I “Figli della crisi” a Capodanno non andranno in discoteca o in ristorante. Loro, i ragazzi del Sulcis che da alcuni giorni hanno piantato le tende sotto i portici del Palazzo della Regione resteranno in via Roma. Per ribadire che dalla loro terra, ora che stanno per finire gli studi, non vogliono andare via. E che per la loro provincia è importante mantenere aperte le industrie. Ma anche per pensare a come valorizzare una volta per tutte tesori ambientali e turistici che per il momento conoscono soltanto in pochi. Intanto protestano. Anche perchè il futuro è già il presente. Chiara Froldi, 18 anni, tra cinque-sei mesi sosterrà l’esame di maturità in Ragioneria, a Iglesias e sa già bene che cosa c’è dietro l’angolo per quelli della sua generazione che vivono nel Sulcis: «L’Università? – si chiede e spiega – ci vogliono i soldi per le tasse e per spostarsi. Il lavoro? Se si trova qualcosa è roba da molte ore e pochissimo compenso». E allora: Londra, Milano? «No, Sulcis – dice sicura –. Stiamo combattendo e combatteremo per non andare via dalla Sardegna». Non sono mai rimasti soli i ragazzi che arrivano dal cinquantesimo chilometro della Statale 130: a loro si sono uniti anche dei ragazzi di Cagliari del liceo “Euclide”. E poi tante persone si avvicinano e offrono benzina (venti litri) per i generatori, panettoni e anche pranzi e cene. È arrivato anche un agnello cucinato da un pastore. E pasti caldi. L’ultimo, quello di ieri, l’ha offerto “zia Maria” di Uta. Una donna che ha ricevuto solidarietà quando le volevano portare via la casa dopo lo sfratto. E che ora restituisce la generosità ricevuta, anche ai giornalisti che si avvicinano a trovare i ragazzi: versa bicchierini di mirto, fatto da lei. Un’azione eroica, questa dei “Figli della crisi”. Che costa anche lacrime. Come quelle versate la notte di Natale: «È stato il momento più difficile – raccontano Federico Orrù e Chiara, le “guide” del campeggio anti-crisi -. Ci teniamo sempre in contatto con i nostri familiari. Ma in quei momenti, soprattutto allo scoccare della mezzanotte, molti sono crollati. E hanno pianto». Poi la notte. Anzi le notti: freddo, terreno duro e auto che corrono sulla strada a pochi metri. Dormire non è facile. La sicurezza? Non è il posto migliore del mondo. «Ma ci danno un’occhiata – scherzano i ragazzi – le guardie giurate del Consiglio regionale». Si sono organizzati bene i ragazzi del Sulcis : fanno pure la raccolta differenziata dei rifiuti. Il punto di ritrovo è un gazebo nel quale sono accatastati i “regali” di Natale offerti in questi giorni: panettoni e cestini natalizi su tutti. Lì c’è anche la cucina (bombola e fornello per le spaghettate e i caffè) e accanto all’ingresso è sistemato il generatore per la corrente. Ci sono anche delle casse acustiche. «Ci sono momenti – raccontano un po’ tutti – in cui, in queste lunghe ore da trascorrere lontano da casa, c’è davvero poco da dire e tra noi magari cala un velo di tristezza: così un po’ di musica serve per tirarci su». Intorno al gazebo ci sono le tende canadesi. Di tutte le forme e di tutte le dimensioni. Per ora sono cinque, ma starebbero arrivando altri “campeggiatori-manifestanti”. Più in fondo c’è un tavolone in plastica. Mentre sulle panchine in marmo è sistemato un maxi-bidone bianco con il rubinetto. C’è sempre da fare: «Non siamo mai soli – spiegano Federico e Chiara – parliamo con giornalisti, con amici, con persone che non conoscevamo e che vengono qui ad ascoltare le nostre storie e a raccontare le loro. Poi le grandi pulizie: c’è sempre qualcosa da mettere in ordine». E si va avanti. Tra sogni e speranze. E poca voglia di scendere a patti con una parola che nessuno vuole sentire: rassegnazione. «Vogliamo costruire il nostro futuro – spiega Elisa Serra, studentessa di 18 anni dell’Euclide – qui in Sardegna». Nel presidio ci sono una ventina di ragazzi: alcuni hanno 16 anni, ma c’è anche un “giovane un po’ più vecchio” che di anni ne ha 37. Andranno via dal Palazzo il 2 gennaio. «Giusto il tempo – spiegano – di riposarci prima di tornare a scuola». Ma non si fermeranno: «Abbiamo dei progetti che si possono realizzare: corsi di formazione per creare le professionalità che occorrono per valorizzare al meglio le risorse della nostra terra». Ed entusiasmo da vendere. Il 28 ci sarà una grande cena con gli universitari. Per far crescere l’esercito che combatte contro la crisi e la disoccupazione, i nemici che hanno attaccato i loro genitori. «Abbiamo unito – concludono Federico e Chiara – tutti i ragazzi del Sulcis». E sono pronti a indossare gli elmetti da minatori e da operai dei loro padri e dei loro nonni con scritto bene in grande: “Figli della crisi”.