di Marina Spinetti*
Le ha vinte lui le primarie: Salvatore Usala. Le ha vinte semplicemente facendo Politica, quella con la maiuscola e non per vezzo, quella che è solo risoluzione dei problemi della gente. Le ha vinte facendo una battaglia per i diritti e dando nel contempo una picconata all’Italia peggiore. Come non ricordare ora quel “io la capisco” pronunciato in risposta alla Fornero, che a Monserrato ribadiva come anche la vita da ministro fosse difficile? C’era tutto in quel “io la capisco”. Grande dignità, tagliente ironia e profonda umanità. Spero che in un rigurgito di dignità la Fornero si sia sentita una nullità di fronte a quella risposta. Così come spero che in questa società, in cui troppe persone non hanno neanche abbastanza dignità per sentirsi una nullità, grazie a Salvatore lo abbiano finalmente provato il privilegio catartico di sentirsi tali. Che tali si siano sentiti quei sindacalisti che usano le vertenze per agevolare le proprie carriere personali, quegli imprenditori che pensano di poter comprare tutti e quei politici che hanno pensato di svuotare le casse della solidarietà umana e sociale. Perché anche questo dobbiamo a Salvatore Usala: aver smascherato l’ossimoro di diritti negati a fronte di privilegi tutelati. Aver smascherato i proclami dei paladini dell’embrione, i padri salvatori dello spermatozoo scappato dal mucchio, tutta gente che poi non era con lui e i malati di SLA per salvare la vita. La sua, d’altro canto, non è mai stata una battaglia per sè, per quanto lui si, più di molti politici, avesse ottime ragioni per chiudersi nell’egoistica salvaguardia dei suoi diritti. Grazie alle passate battaglie sua e dei malati sardi, oggi non gli mancherebbe niente: ha tre assistenti pagati dalla Regione Sardegna: se ne sarebbe potuto tranquillo nella sua bella casetta di Monserrato, a giocare a sudoku. Invece si è sottoposto a un lungo e faticosissimo viaggio in traghetto per andare a rischiare la vita davanti al ministero. Per i diritti di tutti. Perchè il suo sogno, lo scrive, è che il modello sardo venga esportato nel resto d’Italia. Si badi bene, è un modello di risparmio perché favorisce il ritorno a casa, diminuendo i ricoveri in strutture assistite, costose e poco attrezzate alla gestione di pazienti complessi. Dietro le Rsa si muovono interessi enormi, una delle tante facce dell’Italia speculativa e corrotta che non vorremmo più vedere. Una battaglia per i diritti, che significa anche una picconata all’Italia peggiore. Perché, al netto dei proclami da campagna elettorale, cos’altro è la Politica se non questo capacità di ritagliare, pur nella sofferenza, un difficile spazio di generosità verso gli altri? E riuscire a pensare un’Italia migliore, un futuro migliore, per tutti? Plutarco l’avrebbe definita filantropia, Cicerone humanitas, Pasolini negli anni ’70 ne denunciò con apprensione l’assenza, responsabile della mutazione antropologica degli italiani, che iniziavano a considerare il successo personale disgiunto dal bene comune. Che ne sarebbe stato della nostra humanitas se non avesse condotto questa lotta vittoriosa per la vita con l’arma della morte? Che ne sarebbe della nostra humanitas, se Salvatore non avesse lottato contro l’enunciazione di tutti i diritti negati, a fronte dei vergognosi privilegi tutelati? Siamo tutti un po’ più umani, grazie a Salvatore, e abbiamo forse qualche anticorpo in più contro quella mutazione antropologica paventata da Pasolini. Ecco, anche questo gli dobbiamo, averci ricordato quale enorme forza ci sia nell’uomo, ma solo se è tale, forza che non è retorica evocare ed imitare perché è quella che tiene ancora unito il mondo. E di averci ricordato che la Politica non consiste nell’inseguire la maggioranza o il pareggio di bilancio, ma nella capacità di una minoranza civilmente robusta, come il comitato 16 novembre, di mettere nell’agenda politica grandi temi, affinché lo diventino patrimonio della maggioranza. E se pur ha ragione Brecht quando dice che è beato il paese che non ha bisogno di eroi, poiché noi non siamo quel paese, non ancora, abbiamo bisogno, eccome, di eroi come Salvatore; miti fertili, non da magliette o poster, ma che ci spingono ad inseguire la nostra rabbia, e a tenercela stretta insieme alla speranza. Eroi che lottano perché si sentono parte di un qualcosa di piú grande di un partito, una loggia o un’azienda. E allora sì, più umani, potremo sperare in un futuro migliore a cominciare da un anno migliore. Grazie Salvatore.
* Sardinia Post
Grazie! È un onore. A presto