Metalli pesanti: sostanze base della composizione di molti organismi viventi, compreso quello umano. Presenti in natura, diventano inquinamento quando se ne spezza l’originario equilibrio, aumentandone la concentrazione. E’ da metalli pesanti l’inquinamento del Sulcis, territorio a vocazione mineraria da millenni, il cui apice, con l’avvento della rivoluzione industriale, è anche il periodo di massimo sfruttamento che ha visto comparire migliaia di discariche di fanghi dislocati su tutto il territorio, scarti della lavorazione dei minerali. E’ da metalli pesanti l’inquinamento proveniente dalle industrie dell’alluminio e dalla centrale a carbone di Portovesme, nei milioni di metri cubi di fanghi rossi, dalle cui ciminiere fuoriescono, tra gli altri, arsenico e mercurio, polveri sottili e ultrasottili, anidride solforosa e biossido di azoto. Inquinamenti visibili ed invisibili, che non solo attraverso l’alimentazione, ma anche attraverso la stessa aria che respiriamo, raggiungono il nostro organismo per accumularvisi, lentamente, creando gravi, spesso letali, conseguenze. “Nelle aree industriali i principali aumenti di rischio sono per i tumori della pleura, polmone, fegato, vescica e tessuto linfoematopoietico, per le malattie circolatorie, le malattie dell’apparato respiratorio e, tra queste, la pneumoconiosi. Nelle aree minerarie sono stati rilevati eccessi di mortalità negli uomini per malattie respiratorie (compresi pneumoconiosi e tumore polmonare), nelle donne per malattie cardiocircolatorie.” recita lo studio SENTIERI, promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, riguardo il Sulcis Iglesiente. Oltre la dimostrata insorgenza di tumori dovuta ad una prolungata esposizione a queste sostanze (l’arsenico, ad esempio, può essere causa di cancro linfatico, cancro al fegato, cancro della pelle, così come è stato provato un incremento di mortalità per tumore del pancreas nell’industria dell’alluminio ALCOA), patologie più difficili da conoscere e riconoscere possono insorgere per una presenza di metalli pesanti oltre il limite: danni al sistema nervoso centrale e demenza (alluminio), fratture ossee, danni immunitari, disordini psicologici (cadmio), distruzione del sistema nervoso (piombo), danni al cervello, danni al DNA (mercurio), sono solo alcune delle conseguenze del nostro contatto prolungato con un ambiente gravemente compromesso. Nel 1998, un gruppo di ricercatori decise di intraprendere uno studio, avvenuto in dieci anni, sull’impatto dell’inquinamento da piombo sul quoziente di intelligenza dei bambini di Portoscuso, attraverso l’analisi del capello su 800 bambini sardi provenienti da Portoscuso, Sant’Antioco e Sestu, Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sinnai, Perdasdefogu, Escalaplano e Jerzu. L’analisi dei dati ha evidenziato che i valori di piombo presente nei bambini di Portoscuso sono il doppio di quelli di Sant’Antioco e quattro volte quelli di Sestu. Associando ad essi delle variabili riguardanti lo sviluppo dell’organismo, la ricerca mise in luce che respirare il piombo non fa crescere i bambini. L’esposizione al piombo non solo influenza il livello del quoziente intellettivo, ma può causare encefalopatia, atassia, deficit del linguaggio, convulsioni e coma, deficit dell’apprendimento, dell’integrazione spaziale e problemi di coordinazione motoria, iperattività, carenza d’attenzione ed anche aggressività. I metalli pesanti sarebbero quindi in grado di influenzare le funzioni cerebrali, ed insieme ad essa, anche la sfera comportamentale. Il piombo causa stanchezza ed irritabilità, così come il mercurio, al quale possiamo attribuire anche disfunzioni del discorso; il cadmio anomalie del comportamento, l’alluminio è stato associato alla malattia di Alzheimer e alla demenza da dialisi, perciò difficoltà della memoria e da cambiamenti dell’apprendimento e della personalità. La presenza nell’organismo di metalli pesanti, tra cui il mercurio in primis, ma anche cadmio e piombo, possono condurre a forme depressive anche gravi, così come uno squilibrio del rame, che influisce sull’attività ghiandolare e contribuisce a diminuire il livello di energia, incrementando le paure che possono condurre alla malattia. Possiamo considerare un caso il fatto che il Sulcis, oltre ad essere il territorio più povero ed inquinato d’Italia, sia anche, secondo le statistiche ufficiali risalenti al dicembre 2011, quello con il più alto numero di suicidi (11,5 ogni 100 mila abitanti, più del doppio della percentuale nazionale, uno dei più alti d’Europa)? Secondo queste premesse, l’inquinamento, e quindi l’intossicazione da metalli pesanti, potrebbe verosimilmente essere, insieme alla crisi economica e sociale, causa scatenante di questi disequilibri. Eppure nel Sulcis si continua a prendere ed a perdere tempo, destinando ingenti risorse (leggi Piano Sulcis) al mantenimento in vita delle produzioni che hanno ucciso e che continuano ad uccidere l’uomo, la dignità e l’ambiente, riservando alle bonifiche soluzioni e risorse parziali che non permettono un’adeguata riconversione nei tempi e nei modi necessari per un vero rilancio del territorio: non sarà per caso che questi veleni hanno già intaccato il delicato organismo dei nostri politici?
* cagliari.globalist.it
EVIDENTEMENTE SI, CHE TRISTEZZA!!!!