di Paolo Pulina
Il deputato sardo Giorgio Asproni (Bitti, 1808- Roma, 1876), nella sua lunga permanenza prima nel Parlamento subalpino poi in quello del Regno d’Italia, non si curò solo di prospettare soluzioni per i problemi – storici e contingenti – della Sardegna ma fu anche attivissimo indagatore delle questioni locali e nazionali allo scopo di indicare i modi migliori per correggere storture e deviazioni e suggerire miglioramenti nei vari campi dell’azione politica e amministrativa. Sarebbe interessante oggi leggere il volumetto con le ultime sue corrispondenze per "Il Pungolo" di Napoli, che ebbero per argomento le inondazioni del Tevere (era ancora vivo il ricordo delle devastanti inondazioni del dicembre 1870; nel 1875 lo stesso Giuseppe Garibaldi aveva presentato i suoi grandi progetti per la deviazione del Tevere e per la bonifica dell’Agro Pontino). Le quattordici lettere scritte da Asproni sul fiume romano furono raccolte in volume dopo la sua morte (avvenuta a Roma il 30 aprile 1876) per i tipi della Tipografia A. Trani di Napoli. Questa lettura certo sarebbe interessante ma potrebbe avvenire solo con qualche difficoltà: l’unica copia reperibile dell’opera, secondo quanto risulta nel catalogo on line dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico (ICCU), è presso la Biblioteca provinciale "Scipione e Giulio Capone" di Avellino. Mi auguro che, dopo questa segnalazione, copia di questa pubblicazione possa essere prossimamente consultata anche nelle biblioteche sarde, almeno quelle più importanti. Dopo le inondazioni di fine 1870, nel gennaio 1871, per decreto del ministro dei Lavori Pubblici fu costituita una commissione di ingegneri idraulici incaricata "di esaminare sul luogo le condizioni del fiume Tevere e dei suoi principali confluenti; di studiare quali cause accidentali o permanenti determinino i disalveamenti del fiume in Roma; e finalmente di proporre come si possano rimuovere, indicando i provvedimenti immediati e quelle opere d’arte che valgano a migliorare il sistema del fiume". Nel "Diario politico" (1855-1876) Asproni, stando a Napoli, nel mese di febbraio 1876 fa cenni quotidiani ai suoi scritti sul Tevere. "Ho cominciato il lavoro sulle inondazioni del Tevere e sui rimedi. È lavoro che costa molta fatica" (5 febbraio). "‘Il Pungolo’ di oggi ha pubblicato la mia prima corrispondenza sul Tevere. Continueremo" (12 febbraio). "Ho finito l’ultima corrispondenza sul Tevere, e sono quattordici. Pare che siano lette con piacere e giudicate con favore" (23 febbraio). Una testimonianza autografa di Asproni ci dice del suo rigore metodologico. In una lettera a Giovanni Spano, datata Napoli 31 gennaio 1876 (è pubblicata nel volume, stampato a Pavia e curato da me e da Gesuino Piga, che raccoglie gli atti di un convegno pavese su Asproni del giugno 2008), scrive: "Pubblicherò tra breve una serie di lettere sul Tevere. Su cui fecero tanti progetti di sistemazione senza esaminare prima tutto quello che fu discusso, e operato sotto la Repubblica, sotto l’Impero Romano, e sotto i Papi. Siamo al Regno delle Consorterie, e della corruzione più svergognata". Queste aspre parole asproniane, in questi giorni, sono purtroppo tornate tragicamente di attualità e ci obbligano a commentare amaramente: "Niente di nuovo sotto il sole di Roma. Il Tevere è sempre sulla cresta dell’onda". In negativo, però. P.S. Le considerazioni qui esposte sono parte di una relazione da me svolta nell’ambito di una tavola rotonda su Asproni organizzata dal Circolo "Sarda Tellus" di Genova, presieduto dal cav. Virgilio Mazzei, e tenuta presso la sede del Circolo nel pomeriggio del 13 dicembre. Gli altri interventi sono stati sviluppati da Tito Orrù (dell’Università di Cagliari, presidente del Comitato sardo per il Risorgimento), da Francesca Corte Enna (vicepresidente della Fondazione Biancheri di Ventimiglia) e da Gesuino Piga (presidente del Circolo culturale sardo "Logudoro" di Pavia).