di Paolo Pulina
Chi ha dimestichezza con la sterminata bibliografia dei testi che riportano ricerche, informazioni e testimonianze su Antonio Gramsci, quando è stata recentemente divulgata la notizia sulla presunta conversione in punto di morte del politico e filosofo comunista, non ha potuto non commentare sconsolatamente: "niente è più inedito della carta stampata". Questa notizia venne infatti pubblicata la prima volta nel 1977, quando il gesuita Giuseppe Della Vedova riferì sulla rivista "Studi sociali" (e l’informazione venne ripresa dal "Corriere della Sera") della testimonianza di una suora sarda, suor Pinna, che appunto aveva parlato dell’ avvicinamento alla fede da parte di Gramsci in fin di vita. Il preteso "scoop" venne amplificato dal settimanale "Gente" e in seguito smentito dal quotidiano "Paese Sera". La stessa testimonianza di suor Pinna era stata richiamata il 6 agosto 1998 non in un trafiletto ma in un editoriale di Emilio Cavaterra sul quotidiano "Il Giornale" diretto allora da Mario Cervi; in esso si faceva cenno anche a notizie contenute nel libro dell’insegnante sassarese Luigi Nieddu intitolato "L’altro Gramsci" (1990).Nell’articolo di Cavaterra veniva specificato che la sarda suor Pinna, in occasione della celebrazione di una messa in suffragio per il proprio fratello, monsignor Giovanni Maria Pinna, nella chiesa di San Lorenzo in Damaso, aveva raccontato che "Gramsci volle vedere la statuetta di Gesù Bambino e quando l’ebbe di fronte la baciò con evidenti segni di commozione" a un gruppo di sacerdoti amici che avevano assistito al rito. Tra essi i due più autorevoli erano due sardi: monsignor Luigi De Magistris (di origine cagliaritane, oggi penitenziere emerito della Santa Sede, che nei giorni scorsi è stato autore della "clamorosa" rivelazione) e monsignor Sebastiano Masala, allora giudice della Sacra Rota (da me ben conosciuto in quanto nato, nel 1915, nel mio stesso paese, Ploaghe, in provincia di Sassari), scomparso nel 1994. Come si vede, un gruppo di personaggi sardi è al centro delle rivelazioni sul conforto dei sacramenti che sarebbe stato chiesto dal sardo Gramsci nelle ultime ore di vita presso la clinica Quisisana di Roma. Personalmente condivido l’opinione di Giuseppe Vacca, presidente della Fondazione Istituto Gramsci: "Dalle carte relative agli ultimi istanti di vita di Gramsci non emerge alcuna ipotesi di una sua conversione. Ovviamente non sarebbe uno scandalo, né cambierebbe nulla. Dico solo che si tratta di un fatto che non trova alcun riscontro nei documenti disponibili". E poi sarebbe bene comunque che Gramsci venisse considerato come uno che ha assunto le dimensioni storiche e metastoriche del martire per le proprie idee antifasciste. In un discorso di approfondimento delle figure di due "santi cristiani e cattolici" come i pavesi San Riccardo Pampuri e Teresio Olivelli (quest’ultimo, come si sa, è morto a 29 anni in un campo di concentramento nazista), il prof. Giulio Guderzo, dell’Università di Pavia, qualificò l’ateo Altiero Spinelli, uno dei padri del federalismo europeo, come un "missionario laico" o addirittura "un santo laico". Anche per l’ateo Gramsci (convertitosi o no nelle ultime ore di vita), sia l’una che l’altra definizione, a mio avviso, si attagliano perfettamente.
Gentile signor Perlato, la ringrazio per l’attenzione e lo spazio nel blog.