeno per la propria famiglia,  decise di avventurarsi in un periglioso viaggio di sola andata verso le coste del nord Africa («un pescatore condusse la sua barca per alti fondali fuggendo / l’acqua stagnante del fascismo per salvare i figli»). Approdò  in Tunisia e lì nacque il figlio destinato a diventare il padre di Marc.

Se il nonno non ha più voluto mettere piede nell’Isola natìa, che era stato costretto ad abbandonare per l’oppressivo clima fascista, Marc, dopo i primi contatti con la Sardegna, ha avvertito   forte il richiamo  della terra in cui erano cresciute le radici dell’antenato eroe, protagonista di una vicenda che è fin troppo facile definire “romanzesca”.
Emozionanti  sono le suggestioni suscitate dai versi che Marc dedica alla Sardegna («E io sono cresciuto nella leggenda di un’isola / avvolta nel suo sudario») e, in particolare,  a Sant’Antioco («isola ai bordi dell’isola»), paese natale del nonno pescatore, mitizzato per la sua impresa di impavido cercatore di libertà  («Conobbe poca pace / persa l’isola beata / persa la donna tanto amata / vinta la bufera / la barca affondò / nel tempio chiuso della bara»). In altre poesie cita Nuoro («dove veglia uno sparviero / sopra il merletto dei punti cardinali»), Melchiorre Murenu («Tancas serradas a muru ….»), Sebastiano Satta (« il poeta che decifra l’isola nei gineprai del cuore  / ustionato da mali indelebili»),  Sergio Atzeni  («cuore africano, danzatore delle stelle »); Pinuccio Sciola («lo scultore che scruta i megaliti / della parola»).

Personalmente sono stato colpito dai versi di “Lettera a Gramsci” anche per una motivazione affettiva (mi sono laureato con una tesi sulla traduzione e ricezione delle opere di Gramsci in Francia).

Ecco come Marc Porcu ci sintetizza il famoso testo con le tesi del III Congresso del Partito Comunista d’Italia svoltosi clandestinamente a Lione dal 20 al 26 gennaio 1926  (le tesi furono elaborate da Gramsci e prevedevano, nella lotta contro il fascismo,  l’abbandono dell’estremismo e del settarismo e l’adozione di una  linea politica di ampie alleanze): «Io ti scrivo da LIONE-FRANCIA / città dove al tuo passaggio nel 1926 pochissimi intesero / quanto avevi detto : / contro il fascismo non c’era una parola giusta, / la parola giusta doveva essere aperta a ogni voce / abbracciava ogni corrente che  incessante sognava / la confluenza in un comune grido, / e tuttavia più tardi, da questa comunione nasceva / della città l’altro nome LIONE CAPITALE DELLA RESISTENZA». E ancora: «Così, mentre tu scrivevi le tue lettere dal carcere [le tue lettere scritte per l’al-di-là dei muri / per l’al-di-là dei mari], / io ti scrivo liberamente dalla FRANCIA, /  paese dove ti ho letto / come  si legano al pane quotidiano / queste tre parole che bisogna ridire  / per dire l’umana identità : / LIBERTA’ –EGUAGLIANZA – FRATERNITA’».

Come Sergio Atzeni («mio fratello “non nato dal ventre della stessa madre”, che ci lasciò nello stesso mare lasciato da mio nonno » ; «questo fratello sconosciuto del quale traduco la rivolta e la propago nella nostra lingua: anche lui aveva suole di vento»), Marc Porcu non vuole passare « sulla terra leggero », ma, al contrario, pesante e pensante:  entrambi vogliono affermare con la scrittura  le ragioni del meticciato linguistico-culturale, simboleggiato dalle opere dello scrittore martinicano di lingua francese, Patrick Chamoiseau  (nato a Fort-de-France il 3 dicembre 1953: sette giorni prima di Marc Porcu!).

«Sono cittadino  sardo, italiano, europeo», scriveva Atzeni; Porcu potrebbe definirsi, a ragione della sua esperienza e conoscenza di diverse culture, in particolare poetiche: «Sono tunisino, francese,  europeo, e  anche italiano e sardo: amo Arthur Rimbaud, Federico García Lorca, i poeti resistenti,  Giuseppe Ungaretti, Cesare Pavese, Pier Paolo Pasolini, Tawfik Az Zayad (poeta palestinese, sindaco di Nazaret), JabbarYassin Hussin (poeta iracheno, “il lettore di Baghdad”), i poeti liguri, e anche i sardi Melchiorre Murenu, Sebastiano Satta, Sergio Atzeni, Pinuccio Sciola».

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