Miniera di Genna Arenas, Buggerru, nel sud ovest della Sardegna. Erano le sette del mattino del 18 marzo 1913, e la nebbia che arrivava dal mare sostava sotto la montagna di calamina del cantiere di Genna Arenas. Mentre il personale addetto alla cernita del minerale era intento al suo lavoro, la tramoggia che conteneva il minerale grezzo nel silos non resse il pesante carico. Una griglia cedette, mentre una ‘squadra’ composta da otto donne, tre ragazzi ed un caporale si avviava alla laveria, uccidendo quattro cernitrici: Maria Saiu, di 36 anni, Anna Pinna, di 24 anni, Laura Lussana, di 20 anni e Anna Rosa Murgia di appena anni 15. I feriti furono tre: Mariangela Zoccheddu, di 33 anni, Assunta Algisi, di 33 anni e Luigi Cadeddu, di appena 14 anni. Il caporale si salvo’.
Quattro vite spezzate: Anna Rosa, che aveva appena abbandonato i suoi giochi da bambina, Maria, giovane sposa in attesa del suo primo figlio, Anna, energica e battagliera attivista nella Lega Minatori, e infine Laura, madre di tre figli. Quattro donne come tante, una vita di lavoro senza speranza di futuro, accomunate da un tragico destino che le consegnerà alla storia unite inesorabilmente.
Donne e bambine, le cernitrici, erano impiegate nelle miniere sarde nella separazione e nella scelta del minerale. Avevano il compito di scegliere quello buono da quello sterile, inutile alla produzione. Lavoravano dieci e anche dodici ore al giorno pestando il minerale e separandolo, all’esterno dei pozzi, in baracche di frasche, con tetti di fortuna, esposte all’acqua, al vento, alla polvere al sole cocente d’estate. E il loro salario era mimino, nettamente inferiore a quello degli uomini, nonostante svolgessero mansioni pesanti e un turno di lavoro identico a quello degli uomini.
Da uno studio della storica Maria Dolores Dessi’ risulta che nell’ultimo decennio dell’800 ‘la remunerazione di una donna adulta era di 1 lira e 55 cent, di 0,81 per le ragazze sotto i 15 anni, variavano invece tra i 0,62 cent e 1,15 lire quello per le ragazze dai 15 ai 21 anni’. Il costo del pane era di 0,35 cent al kg, della farina di 0,35-0,45 a seconda della qualità, il formaggio costava 1,25 lire al kg, mentre l’olio costava 1,60. Utili, umili e silenziose. Difficilmente creavano problemi di ribellione, richieste sindacali, facevano opposizione. Sapevano stare al loro posto, come voleva il violento caporale, che spesso abusava di loro, e se qualcuna sbagliava appena, la strada di casa era aperta.
Il precedente del 1871. Era il pomeriggio del 4 maggio. Si legge nel rapporto del sottoprefetto di Iglesias al Prefetto di Cagliari trovato negli archivi della polizia mineraria dalla scrittrice Iride Peis Concas: ‘Verso le 6,30 della sera del 4 corrente maggio 1871 all’opificio Atzuni, miniera di Montevecchio, Guspini, circa 30 donne e fanciulle lasciato il quotidiano lavoro ritornano al proprio dormitorio. Soprastante a questo – scrive il sottoprefetto Giovanni Rominelli – fu di recente formato un serbatoio di 80 metri cubi d’acqua per la vicina laveria. Non appena entrate le donne il muro laterale del serbatoio fu rotto dalla mole d’acqua e rovescio’ sul prossimo muro del dormitorio, facendolo cadere dalla parte interna, causa pure immediata del precipitar del tetto sulle misere femmine che in numero di undici vi trovarono morte istantanea’.
‘Quattro altre – prosegue nella sua relazione il sotto prefetto Rominelli – furono estratte piu’ o meno ferite, ma non con pericolo di vita. Nove delle vittime appartenevano al limitrofo villaggio di Arbus, le altre due a Guspini. Le ferite appartengono tre a Guspini, un a Gonnosfanadiga, l’altra a Nurri e tutte appresso descritte.
Elenco delle donne morte: Armas Antioca, anni 32, Arbus, Gentila Rosa, anni 15, Guspini, Murtas Luigia, anni 27, Arbus, Vacca Luigia, anni 15, Arbus, Vacca Rosa, anni 50, Guspini, Melis Anna, anni 11, Arbus, Aru Elena, anni 10, Arbus, Atzeni Anna, anni 12 Arbus, Pusceddu Caterina, anni 10 Arbus, Peddis Anna, anni 14, Arbus, Pusceddu Anna, anni 14, Arbus’.
Prosegue il sottoprefetto Rominelli a relazionare dell’incidente il prefetto di Cagliari: ‘Elenco donne ferite: Diana Giuseppa, anni 18, Gonnosfanadiga, Stori Giusta, anni 37, Nurri, Pitzus Luciana, anni 13, Guspini, Montis Maria, anni 12, Guspini. Il maggior danno di tutte l’avrebbe riportato: l’Armas siccome madre di due figli e la Murtas di tre tutti in tenera eta’ a cui la Direzione (della miniera, ndr) si dara’ carico di provvedere la sorte’.
La tragedia fu archiviata, nessuno pago’ per le vite di quelle donne e bambine, nonostante usi il termine ‘catastrofe’ per descrivere l’incidente: ‘Dalla perizia giudiziale eseguita sul posto – scrisse il sottoprefetto – non risulterebbe colpa ne’ imprevidenza in carico di chicchessia, essendo che l’ingegnere stesso al quale sono affidati gli esterni lavori dello stabilimento pochi minuti prima della catastrofe passeggiava fiducioso sull’ergine rovinato del serbatoio. Alle vittime – conclude la relazione di Rominelli – fu data conveniente sepoltura nel villaggio di Arbus e Guspini piu’ vicini’.
A 100 Anni dall’eccidio di Buggerru. Per non dimenticare la nostra storia.
per non dimenticare la nostra storia
Pàgines de la història, que a part de la tragèdia mos recorden quala era la condició de la dona treballadora.