Tutto ha inizio con una lettera, di quelle che si inviano tramite posta, non sto facendo riferimento a quelle dell’alfabeto. Una lettera gode di un destinatario e un mittente. In questo caso il primo porta il nome di Salvatore Bandinu dell’associazione “Il raglio” e il secondo non è un nome, ma una collettività di nomi: gli ex lavoratori dei servizi pubblici per il lavoro CSL e CESIL. Di persone che lottano, per una nobile causa. Le cause dette “nobili” solitamente rispecchiano una piaga della società: così è anche in questo caso. Per concentrare il tema in una sola parola, per far capire di cosa stiamo parlando, scandendo in sillabe il vocabolo, utilizzando un termine che su questo portale, riconduce il lettore ad una nave, ad una partenza, ad un distacco, ad un addio. La-vo-ro. Gli emigrati sardi, nel sentire questa parola, saprebbero intrecciare un’autobiografia immediata della propria vita, perché lavoro sta per emigrare. E la Sardegna ne sa qualcosa. Anche molto di più. Oggi a dar voce alla lotta per il proprio lavoro sono 360 lavoratori e le loro famiglie, distribuite su tutto il territorio sardo. “Dal 2003 nei comuni e dal 2005 nelle province abbiamo garantito consulenza e assistenza a migliaia di utenti disoccupati e in cerca di lavoro lavoratori in mobilità e cassa integrazione, disabili e svantaggiati ed oggi proprio come loro siamo a casa.” Queste sono alcune righe della lettera a cui ho fatto riferimento qui sopra. Parole amare e tristi, quanto questa situazione. Gli operatori del CSL e CESIL sono riuniti in presidio, in viale Trento a Cagliari, da oltre un mese, ma di fatto nulla si è mosso ancora. Sono stati ascoltati da tanti politici: tante promesse e il solito esito. Vogliamo fatti, non parole! E chi con le parole tinge la carta, ha deciso di allearsi col presidio, sabato 9 marzo, durante una serata in segno di solidarietà, che ha visto coinvolti numerosi autori sardi. “Non si vive scrivendo, ma scrivendo si rivive, perché racconto il mio passato, inventando storie”, ha detto Nino Nonnis, uno degli autori partecipanti, durante il suo discorso. E forse proprio perché gli scrittori sono prima di tutto sognatori, questi lavoratori precari hanno deciso di coinvolgerli. Gli artisti presenti hanno preso parte alla serata con propri interventi, in merito al precariato, alla disoccupazione, al lavoro che non può essere pensato sempre e solo al di là della propria terra. Quelli impossibilitati a partecipare di persona, lo ha fatto col cuore, destinando alcune letture delle proprie composizioni letterarie, brillantemente tenute da Davide Grosso.
Salvatore Bandinu, Francesco Abate, Fabio Marcello, Riccardo Mostallino Murgia, Nino Nonnis, Gianni Zanata, Valentina Usala, Michele Pio Ledda, Nicolò Migheli, Fabrizio Fenu, Anthony Muroni, Emanuele Cioglia, Michele Pipia, Paola Alcioni, Giovanni Casula, Tania Murenu, Gabriella Olianas, Claudia Musio, Clara Spada, Alessandro Cocco e Ferdinando Sanna. Questi i nomi degli autori che hanno preso parte al movimento di sensibilizzazione, denominato “Preca-reading”, che alla maniera di chi scrive, hanno dato dimostrazione che lottare insieme si può, basta volerlo. Un momento condiviso insieme, per insegnare che si è cittadini di uno stesso paese e tra esseri umani, la solidarietà è alla base della buona convivenza, o almeno così dovrebbe essere. Se un cittadino che non lavora è considerato un nullafacente, come si dovrebbero chiamare coloro i quali se ne infischiano di garantire uno sguardo avanti a esseri umani, che hanno superato da un pezzo l’era nomade e del baratto? Per chi se lo fosse dimenticato, dalle poltrone del governo, pare che “l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”: è legge non un compromesso.
Anche se il sardo è abituato a questo termine. Siamo un popolo, facciamo finta che il mare non esista. Almeno per una volta tottus unidos, per dir basta. Nessuno di loro, nessuno di noi è schizzinoso. Si sente semplicemente alla gogna. Come tutta Sardegna, come il “Bel Paese” intero. Sognare è lecito, ma gli ex lavoratori del CSL e CESIL hanno bisogno che i sogni diventino realtà, che la realtà ritorni ad essere vita. E cinquecentomila sardi emigrati sparsi nel mondo, non vogliono la loro compagnia.