di Ignazio Basile
E’ da tanto che volevo scrivere sulla scuola. Insegno da un quarto di secolo in una scuola pubblica della provincia cagliaritana. Si tratta di un Istituto di scuola superiore per ragionieri e geometri (lasciamo stare gli acronimi e le dizioni burocratiche, almeno qui!). Non è una scuola di frontiera, anche se le prime classi diventano sempre più difficili da governare (da scolarizzare, si dice in gergo, anche se gli studenti dovrebbero arrivare da noi già scolarizzati). La dispersione scolastica nelle prime, in certe prime, sfiora il 50%, tra abbandoni, ritiri e bocciature (pardon: insuccessi scolastici). Non voglio però parlare di soldi: se ne parla già tanto; io quando ho accettato di fare l’insegnante, dopo la laurea e il concorso, sapevo che lo stipendio non sarebbe stato alto; vorrei che si salvaguardasse almeno il suo potere di acquisto, che l’inflazione sta erodendo piano, piano. Magari, se non facessi la professione di avvocato, vorrei avere più soldi per l’aggiornamento: libri, codici, convegni, seminari, banche dati e quant’altro. Pago tutto io, con il mio studio legale: sarei un insegnante assai più povero (e non parlo di soldi) se non facessi la professione: dovrei entrare in classe con il solo bagaglio universitario di nozioni e conoscenze, anacronistico e ormai superato dal tempo (obsoleto, si potrebbe dire, se si trattasse di un apparato tecnologico). Ma ho detto che non voglio parlare di soldi. Vorrei invece parlare di scuola. Ma ci siamo mai chiesti che cosa sia la Scuola? Quale sia la sua funzione civica e sociale? Che cosa ci aspettiamo come cittadini che ne sostengono i costi con i loro tributi??? Io come cittadino che paga i tributi vorrei che a scuola mio figlio imparasse a essere onesto, a vivere con gli altri, tollerando le diversità; a capire che vivere in una società organizzata significa dare il proprio contributo (non solo in danaro, pagando le giuste tasse, le imposte e i contributi dovuti), ma soprattutto partecipando alla vita sociale e politica del Paese (facendo volontariato, andando a votare, candidandosi per essere votato). E qui veniamo al punto: ma perchè in Italia, noi cittadini, siamo così distanti e distaccati dalla gestione della cosa pubblica? Perchè deleghiamo tutto ai nostri politici? (salvo poi pentircene amaramente e sistematicamente cinque anni dopo?) Rispondere dicendo che la colpa è dei politici lestofanti e ladroni è da qualunquisti; e comunque non centra il problema, ma lo elude; anche rispondere che in fondo a noi cittadini ci fa comodo, ce ne laviamo le mani, loro rubano ma noi restiamo onesti, è assai semplicistico; eppoi non risponde al vero (oggi si scopre che in Sicilia il 52% dei cittadini aventi diritto non è andato a votare; quindi la gente non è complice dei politici ladroni; anzi se ne allontana disgustata). Ma in questo, però, la distanza tra le istituzioni e i cittadini, aumenterà ancora, sino a segnare un divario incolmabile! Forse dovremmo trovare il coraggio per riprendere il bandolo della nostra vita civica in mano… Chiederci perchè ce ne siamo allontanati: si è trattato di puro menefreghismo, di latitanza opportunistica o di delega fatta in buona fede??? Una scusante, almeno al sud, ce l’abbiamo: l’atavica rassegnazione ad un destino di sfruttamento e malversazione, con il contraltare di una perenne minaccia da parte di di poteri (e contropoteri) in caso di ribellioni. Ecco che il mio discorso si ricollega al tema iniziale: il riscatto, secondo me, può e deve ripartire da una scuola diversa. La scuola deve diventare avamposto di legalità, di educazione civica, di impegno sociale!!! Ma possiamo davvero chiedere anche questo ai nostri insegnanti??? C’è qualcuno, là in alto, a Roma, intendo dire, che sia capace di dare il buon esempio??? E c’è qualcuno che abbia voglia di scommettere su una nuova generazione di docenti che intraprendano la lunga marcia del riscatto civico delle genti del sud? Io ci scommetterei, se fossi lo Stato: contro la malavita organizzata, contro le bande armate, contro il menefreghismo, contro la rassegnazione! C’è un problema, lo so: ma lo Stato vuole davvero combattere seriamente la malavita organizzata??? Vuole davvero che la gente, dal basso, si riprenda le istituzioni di base e le rilanci in maniera onesta? E soprattutto lo Stato è abbastanza pulito ed onesto per intraprendere una simile battaglia??? A giudicare da ciò che sentiamo quotidianamente sui nostri politici, direi di no! Non di meno io resto convinto che la strada giusta del rinnovamento sociale debba passare per la scuola. Ci vuole una Scuola nuova, per rigenerare uno Stato nuovo!