LORO, LE DONNE DELLA FILANDA, ARRIVANO IN SARDEGNA: LA SCRITTRICE SONDRA COGGIO INCONTRA L'ASSOCIAZIONE "DELEDDA" DI PISA


di Tiziana Etzo

Marzo è il mese delle donne. Il pensiero all’altra metà del cielo, al gentil sesso, alle eroine della doppia presenza tra casa e lavoro, alle vittime delle dimissioni in bianco, si concentra in un unico, giallo mimosa, giorno.

L’associazione Deledda ha pensato di riservare qualche spazio in più alle donne che ieri, come oggi, rappresentano la Storia e la raccontano attraverso le loro storie.

 

Storie che iniziano all’alba del ‘900, nei pressi di La Spezia, che hanno come sfondo un polveroso e malsano jutificio, teatro di dolore e alienazione ma anche, e soprattutto, di emancipazione, di risate, di canti alla vita che, purtroppo, non ci ha poi dato tanto.

 

Sondra Coggio ha la voce ferma, va dritta al punto, guida i suoi lettori e spettatori lungo un percorso che traccia con la lucidità e la precisione della storia nascita, vita e morte dello Jutificio di Fossamastra. Parla di tutte quelle donne che nel corso del ventesimo secolo sono entrate dalla porta della fabbrica, alcune per uscirne consapevoli dei propri diritti e del proprio valore di lavoratrici, altre, proprio per questa consapevolezza, per non uscirne mai più.

Le chiamiamo donne ma in realtà molte erano sole delle bambine. E’ una bambina la protagonista del libro o, meglio, la voce che racchiude in sé tutte le bambine e tutte le donne che sono vissute e morte nello stabilimento, che hanno percorso chilometri tutti i giorni tra ghiaccio e fango per arrivare sul posto di lavoro, che erano costrette a nascondere i loro neonati sotto le macchine pur di allattarli, che avevano pochi secondi di riposo al giorno, donne e bambine che tolti gli abiti polverosi della filanda dovevano indossare quelli angusti dei lavori domestici.

 

La sofferenza, gli stenti, l’oggettività di una vita dura vissuta a cavallo fra due guerre mondiali non è, però, il colore predominante di quest’opera. Più forte dell’amarezza c’è il sorriso, la freschezza dei desideri semplici, la solidarietà fra donne forti e pronte a sacrificare la propria vita per un ideale.

 

Ripercorrendo le vicende italiane a ritroso pare proprio che lo scenario non sia cambiato: il progresso tecnico scientifico non procede con quello civile e sociale, le fabbriche chiudono, i proprietari promettono e non mantengono, gli operai perdono il lavoro e le vere vittime del precariato sono le donne. C’è una sostanziale differenza però: le donne di oggi sono descritte e possedute come oggetti, reificate in un fondoschiena, uccise, vessate da una società maschilista e violenta che però viene accettata e assecondata. Nulla o poco è rimasto delle gonne candide e pesanti, dell’odore di lavanda, della forza nel conquistare i diritti negati, nella determinazione posta nel voler essere e non nell’apparire per scomparire.

 

Nella casa di Grazia Deledda le donne della filanda trovano pieno accoglimento, le giovani le guardano con ammirazione e nostalgia. Nostalgia per qualcosa che è stato e che deve essere raccontato per non restare soffocato nella polvere di uno jutificio.

 

Noi, le donne della filanda. Storie dello Jutificio di Fossamastra” ( Edizioni Irene Giacchè) della giornalista Sondra Coggio.

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