In su mundhu ’e sos mannos
Sas làcanas si cunzan istrintas
E chentz’àidos.
Moliendhe che fritzas de relozu
Si perdet sa libbertade de su zogu
E su piaghere imberriadu ’e sos sensos –
Sinnos e caras si mudan
Che a sas dies e sas istajones.
In su mundhu ’e sos mannos
No s’ischértiat cun cadhos de canna
Ne si chìndhulat moroculas de ardureu
E fintzas sa sabiesa
Est un’istadea pagu impreada
Pro assazare sa felitzidade de s’esisténtzia.
La scrittura autobiografica aiuta ciascuno di noi a ricostruire la propria vicenda umana. Quest’esercizio mentale ma anche pratico, mentre interroga con puntiglio la memoria e ne riaccende i lampi, serve a costituire un percorso di autoanalisi e di autoriflessione che rafforza in ciascun individuo l’autocoscienza dei processi che hanno governato la sua formazione, intesa come crescita fisica e, insieme, come irrobustimento psicologico. Sulla memoria come bene universale e come dote “democratica” ha scritto parole convincenti il poeta scozzese Alexander Smith (1830-1867): «La memoria è l’unico possedimento concreto dell’uomo, perché non fa differenze fra la ricchezza e la povertà» (da On Death and the Fear of Dying, in Dreamthorp).
Un altro poeta, il toscano Mario Luzi (1914-2005), ha voluto darci la sua interpretazione relativamente al significato della scrittura autobiografica: «Scrivere di sé è l’incontro con la dimensione poetica dell’esistenza. E in questa dimensione, dove c’è posto per il simbolico, il metaforico, gli opposti, ognuno di noi può ritrovarsi».
Ognuno di noi possiede la memoria (dote universale, come abbiamo visto) ma perché possa “ritrovarsi” nella “dimensione poetica dell’esistenza” deve varcare la “porta stretta” della scrittura (dal Vangelo di Luca: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno»).
Ognuno di noi può rileggere – a memoria – la propria infanzia ma solo chi si cimenta con la fatica, non solo mentale ma anche fisica, della scrittura può aspirare a godere della “festa” che lo accoglie se è riuscito a superare quella “porta stretta”.
Luigi Ladu incrementa con questo libro, nel segno della continuità narrativa e dopo il felice esordio del 2011 con Pitzinnos Minores (Reminiscenze d’infanzia), la saga autobiografica di Luiseddu, titolata Ammentos Caros.
La memoria aiuta l’autore a “stanare” tanti “cari ricordi”, annidatisi nella sua mente per oltre cinquanta anni: sono soprattutto rammemorazioni di momenti riferiti all’infanzia e all’adolescenza, che il giovanissimo protagonista ha vissuto in un continuo confronto con una tormentata condizione sociale di sopravvivenza.
Animato da una forte volontà maturata nel duro e forgiante apprendistato educativo imposto da una famiglia inserita nella società agropastorale della Sardegna interna degli anni Cinquanta ed inizio anni Sessanta, il giovane protagonista non si perde d’animo ed emigra a Roma, alla ricerca di un lavoro che possa rappresentare una alternativa individuale “moderna” al destino familiare ancestrale de sa vida de su pastore, solu che fera.
Il Luigi adulto, “rileggendo” con la memoria questo suo graduale processo evolutivo e di maturazione, comprende che solo con la scrittura può far diventare comunicazione “esterna”, e quindi condivisa, la sua “esperienza” interna.
Egli “legge” la sua anima – e scrive quello che essa “gli detta dentro” – con toni suggestivi e penetranti; focalizza l’attenzione narrativa su aspetti del proprio vissuto messo in rapporto relazionale con quello collettivo della comunità dei giovani coetanei de bídha; ricostruisce complessi stati d’animo e significati nel recupero della propria infanzia, della propria storia esistenziale.
Le vicende di Luiseddu rappresentano – in questo racconto breve – la grande storia di tanta sconosciuta umanità e di luoghi vissuti, dove la natura incontaminata della Barbagia e i bighinados nuoresi sono fonte di formativi stimoli di crescita; vi si sente pulsare l’esistenza di un’Isola che non c’è più, che coltivava la dignità del vivere semplice in una dimensione segnata da riti e tempi ancora solidali e comunitari.
Nella trasposizione stilistica della narrazione letteraria breve – collage di “quadri” con immagini quasi naif, coltivate negli anni in intensi momenti di riflessione – Luigi coglie le tracce indelebili della memoria e con significativi brani segue il corso dell’età di Luiseddu e offre la meravigliata, graduale scoperta e visione del mondo di un bambino nel contesto della condizione sociale della sua operosa e modesta famiglia, da cui attingerà energia e i valori per la maturità e la futura organizzazione del suo progetto di vita. Questo progetto prevede anche l’esercizio diurno/diuturno della “faticosa” scrittura come coronamento in progress del proprio riscatto individuale e sociale: possedere la capacità di scrittura vuol dire avere tra le mani (in senso materiale e figurato) lo strumento per l’arricchimento continuo della propria autocoscienza.
Ammentos Caros (Ricordi cari) di Luigi Ladu -edizione www.lugiladu.it, 208 pag., euro 21,00- può essere acquistato online al sito ilmiolibro.it del Gruppo Editoriale L’Espresso.