Domenico Scala vive a Zurigo in Svizzera. Da tempo ha lasciato la sua Alghero. E da quando è in terra elvetica, l’impegno per le virtù dell’emigrazione sarda, è stato il suo "credo". Sessantaduenne, carismatico e caparbio, se nell’ambito professionale ha fatto strada in qualità di tecnico industriale specializzato, è altresì vero che il suo cammino nell’emigrazione organizzata è di primissimo piano. Dal 1992 ricopre l’incarico di vice Presidente della Consulta Regionale per l’Emigrazione. Per trent’anni, prima di lasciare il testimone alla giovane Francesca Fais, è stato Presidente della Federazione dei Circoli Sardi in Svizzera. Ciliegina sulla torta, a 39 anni è stato insignito dal Presidente Sandro Pertini, dell’Onorificenza di Cavaliere della Repubblica Italiana. Quindi l’intervista in cui non potevamo esimerci di parlare di Sardegna.
All’indomani delle elezioni per la Presidenza alla Regione Sardegna si può tranquillamente affermare che per Cappellacci e la destra sarda si è trattata di una vittoria abbastanza netta. Che Sardegna erediterà dalla Giunta passata? Cosa i sardi non hanno compreso della gestione Soru tanto da negargli la fiducia per i prossimi cinque anni? È indubbio che Ugo Cappellacci erediterà una situazione al quanto difficile sia dal profilo economico e per l’elevato tasso di disoccupazione che va a incidere pesantemente in una larga fascia della popolazione e direttamente sul reddito di molte famiglie. In quanto a cosa non abbiano compreso i sardi della gestione, direi piuttosto che alla luce dei risultati del voto andrebbe analizzato ciò che i sardi hanno compreso della politica di Renato Soru. Soru ha dato un’impostazione autoritaria e dirigistica alla sua gestione, spesso mancando di modestia, rompendo equilibri di collegialità e di rispetto in seno alla maggioranza che lo ha sostenuto. Ciò lo ha portato a fare grossolani errori tanto sul piano progettuale quanto sull’impostazione della politica regionale. Questo è stato capito e non accettato dalla maggioranza dei sardi.
Alla luce degli eventi elettorali, nel dialogo con il popolo sardo, sarebbe più giusto affermare che "Soru ha tradito la Sardegna" oppure che "la Sardegna ha tradito Soru"? Quì non si tratta di affermare se Soru ha tradito la Sardegna o se i sardi hanno tradito Soru: a mio parere Soru ha semplicemente sbagliato l’impostazione politica creando forti dissensi anche all’interno della sua stessa maggioranza.
Dal punto di vista politico, quali sono i punti nevralgici su cui lavorare con più parsimonia per il futuro della Sardegna? Sul piano di un progetto politico teso a snellire le procedure burocratiche ed amministrative che bloccano ogni forma di sviluppo. Susseguentemente attivare politiche di rilancio dell’economia anche attraverso investimenti anti cilici regionali e nazionali, sulle grandi opere di cui necessita la Sardegna (energia, trasporti terrestri e ferroviari), in particolare per dare nuovi imput all’industria, al settore primario, dell’agricoltura, del turismo e dell’artigianato.
Pensare alla Sardegna, per molti significa anche pensare all’ambiente. Servitù militari, cementificazione, spauracchio nucleare: facciamo prima a preoccuparci oggi o a pentirci fra qualche lustro? Occorre essere realisti, i mali del mondo non si guariscono in Sardegna. La Sardegna è una delle regioni d’Italia più conservate dal profilo paesaggistico e ambientalistico. Ciò è dovuto all’attenzione che la classe politica sarda ha saputo dedicare, almeno in tale ambito, da decenni. Protezione dell’ambiente si, dunque, ma con criteri politici che siano basati sullo sviluppo compatibile e non con forme di integralismo ecologista che finirebbero per mortificare l’uomo e lo stesso ambiente in cui vive.
Anche in riferimento a quanto affermato da Cappellacci in campagna elettorale, come evolverà il rapporto Emigrati-Regione Sardegna? Auspico che Ugo Cappellacci tenga fede all’impegno assunto con gli emigrati e dia avvio a una nuova era nei rapporti Regione ed emigrati. Al momento un Ufficio per l’emigrazione che risponda direttamente al Presidente della Regione, così come da lui promesso, sarebbe un ottimo segnale di cambiamento nell’ottica di collegare all’Isola una sua grande risorsa.
Il cammino intrapreso con la Conferenza Internazionale di Cagliari dell’aprile 2008, come potrà essere approfondito? O verrà azzerato tutto? Alla conferenza di Cagliari sono state portate importanti proposte dal mondo dell’emigrazione. Si tratta solo di riprenderle ed è ciò che io auspico.
Mi viene da pensare all’ottimo dialogo instaurato con Romina Congera, l’assessore al lavoro della Giunta Soru. Ora per il mondo dell’emigrazione sarda si dovrà ricominciare tutto da capo. Lo ritengo frustrante far comprendere ogni volta al politico di turno delle potenzialità del mondo migratorio organizzato. Avremo delle penalizzazioni a riguardo? Si potrebbero fare diverse considerazioni, ma se effettivamente dovesse cambiare il modo di fare politica cambierebbero, in positivo, anche i rapporti con gli emigrati e non si porrebbero problemi di sorta.
In riferimento alla domanda sopra.. non pensa che forse tutto il mondo dell’emigrazione sarda debba acquisire più visibilità potenziando il settore dell’informazione? Il mondo dell’emigrazione deve senz’altro acquisire una maggior
e visibilità nel settore dell’informazione, direi anche a livello politico, ma ancor prima necessita di una maggiore coesione nella forza che rappresenta. Quando ci sarà questa tutto il resto verrà di conseguenza.
Massimiliano Perlato
NEL 2009, LA CONSACRAZIONE DEFINITIVA DEL CIRCOLO "MARIA CARTA" DI BERGAMO
UN CIRCOLO APERTO AL MONDO… CON "SARDIGNITA’"
Il 2009 si apre lasciandosi alle spalle un anno che possiamo definire in un certo senso di transizione per la vita sociale del circolo "Maria Carta" di Bergamo. Era quasi inevitabile, dopo gli sforzi, anche economici, che nel 2007 hanno permesso al circolo di raggiungere i livelli tra i più alti della sua storia. Anche il 2008 ha avuto momenti di intensità e di presenza, dalla partecipazione alla Conferenza Mondiale sull’Emigrazione a Cagliari, dove è stato dato un contributo non soltanto di testimonianza, al Premio "Maria Carta" di Siligo, con l’importante riconoscimento al nostro Enea Cabra, di cui i mezzi di comunicazione hanno dato ampio risalto riconoscendo così l’impegno di tutto il circolo. Dalle numerose conferenze di alto livello culturale, alla manifestazione con i circoli della Lombardia per "Sa die de sa Sardigna" a Cremona. E come dimenticare la partecipazione alle manifestazioni organizzate dai circoli di Charleroi e Mons in Belgio, fino agli importanti e concreti segnali di solidarietà per aiutare le popolazioni di Capoterra colpite dall’alluvione e per permettere alla piccola Veronica cure adeguare in un centro specializzato negli USA. Tutte queste iniziative tracciano la linea di quella che sarà l’attività del nuovo anno. Un’attività che dovrà portare il circolo "Maria Carta" ad aprirsi non solo ancora di più alla città di Bergamo e alla sua provincia, ma anche al di fuori di essa e al di fuori dei confini nazionali. La prossima conferenza sulla lingua sarda che si terrà il 13 marzo al Teatro Donizetti su invito della società "Dante Alighieri" di Bergamo, è il segnale della grande attenzione che Bergamo ha verso la nostra terra e verso la nostra cultura, e nasce dalla considerazione che il circolo "Maria Carta" ha saputo conquistare presso gli ambienti culturali ed economici bergamaschi. L’incontro sulla lingua di Sardegna si preannuncia come il primo di numerosi appuntamenti da realizzare con associazioni importanti della città, in un confronto continuo tra culture che si stimano e si rispettano. Rientra in questo intento l’idea di una rassegna cinematografica nella quale le comunità sarda e bergamasca possano ri-trovarsi e ri-conoscersi, attraverso due capolavori del cinema come "Padre Padrone", dei fratelli Taviani, e "L’albero degli zoccoli", di Ermanno Olmi. Altre importanti conferenze in programma per il mese di marzo: un incontro con "Medici senza frontiere", l’associazione umanitaria attiva nelle zone più sacrificate della terra, e una conferenza sulla Terra Santa. Ma ciò che caratterizzerà il prossimo futuro sarà una "internazionalizzazione" del nostro impegno. Sono in fase avanzata i contatti per rinforzare i legami di amicizia e fratellanza con i circoli di Charleroi in Belgio, di Francoforte in Germania, di Ginevra in Svizzera, secondo un progetto che permetta uno scambio di conoscenze e di esperienze, seguendo i percorsi, disuguali ma non meno duri, dei sardi che hanno trovato il loro futuro in realtà distanti e diverse. E’ su questa linea che la Festa della Donna di quest’anno aprirà a donne di altri Paesi, nella manifestazione "Donne insieme: la Sardegna incontra il mondo", alla quale interverranno donne di diverse nazionalità. Un incontro in preparazione di un importante convegno aperto alla città nel quale donne di tutta la terra racconteranno le loro storie e le loro esperienze, in uno scambio che mai come ora è opportuno e necessario per capire, e far capire, che i popoli devono incontrarsi, al di là di ogni barriera, per costruire insieme un modo migliore. E la Sardegna, attraverso anche l’attività di un’associazione come la nostra, può e deve fare la sua parte. Con dignità. O, meglio: con "sardignità"
Gavino Maieli
CONVEGNO SULL’EUTANASIA SARDA AL "NAZZARI" DI BAREGGIO
IL LIBRO DI DOLORES TURCHI
Interessante dibattito sul tema dell’eutanasia sarda e un confronto tra la Sardegna di ieri e quella attuale, si è svolto al circolo "Nazzari" di Bareggio. Eutanasia, un termine che incute tristezza e rispetto, su cui si sente spesso discutere, che in qualche parte del mondo è permessa, in molte altre decisamente proibita e rifiutata. In Italia, per esempio, non è consentito, per nessun motivo "staccare la spina" e anticipare la morte, neanche quando l’eutanasia è invocata e chiesta dal malato perchè solo questa porrebbe fine a sofferenze atroci ed inumane.. Dopo l’introduzione del presidente dell’associazione, Franco Saddi, c’è stato il saluto delle autorità locali: il sindaco di Bareggio, Monica Gibillini e il sindaco di Cornaredo Pompilio Crivellone. A seguire, la presentazione del libro "Ho visto agire s’Accabadora", sulla prima testimonianza oculare di una persona vivente sull’operato de s’accabadora. cioè di colei che, chiamata dai familiari del malato terminale, dava la buona morte. Una figura, a quanto sembra, realmente esistita in Sardegna che ha esercitato sino alla prima metà del ‘900 nella parte centro-settentrionale dell’isola. Presente al dibattito l’autrice del libro Dolores Turchi di Oliena, studiosa di tradizioni popolari. Ha fondato e dirige il semestrale di cultura "Sardegna Mediterranea" L’opera è stata presentata dalla scrittrice con la partecipazione e il commento del Dottor Gavino Maieli, Psichiatra dell’Azienda Ospedaliera "Bolognini" di Seriate (BG), Direttore Responsabile della rivista "NUR" Cultura d’Identità della Sardegna e Presidente dell’Associazione Culturale Sarda "Maria Carta" di Bergamo.
Ignazio Modica
RICORDATO AL "LOGUDORO" DI PAVIA A 170 ANNI DALLA SUA MORTE
FRANCESCO IGNAZIO MANNU, L’AUTORE DELLA "MARSIGLIESE SARDA"
Nel pomeriggio del 21 febbraio 2009, il Circolo culturale sardo "Logudoro" di Pavia, presieduto da Gesuino Piga, in collaborazione con la Federazione delle Associazioni Sarde in Italia (FASI) e la Regione Autonoma della Sardegna-Assessorato del Lavoro, ha organizzato, presso la sede sociale, una iniziativa culturale in ricordo di Francesco Ignazio Mannu, nato a Ozieri nel 1758 e morto a Cagliari nel 1839, quindi esattamente 170 anni fa. Anche i sardi che non conoscono questo personaggio si orientano sicuramente se gli si dice che Mannu è l’autore dei versi dell’inno intitolato "Su patriota sardu a sos feudatarios" (definito canonicamente come "la Marsigliese sarda") e se gli si cantano i primi versi: "Procurare moderare / Barones sa tirania / Chi si no pro vida mia / Torrades a pè in terra". Lo studioso sardo che più di tutti si è cimentato con le 47 ottave in limba di questo canto patriottico è lo storico Luciano Carta, curatore di un volume (edito qualche anno fa dal Centro Studi Filologici /Cuec di Cagliari) in cui viene proposta l’edizione critica del testo attraverso una certosina verifica filologica e una accurata analisi linguistica di tutte le diverse trascrizioni a stampa che di esso sono state realizzate, a partire dalla prima, collocabile tra la fine del 1795 e gli inizi del 1796, nel quadro del "triennio rivoluzionario sardo" (1793-1796). Nel libro le 47 ottave, l’apparato critico e il commento linguistico (Carta ha fruito della collaborazione di Paolo Maninchedda) e il glossario, quest’ultimo predisposto da Eleonora Frongia, occupano 120 pagine. Le quali però sono precedute da uno studio di Carta che si sviluppa per oltre 250 pagine, a presentare: il profilo dell’autore del canto della "Sarda Rivoluzione"; le caratteristiche formali e la parafrasi dell’inno antifeudale; le "cinque domande", rivolte ai Savoja e rivendicanti l’identità nazionale della Sardegna, dopo che il popolo sardo in armi aveva respinto l’invasione francese; l’insurrezione cagliaritana del 28 aprile 1794 con conseguente cacciata dei piemontesi (in ricordo della quale il popolo sardo celebra ogni anno "Sa Die de sa Sardigna"); il partito patriottico fra riformismo e reazione. In una ora e mezza di accalorata lezione Carta ha consentito agli uditori (che avevano in mano una copia dell’edizione critica dell’inno da lui stabilita e corredata da una sua esplicativa traduzione di ciascuno dei 376 versi, alcuni non immediatamente comprensibili) di entrare nelle pieghe delle raffinate e incisive argomentazioni, di derivazione illuministica, messe in rima dal magistrato ozierese F. I. Mannu, che non visse per niente in ombra (come sostiene qualcuno) ma che fu protagonista delle vicende dello Stamento militare, nell’ambito del "triennio rivoluzionario sardo". E’ giusto ricordare in questa occasione che Luciano Carta non solo ha ricostruito il testo dell’inno "Su patriota sardu a sos feudatarios" ma ha anche curato, tra l’altro, la pubblicazione integrale dei documenti relativi alla "Attività degli Stamenti nella ‘Sarda Rivoluzione’" nel volume n. 24 della collana "Acta Curiarum Regni Sardiniae" edita nel 2000 dal Consiglio regionale della Sardegna. Ospite d’onore della manifestazione pavese è stato il sindaco di Ozieri. Leonardo Ladu ha sottolineato come la città natale ha dedicato a F. I. Mannu una piazza e un monumento. Anche lui si è augurato che la ricorrenza del 170° anniversario della morte offra il destro per una giusta valorizzazione di questo grande interprete, alla fine del Settecento, delle aspirazioni antifeudali e autonomistiche del popolo sardo.
Paolo Pulina
DIVERSE MANIFESTAZIONI AL CIRCOLO "DELEDDA" DI PISA
OMAGGIO ALLA FIGURA FEMMINILE
Tante iniziative in questo mese di marzo per il circolo "Grazia Deledda" guidato da Gianni Deias. Ecco il dettaglio delle più significative:
•- 15 marzo, alle ore 14 a San Rossore: giornata dedicata alla Sardegna con l’esibizione delle Pariglias di Sant’Andrea Frius e il gruppo Mamutzones di Samugheo.
•- 21 marzo, a San Zeno: pomeriggio per Eleonora d’Arborea. Alle ore 16, ci sarà una ricostruzione storica della figura della Giudicessa Eleonora. Interverranno: Annamaria Pulina, coordinatrice; Titina Maccioni, presidente del Consiglio Comunale; Marilù Chiofalo, assessore Pari Opportunità di Pisa; Angela Nonnis, sindaco di Oristano; Pupa Tarantini, storica e assessore Pari Opportunità di Oristano; Piera Angela Deriu, vice Presidente circolo Deledda. Alle ore 18.30, conclusione con la rappresentazione teatrale con gli attori del "Laboratorio Nues". La regia sarà di Patrizia Falcone.
•- 27 marzo, alle ore 21 a San Zeno: concerto "Acquamare" con la cantante Franca Masu. "Acquamare" è il canto della solitudine, è il canto di una donna che tiene stretto il laccio con le sue radici. Un canto d’amore dedicato prima di tutto alle donne.
(ci riferisce Gianni Deias)
APPUNTAMENTO CINEMATOGRAFICO AL "SU NURAGHE" DI BIELLA
LA BRIGATA SASSARI DAI CAMPI DI BATTAGLIA ALLE MISSIONI DI PACE
"La Brigata Sassari, dai campi di battaglia alle missioni di pace" è un film di Davide Mocci, giovane regista cagliaritano, apprezzato documentarista di "Geo & Geo", la trasmissione televisiva pomeridiana di Raitre. Mocci potrebbe essere definito un esploratore etico, che documenta i particolari per mezzo della macchina da presa, con il gusto dell’originalità e l’appassionata curiosità del ricercatore. Il film "La Brigata "Sassari" dai campi di battaglia alle missioni di pace" è una pellicola particolarissima in cui sono inseriti ampi spezzoni e immagini della Grande Guerra. A presentarlo nelle sale di Su Nuraghe sarà il sociologo dott. Emilio Sulis. La pellicola è stata messa in cartellone con lo scopo di diffondere la conoscenza del contributo di uomini e di sangue dei Sardi per la costruzione dell’italia moderna attraverso le gesta eroiche dei "Sassarini" durante il Primo Conflitto Mondiale. In questa prospettiva rientra l’alzabandiera mensilmente effettuato nell’area monumentale di Nurahe Chervu, dedicata ai Caduti sardi e ai Caduti biellesi.
Sintesi film (di Emilio Sulis): Il documentario descrive com’è nata e cos’è oggi la Brigata "Sassari", una Unità dell’Esercito Italiano formata quasi interamente da sardi, caratterizzato da un forte senso di gruppo e un sentimento di appartenenza alla Sardegna. Attraverso filmati d’epoca, viene mostrata la nascita del corpo militare, avvenuta il 1º marzo 1915, in due reggimenti a Sinnai (Cagliari) e a Tempio Pausania, e la partecipazione alla "Prima Guerra Mondiale". Nel Primo Conflitto, il comparto sardo venne utilizzato sull’Isonzo dove ottenne la citazione sul Bollettino del Comando Supremo come migliore unità (per le sue azioni eroiche negli scontri di Bosco Cappuccio, Bosco Lancia e Bosco Triangolare), sull’altopiano di Asiago, e sul Piave. Le sue azioni vennero premiate con due medaglie d’oro al valor militare. Il prezzo di queste medaglie fu molto alto: le perdite costituirono infatti il 13,8% degli effettivi, contro il 10,4 della media. Nel contingente, composto quasi interamente da ragazzi sardi, i caduti in guerra sono stati 2.164 uomini, ai quali si deve aggiungere un numero elevatissimo di feriti e dispersi, ovvero altri 12.858 giovani sardi. Tali tragiche cifre danno la misura dell’importanza che ha avuto la Brigata nella storia d’Italia, riconosciuta da 6 Ordini Militari di Savoia, 9 medaglie d’oro, 405 medaglie d’argento, 551 medaglie di bronzo, oltre a due Medaglie d’oro al valor militare per ognuno dei due reggimenti. Davide Mocci, nel documentario, riprende filmati dell’epoca che permettono di provare a riassaporare quel contesto storico e quella Sardegna, nei luoghi in cui il reparto nacque e anche dove combatté (Veneto e Friuli Venezia Giulia). La storia della Brigata Sassari prosegue fino ad oggi. Dal quel 1915 si è trasformata, ha visto crescere e diversificare le proprie attività. Nella seconda guerra mondiale è stata inviata a combattere nei Balcani, dal 1941 al 1943, fino a quando all’approssimarsi della disfatta dell’ Italia fascista, è stata trasferita a tentare di difendere Roma. Come tutto l’esercito italiano si sciolse all’indomani dell’ 8 settembre 1943 e così anche il destino dei militari sardi fu quello di molte altre migliaia di italiani: la fuga, oppure il passaggio nelle file tedesche o ancora la deportazione e i lavori nei campi di concentramento. Nel 1958 viene ricostituita la Brigata. Nella seconda parte del documentario, quindi, si vede l’evoluzione fino alla fase più recente, degli anni novanta, quando viene utilizzata nei Balcani ed in Medio Oriente, nell’ambito di importanti missioni di "peacekeeping", operazioni militari per il mantenimento della pace. Davide Mocci presenta infine l’operato moderno della Brigata Sassari, descrivendo in particolare la missione NATO "Stabilization Force" della Brigata Multinazionale Nord, nella Bosnia Erzegovina, nella quale sono stati utilizzati i sardi della Brigata Sassari.
Battista Saiu
LA MOSTRA FOTOGRAFICA ORGANIZZATA DAL "SU NURAGHE" DI BIELLA
FEMINAS, LE DONNE DEL GRANO
È il titolo della mostra allestita presso i saloni della Biblioteca del Circolo Culturale Sardo Su Nuraghe di Biella, organizzata con il patrocinio della Regione Autonoma della Sardegna e della Regione Piemonte, della Provincia e della Città di Biella. L’esposizione, visitabile a ingresso libero (martedì, venerdì e sabato, ore 21-23), resterà aperta fino al 30 aprile 2009. A Biella come in Sardegna, le donne di Su Nuraghe usano benedire con il grano, rinvigorendo alcune forme cultuali, che ancora resistono ai piedi delle Alpi, con il trapianto di tradizioni isolane. Così è successo con lo stendardo processionale, che a Biella apre le manifestazioni più solenni di Su Nuraghe, benedetto con il grano dalle Socie decane alla presenza del card. Tarcisio Bertone, con il contrappunto sonoro delle salve beneaugurali dei Fucilieri sardi: ritualità replicate a conclusione dell’Anno giubilare in piazza del Duomo a Biella, per l’ingresso del nostro cappellano don Ferdinando Gallu nella nuova parrocchia di Pettinengo e per lo scoprimento della targa toponomastica nella piazzetta Alberto Ferrero Della Marmora, prospiciente la basilica di S. Sebastiano. Altra solennità, che ha coinvolto ben trenta donne, tante quanti gli anni di vita dell’Associazione dei Sardi di Biella, è stata l’inaugurazione e l’intitolazione di Nuraghe Chervu, primo nuraghe alpino, eretto dalla Città di Biella a ricordo dei Caduti sardi e dei Caduti biellesi nel novantesimo anno dalla fine della Grande Guerra. Le immagini della rassegna "Feminas, le donne del grano", danno conto di questo evento – ultimo in ordine di tempo – e del ruolo sacrale delle donne sarde.
Le immagini in mostra sono opera di: Marco Comba Meloni, Angelo Foglia, Chiara Argiolas, Cosima Colaianni, Alessandro Mezzano, Giuseppe Orr&u
grave;, Pietro Pala, Giuseppe Pecorini, Roberto Ruzza, Mario Rovetti, Beatrice Ramella Pezza.
Battista Saiu
L’EMIGRATO BACHIS FRAU E I CONCORSI LETTERARI
LE SEI "ESSE"
Voi magari siete convinti che i concorsi letterari (ne esistono a migliaia) siano una cosa seria. Anch’io lo pensavo. Beata ingenuità! Ebbene, ci sbagliavamo, io e voi. I concorsi letterari, come pure l’editoria, sono adesso governati dall’imperativo del commercio: si danno alle stampe i nomi già noti per non correre il rischio di restare col prodotto invenduto. E poi sono cambiati i "valori" e gli interessi dei lettori. Se non rientrate nelle nuove regole letterarie, o del giornalismo, lasciate perdere. Oggi le famose regole "chi, dove, come, quando" sono cambiate. Valgono le sei S: "sangue, sesso, soldi, scandali, spettacolo, sport". State sicuri che con questi ingredienti, meglio se tutti insieme, il vostro lavoro letterario emergerà e farà cassetta. Se poi hai un "nome" già noto, che tu sia un cafone, o una di quelle ninfomani scosciate che danno il "la" alle signorine di oggi, o un assassino, o un pedofilo da galera, o un matricida, o uno sportivo famoso… la vendita del libro è assicurata. Volete un esempio? Prendete il caso di Antonio Cassano, il Gian Burrasca del campionato italiano di calcio. Ha scritto ultimamente la sua autobiografia intitolata Dico tutto (editore Rizzoli). Diciamo la verità: se in Italia fossimo in un campus intellettuale normale, sarebbe ovvio dire "e chi se ne frega"? Purtroppo il livello culturale, come dicevo, si basa sui canoni delle sei S. E così i giornali e anche le tv, addirittura hanno anticipato il libro con interviste su interviste al bullo-pallonaro, le sue imprese sessuali ("ho avuto 600 o 700 donne") e le sue manie per le Ferrari. Risultato? Centomila copie vendute in due settimane. Cvd, come volevasi dimostrare. Camilleri, Nifoi, Eco, Vitali…, sono oggi i sumo della narrativa italiana. L’editoria, che ormai si conforma alle regole di mercato, per andare sul sicuro cavalca i nomi già noti. Si adegua inesorabilmente a quello che è il nostro passatempo nazionale nei talk show, sui giornali, nei bar, dovunque: il discutere sul nulla. Si forma l’onda che trasporta quei nomi e il risultato è assicurato. Una semplice pisciatina targata dai "soliti noti" assicura la vendita. Supponete che il vostro lavoro si trovi a concorrere tra gli scritti di quelle corazzate… State certi che non ne sortirà niente di buono. Se non sei un nome già noto, se non rientri nelle regole delle tre S, se non sei nell’indice delle big editoriali, non sei nessuno. Il valore intrinseco del libro va in secondo piano. Così uno è portato a pensare: se non è edito da Rizzoli, Mondadori, Adelphi…, è robetta che non vale niente. In Sardegna esistono tanti autori nuovi che non riescono ad emergere e svariati concorsi, mostre e premi letterari (Gramsci, Macomer, Gavoi, Alziator…). Un’amara esperienza mi fa parlare. Ultimamente io ho stampato un lavoro di narrativa che parla dei nostri emigrati e di Sardegna, intitolato Bachis Frau emigrato. Si tratta della descrizione della povertà che assilla l’emigrato fino a spingerlo ad andarsene da casa. Povertà che da Bànnari (oggi Villa Verde, in Marmilla) lo porta fino in Svizzera, alle acciaierie ticinesi Monteforno-Von Roll. Dalla Svizzera ritorna, in età di pensione, e si adopera per migliorare la situazione sociale del proprio paese. Un romanzo sociale, impegnato, che vuol sottolineare l’esito positivo che può avere l’emigrazione, secondo una idea programmatica di Gramsci: "Occorre violentemente portare l’attenzione sul presente così com’è, se si vuole trasformarlo. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà". Ebbene. Il concorso letterario della Marmilla a cui è stato presentato questo romanzo (tre anni di impegno e documentazione) ha premiato una poesia!!! Bachis Frau emigrato ha avuto solo un angolino per una menzione marginale. Eppure, mi giungono fior di riscontri sulla validità di questo lavoro di narrativa, che ha un notevole potenziale di sviluppo, di turismo, di opportunità di lavoro per una derelitta zona interna della nostra Sardegna. Ma purtroppo è un libro che… non rispetta le sei S di cui sopra, non è scritto da un autore famoso e non è edito da un’editrice di grido. Onde per cui, l’esito della sua presenza nei concorsi e nei premi è già bell’e segnato. Alcuni di questi concorsi letterari neanche rispondono alle richieste di informazione degli autori "ignoti", come un minimo di educazione comanderebbe. In occasione di un importante premio del capoluogo è successo che, ancor prima dell’esito finale, il mio romanzo a sfondo sociale Bachis Frau emigrato è stato notato nelle bancarelle a un prezzo stracciato, senza il consenso dell’autore. Segno che qualche esaminatore, forse un morto di fame, ha voluto ripagarsi così delle sue fatiche intellettuali di esaminare il libro.
Vitale Scanu
INIZIATIVA A DOLIANOVA SULL’EMIGRAZIONE ORGANIZZATA ANCHE DALLA F.A.S.I.
PAROLE E SUONI DELL’ISOLA E DEL MONDO
La Biblioteca Comunale di Dolianova, La Memoria Storica soc. coop, l’associazione Miele Amaro il Circolo dei Lettori, la Banca del Tempo di Dolianova, Grafica del Parteolla e la F.A.S.I. organizzano a Dolianova cinque incontri dal titolo "Storie di migranti – Parole e suoni dell’isola e del mondo". Gli incontri sono "un’occasione per conoscere mondi e culture lontane attraverso la letteratura e la musica ma anche per riavvicinarsi alla propria terra con altri occhi, quelli di chi dalla Sardegna è dovuto partire o nell’isola è arrivato per lavorare e vivere". Gli incontri della rassegna sono cominciati il 21 febbraio e termineranno il 18 aprile 2009 e per tutti gli appuntamenti sono previsti spazi dedicati all’ascolto, alla discussione e alla degustazione.
Sabato 7 marzo ore 18.00- Biblioteca Comunale: Storie di donne sarde: dalla Sardegna verso il mondo.
Sabato 21 marzo ore 18.00 – Biblioteca Comunale: Una finestra sulle culture del mondo arabo.
Sabato 4 aprile ore 18.00 – Centro Soc
iale: Giuseppe Porcu: da Dolianova a Dachau.
Sabato 18 aprile ore 18.00 – Biblioteca Comunale: La primavera dell’America Latina.
A MILANO, SCATTI INEDITI PER DISEGNARE UNA SARDEGNA DIVERSA
L’ALTRA FACCIA DELL’ISOLA
Quanti volti può apparecchiare una bella signora, dietro l’obiettivo? Le declinazioni del trucco fotografico ci restituiscono l’immagine di una Sardegna assai lontana dalle bellurie della Costa Smeralda. Niente paillettes, né toni gridati. Concorrono, a ricomporre la reale natura dell’isola, quarantacinque scatti – rigorosamente inediti – in cui paesaggi, volti, riti s’impigliano. Il maestro Franco Fontana guida la mano di due giovani talenti della scuderia artistica sarda, setacciati dalla laboriosa selezione della Sovrintendenza isolana: Paolo Bianchi – nuorese, già di scena in Sonetàula di Salvatore Mereu – e Sveva Taverna, cimentatasi nei lavori per il teatro Palladium di Roma. Diamanti grezzi che oggi scintillano nell’esposizione Sardegna, un altro pianeta, appena scesa dalla giostra tutta italiana (Ravenna, Roma, Treviso le altre tappe toccate) per scivolare all’Umanitaria di Milano, scaldando i chiostri della sede con le danze isolane e i sapori della gastronomia locale. Un buon lavoro di squadra con la rete del Man di Nuoro (Cristiana Collu in testa), il patrocinio della Regione Sardegna (assessorato al Turismo), la cura nella stampa del fotografo Marcello Serra. Tre angoli visuali in cui appostarsi per sbirciare l’isola che danza il suo ballo a più veli, come una Salomè contemporanea. Gli occhi bistrati di radici che solo le sarde. Braccia che si prestano al rito della morra, nel cuore di paesi che la carta geografica sembra aver scordato. La grazia che accende la mano maschile nel racconciare il velo di un costume, sul volto muliebre, durante un’esibizione in un piccolo centro. La luce che accende gli occhi bambini fino a spegnersi tra le grinze di un viso anziano. Sveva Taverna li interpreta così, i suoi scatti sardi in analogico, stampati in bianco e nero. Per poi cedere il mirino alla tecnica tutta maschile di Bianchi, in cui la dolcezza si irrigidisce nel digitale a colori con cui cattura mezzi busti, maschere, riti regalati dalla tradizione. La macchina restituisce veri ritratti contemporanei in cui il protagonismo dell’immagine centrale dà polvere alle quinte di sfondo, allontanate grazie alla sovrapposizione della stessa istantanea (potere della tecnologia) e a un laborioso lavoro di rielaborazione al pc. Bianchi dà una mano di vernice alle sclerotizzate oleografie di Barbagia e Ogliastra cui il folklore ci ha abituato. Irgoli, Aritzo vengono rivisitate. La fierezza occhieggia dietro a cappucci e campanacci, cornice a visi cupi e sporcati dal carbone. Poi lo sguardo callido di Fontana, che naviga a barra dritta lungo le curve dei paesaggi, corregge il tiro all’intera antologica. Foto in cui l’orizzonte si apre per introdurre dentro a campagne di erba bionda e sole. I cieli rassicurano con l’azzurro consueto, Cagliari mostra lo skyline fatto di stagno, mare e i contorni quasi di cartone dell’edilizia urbana. Vittoria Cappelli – già produttrice di format televisivi in cui la cultura fa rima col tubo catodico (come Passepartout di Daverio, su Raitre) si è innamorata prima dell’abito appariscente della Costa Smeralda, per poi rimanere stregata dalla poesia asciutta che compone l’interno dell’isola, quasi un regalo a chi costringe la pigrizia a spostarsi più in là. Così, ha prodotto volentieri la mostra (dopo precedenti collaborazioni con la Regione) fino a farla volare perfino a Londra, in un evento ritagliato dentro a un circolo della magistratura anglosassone. Chissà cosa devono aver pensato, gli austeri togati british, di fronte a questa terra così mobile, come solo le donne sanno essere.
Paola Bacchiddu (Unione Sarda, 1 marzo)
IN PRIMO PIANO IN NUOVA ZELANDA, LA CULTURA ITALIANA
WELLINGTON E LE MACCHINE DI LEONARDO DA VINCI
A dicembre, alla Galleria delle Belle Arti a Wellington si è tenuto un tour in lingua italiana sulla mostra "Le macchine di Leonardo da Vinci". Il tour organizzato da Letizia Columbano e Luca Quaglia ha dato la possibilità a chi vi ha partecipato, di immergersi un pò di più nella cultura italiana e nella vita del grande Genio. Hanno partecipato soci e studenti del Circolo Italiano, Club Garibaldi, Circolo Sardo Domus De Janas e studenti di italiano della Victoria University. La mostra sulle macchine è stata suddivisa in quattro temi : volo, meccanica, guerra ed idraulica. I modelli interattivi creati da artigiani fiorentini (Gruppo Technoart) sono tutti modelli realizzati in scala utilizzando materiali dell’epoca cioè il legno, cotone, ottone, ferro e corde – una fedele riproduzione delle pagine del codice da cui sono stati tratti i modelli. Alcune di queste macchine sono state scelte dagli organizzatori del tour, tra queste la Vite aerea, il Carro motore, il Meccanismo autobloccante, il Ponte a costruzione rapida, il Carro armato, la Vite di Archimede. Luca Quaglia ha spiegato nei minimi dettagli l’utilizzo di queste macchine alcune ideate ma mai realizzate da Leonardo) concetti semplici ma grandiosi che noi, nella nostra vita quotidiana, prendiamo per scontato. Il tour ha dedicato attenzione non solo alle macchine ma anche al quadro storico, politico ed artistico del periodo in cui ha vissuto Leonardo (1452-15190). Letizia Columbano ha dato un’infarinatura della situazione politica non solo in Toscana ma in generale nella penisola italiana. L’ esperienze che influenzarono la vita di Leonardo furono moltissime: i primi studi presso lo Studio del Maestro Verrocchio (Centro intellettuale di Firenze), lavorando presso la corte degli Sforza a Milano, il periodo trascorso a Venezia, il periodo passato a Roma e l’eterna rivalità con Michelangelo. L’osservazione acuta verso la natura, la curiosità per tutto e su tutto, l’impegno e la dedicazione verso ogni disciplina : dalla pittura alla poesia, dall’ingegneria alla medicina, dalla musica alla cucina fanno di Leonardo il Genio Universale per eccellenza. Il tour si e’ concluso fra mille domande e discussioni allegre con una merenda a base di panettone (omaggio alla corte degli Sforza-Milano) panforte (omaggio alla Toscana) ed una tazza di caffè al Club Garibaldi.Un caloroso grazie a Luca e a tutti coloro che hanno partecipato ed aiutato per il successo di questo speciale evento.
Susanna Cappai
ISPIRATO A SERGIO ATZENI, IL PROGETTO DI MARCO PARODI E DELLA FABBRICA ILLUMINATA
S’ARD, I DANZATORI DELLE STELLE A VENEZIA
Un’indissolubile fusione tra religione e magia per segnare la nascita di una cultura in cui si alternano e si mescolano l’aspetto pagano e quello cristiano, i rituali sacri e gli incantesimi. La cultura di un popolo destinato alla capitolazione, ma ancora vitale, e in grado di riscoprire la propria dignità attraverso le leggi di una vita comunitaria. È questo l’affascinante bagaglio di un viaggio al centro della terra sarda ma in trasferta: sì, perché per la prima rappresentazione di S’ard – I danzatori delle stelle , la Fabbrica Illuminata ha fatto le valigie e raccolto l’invito della Biennale Teatro di Venezia dello storico Teatro Goldoni allo spettacolo diretto da Marco Parodi. Recitazione e musica, per raccontare le vicende di un’Isola antica, dominata da figure favolose, e scorrere a ritroso pagine che narrano cosa si nasconde dietro ai miti del fuoco e degli uccelli, la nascita del primo nuraghe e lo sbarco dei Romani. A partire però da due testi non così lontani come Il quinto passo è l’addio e Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni. I danzatori delle stelle, provenienti dall’Oriente, sono solo un assaggio della miriade di piccole vicende tramandate oralmente dai Custodi del tempo: la storia non ha più confini perché si mescola al racconto epico, per narrare di un popolo antico approdato in un’isola bellissima senza nome. Antonio Setzu, il protagonista, – spiega Parodi – si prepara a tagliare ogni legame con la sua Isola, vittima di un disagio psicologico che si trasforma in emarginazione. Una vita tormentata tra sconforti esistenziali, sesso e passione, orgogli e utopie, alla ricerca del mistero delle origini. Il narratore è un bambino diventato adulto che prospetta le tappe di un percorso iniziatico per consegnare a un altro bambino il testimone che lo consacra Custode del tempo. A far da cornice alla leggenda, le pietre sonore di Pinuccio Sciola, depositarie di suggestioni acustiche che scaturiscono dal ventre della terra. Lo spettacolo scava in fondo, alle radici del patrimonio artistico, spirituale e umano del popolo sardo, anche con l’aiuto della musica. Ecco perché Parodi, genovese adottato dall’isola, ha coinvolto un musicista come Gavino Murgia e il Complesso Etnofonico della Sardegna. Nome di spicco della scena etno-jazz internazionale, Murgia dirige un gruppo di solisti che utilizzano gli strumenti della tradizione: launeddas, benas, ranas ‘e cannas, tamburinos e matraccas.
I SINDACATI: TEMPI PIU’ LUNGHI PER RISANARE LA COMPAGNIA
PRIVATIZZAZIONE IN ALTO MARE PER LA TIRRENIA
Sulla privatizzazione della Tirrenia sono ancora tanti i nodi da sciogliere. Lo ha ribadito qualche giorno fa il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli : «Il problema della privatizzazione di Tirrenia», ha detto, «è molto delicato, non voglio assolutamente che sia un’altra Alitalia». In primo piano, sostengono i leader di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, c’è il tema delle società controllate, che dovrebbero passare alle rispettive regioni (Siremar alla Sicilia, Toremar alla Toscana, Caremar alla Campania e Saremar alla Sardegna). Matteoli ha osservato che Tirrenia non può essere «spezzettata», perché «non lo consente l’Unione europea». Tuttavia, «nel caso ci fossero Regioni interessate», il ministro valuterà «come fare». Non solo. La posizione delle quattro Regioni è diversa, ha ricordato Matteoli: «C’è un interesse della Sicilia ad alcune condizioni. E un interesse ancora più forte in Sardegna, dove però è cambiata l’amministrazione. La Toscana, al contrario, non è interessata a fare l’armatore. E in Campania c’è stato un colloquio molto interlocutorio». Esiste, poi, la necessità di una riorganizzazione aziendale: il debito di Tirrenia raggiunge i 600 milioni di euro e per essere appetibile la società deve essere risanata. Gli amministratori locali temono tagli delle tratte e del personale, visto che per garantire i collegamenti interni – ha sottolineato Matteoli – «occorrono 46 milioni di euro». Proprio su questo fronte c’è «un tavolo aperto anche con le Regioni». Insomma, la carne al fuoco è tanta. E sarà anche per questo che i sindacati giudicano «difficilmente rispettabili i tempi per la privatizzazione della compagnia». Secondo Pierfranco Meloni , segretario regionale della Uilt, «l’addio dell’azionista Stato potrebbe slittare con ogni probabilità». Oggi la data della liberalizzazione è fissata per il 31 dicembre 2009. «Ma è auspicabile», incalza Meloni, «che possa avvenire nel 2012». Il rischio da evitare, continua il rappresentante della Uilt, «è che Tirrenia venga svenduta a qualche armatore privato senza scrupoli». Pure Giovanni Matta, segretario regionale della Cisl, dubita che la privatizzazione si faccia nelle scadenze stabilite dal governo. «La riorganizzazione del gruppo è ancora in alto mare. Servono più risorse anche per migliorare servizi e tariffe. Prima di tutto però», aggiunge Matta, «è necessario aprire un tavolo con la nuova Giunta: vogliamo instaurare un dialogo proficuo. Il tema caldo è quello dei collegamenti con le isole minori: su questo fronte, è necessario ridefinire la partecipazione della Regione nella gestione delle tratte». È di parere opposto Sandro Bianco , leader della Cgil: «È tutto già chiaro», tuona il sindacalista, «la Saremar deve passare alla Regione, diventando una divisione dell’Arst. In gioco ci sono 250 buste paga». Bianco vorrebbe che s’imprimesse un’accelerata alla privatizzazione. Ma ammette: «I tempi si allungheranno e il risultato sarà quello di assistere a costi che aumentano assieme al pericolo dei tagli». Punta invece sulla competitività Roberto Pischedda , numero uno dell’Ugl Trasporti in Sardegna: «Anch’io giudico positivamente il passaggio di Saremar dentro l’Arst, così come la privatizzazione di Tirrenia: prima però bisogna intervenire per migliorare la qualità del servizio attraverso un riassetto generale». Infine, resta da scongiurare la sforbiciata sui costi. Un’eventualità che, secondo il segretario generale della Uiltrasporti, Giuseppe Caronia, coinvolge i destini di intere popolazioni isolane e può compromettere il posto di lavoro, in Italia, di oltre 3.800 marittimi e di circa 15 mila lavoratori dell’indotto».
LA PRESENZA DELLA REGIONE SARDEGNA ALLA BIT DI MILANO
NUM
ERI POSITIVI PER IL TURISMO NELL’ISOLA
C’è tanta Sardegna anche alla 29ª edizione della Bit, la Borsa internazionale del turismo nella nuova Fiera di Milano. La Regione Autonoma della Sardegna anche quest’anno era presente alla Borsa internazionale del Turismo di Milano con un proprio stand. L’area istituzionale di 2200 metri quadri allestita dall’Assessorato del Turismo. L’idea di base dello stand è un villaggio nuragico contemporaneo. Si entra nell’area dedicata alla Sardegna passando attraverso gli otto box destinati alle Province e dedicati all’accoglienza e alla contrattazione. Nella parte centrale si trovano la grande area eventi e il banco della Regione. Ai lati dello stand, caratterizzato dall’artigianato, le piante e le essenze arboree, le immagini, i suoni, i profumi della Sardegna, gli spazi dedicati al bar e alle compagnie di trasporto. Nello spazio dedicato all’Isola erano disponibili le nuove guide bilingue, in italiano e inglese, dedicate ai settori congressuale, golf, centri benessere, paesaggi d’autore, fiabe, luoghi e itinerari sardi. Novità di quest’anno è l’allestimento degli "spazi sensoriali": due grandi contenitori cilindrici, nella parte opposta agli stand provinciali, appaiono come dei nuraghi contemporanei interattivi. Sono dedicati ad autunno-inverno e a primavera-estate e offrono una collezione di sensazioni. Con tecniche appositamente studiate i visitatori potranno toccare, odorare, sentire, vedere e degustare i prodotti isolani. E’ stato presentato anche un rapporto sull’andamento del turismo in Sardegna negli ultimi anni. Nel 2007 e nel 2008, si legge in una nota, nonostante la crisi globale, i numeri sono stati positivi. I flussi turistici verso la Sardegna sono aumentati anche l’anno scorso, a conferma del trend positivo del quadriennio 2004-2007. Secondo dati provvisori diffusi dalla Regione, gli arrivi sono cresciuti nel 2008 dell’1,4%, le presenze dell’1,1%. Oltre 2,3 milioni di turisti hanno visitato l’isola: l’incremento fra il 2007 e il 2008 é di poco più di 33 mila unità. La Sardegna é la regione italiana che nel 2007 ha registrato il maggior incremento percentuale sui flussi turistici totali. I dati Istat parlano di un +18% di arrivi e di un +15% di presenze.
Massimiliano Perlato
LA BIT DI MILANO 2009 SEMPRE PIU’ INTERNAZIONALE E INNOVATIVA
IL TURISMO PROVA A FRONTEGGIARE LA CRISI
In una fase economica in cui i mercati lanciano segnali contrastanti, cresce nell’industria del turismo l’attenzione verso le risposte e le proposte che sono state presentate dalla manifestazione di riferimento in Italia e tra le prime al mondo: la Borsa Internazionale del Turismo, la cui 29esima edizione si è tenuta nel quartiere Fiera di Milano a Rho. Bit 2009 è stato un appuntamento che ha rivestito una particolare importanza e dal quale le imprese del comparto turistico si attendono molto. Il momento di difficoltà dell’economia italiana si ripercuote anche sulle imprese turistiche e da Bit può nascere quella spinta giusta per trovare politiche di sistema a favore del turismo con interventi economici coordinati ed efficaci sia a livello nazionale che delle istituzioni locali. In questo contesto, si conferma sempre più efficace il concept che guida da anni Bit, quella formula "multi target" che consente di coniugare in modo unico nel settore il punto di vista generale di una grande manifestazione – osservatorio con la capacità, tipica degli eventi verticali, di focalizzarsi sui trend emergenti e i segmenti di mercato più interessanti, creando concrete opportunità di business. Una filosofia che oggi è ulteriormente rafforzata da un approccio sempre più globale e tecnologicamente innovativo, che mette le relazioni internazionali e l’uso delle tecnologie avanzate al servizio degli operatori per affrontare al meglio le evoluzioni dei mercati. E’ proprio nelle fasi di minore dinamismo dell’economia, come quella che stiamo attraversando, che il valore aggiunto delle fiere come catalizzatori di business diventa ancora più evidente e importante. Da sempre Bit assolve questo ruolo al meglio grazie a una formula completa, ma flessibile che le consente di essere sempre in linea con le esigenze più aggiornate dei mercati.
Massimiliano Perlato
SEMPRE DI PIU’ SI PARLA DI SARDEGNA NEGLI STATI UNITI COME META TURISTICA
IL "NEW YORK TIMES" DEDICA UN SERVIZIO ALL’ISOLA
Il New York Times ha dedicato un altro importante servizio alla Sardegna. Si tratta di due pagine con grandi fotografie pubblicate nella sezione "Travel". Il pezzo è a firma del giornalista free lance, Tim Neville). Con il titolo "Getting a Goat’s View of Sardinia’s East Coast" (che più o meno in italiano suona così: "Le coste orientali della Sardegna viste con gli occhi di una capra"), il prestigioso quotidiano statunitense presenta il lungo reportage sul trekking ogliastrino "Selvaggio Blu" che Neville ha percorso per quattro giorni accompagnato dalla guida alpina Marcello Cominetti. E’ partito da Santa Maria Navarrese per giungere a Cala Sisine. In tutto venti miglia delle trenta complessive. Il giornalista descrive in termini entusiastici la natura e i paesaggi dell’itinerario. I momenti magici per lui sono stati tanti. Come nuotare in una delle piscine naturali sulla costa rocciosa: luogo definito uno dei migliori del Pianeta dove poter fare un bagno. Si sofferma poi sulle specialità gastronomiche, il pane carasau, le olive, la ricotta con il miele e sull’immancabile maialetto. Il momento clou del viaggio è l’ultima notte trascorsa dentro una grotta. Neville scrive: «Ho campeggiato in tutti i posti del mondo, sopra una cima alta 21mila piedi, sulle isole deserte delle Filippine, nella profonda steppa mongolica, ma sono certo che poco regge il confronto con l’unicità di questo posto». Un articolo, quello del New York Times, che corona le numerose le iniziative portate avanti dalla Regione negli ultimi tempi per lanciare la Sardegna sul mercato turistico americano (Sardinia in New York dal 22 al 28 settembre 2008, Italy Symposium dal 30 settembre al 5 ottobre 2008).
FRANCIA, SPAGNA, STATI UNITI E CINA CI HANNO SUPERATO PER NUMERO DI PRESENZE
CROLLA IL TURISMO "MADE IN ITALY"
Eravamo il primo Paese ad attirare stranieri. Diceva lo scrittore Henry Miller che la destinazione di un viaggio «non è mai una località ma piuttosto un modo di vedere le cose». Ecco, come modo di vedere le cose, l’Italia non piace più come una volta. Nel 1970 eravamo il primo Paese al mondo per numero di turisti stranieri. Da molti anni siamo ormai scivolati al quinto posto, dietro Francia, Spagna, Stati Uniti e Cina. E nel 2020, secondo le previsioni dell’Organizzazione mondiale del turismo, perderemo altre due posizioni, finendo dietro anche a Gran Bretagna e Hong Kong. Un declino che sembra inarrestabile per un settore che da noi vale il 10% del Pil, dà lavoro a due milioni di persone e muove ogni anno 90 miliardi di euro. Non è solo una questione di orgoglio nazionale, dunque. Ma un serio problema economico che in tempo di crisi potrebbe avere conseguenze devastanti. Perché stiamo scivolando indietro? In parte, ma solo in parte, non dipende da noi. È tutta l’Europa ad essere in declino: negli anni ’80 copriva i 2/3 delle destinazioni mondiali fra una decina di anni scenderà al 40%. Il turismo tradizionale – città d’arte, mare e montagna – perde colpi a vantaggio di quello verde e ambientale, più in linea con lo spirito dei tempi. E infatti stanno lievitando mete fino a pochi anni fa di nicchia come la Patagonia, le Galapagos, la Namibia o la Nuova Zelanda. Ma la responsabilità è soprattutto nostra. Una prima spiegazione – poco originale e piuttosto sconfortante – è che la nostra industria turistica è poco competitiva. Nella speciale classifica del World Economic Forum, l’organizzazione che ogni anno cura il meeting di Davos, siamo solo al 28/mo posto. Buoni ultimi nella vecchia Europa a 15, dietro a tutti i nostri potenziali rivali come Francia e Spagna, che infatti attirano più stranieri di noi. E superati da Paesi che non hanno certo nel turismo il loro cavallo di battaglia come il Lussemburgo. Cosa vuol dire poco competitivi? Lo spiega «L’Italia. Il declino economico e la forza del turismo », una corposa ricerca a cura di Attilio Celant, direttore del Master in economia e management del turismo dell’Università la Sapienza di Roma, e Maria Antonella Ferri, che insegna nello stesso master. I nostri difetti peggiori – secondo il rapporto del World Economic Forum – sono le infrastrutture non sempre all’altezza della situazione (alberghi ma non solo), la mancanza di un cervello pensante che possa organizzare l’offerta nazionale, e anche uno scarso utilizzo di Internet, che ormai è l’agenzia di viaggio più utilizzata al mondo. Nel nostro Paese solo il 2% degli alberghi è affiliato ad una catena internazionale. Una fetta minuscola se paragonata non solo al 70% degli hotel americani, ma anche al 12% della Spagna, al 18 della Francia o al 20 della Gran Bretagna. Certo, lo straniero che sceglie l’Italia per le sue vacanze preferisce la gestione familiare della pensione Maria al super hotel con mille stanze arredate nello stesso modo a Buenos Aires come a Vienna. Ma se Maria e i suoi figli accolgono (magari al meglio) chi ha già deciso di partire, solo le grandi catene riescono a «creare» turisti, offrendo tariffe speciali a chi è già stato cliente dei propri hotel in altri Paesi, oppure puntando sui grandi numeri di chi viaggia per congressi e fiere. A parlare sono i soldi: la produttività del personale che lavora negli hotel italiani è bassa. Secondo uno studio della commissione europea siamo al dodicesimo posto tra i 27 Paesi dell’Unione Europea con poco più di 25 mila euro l’anno per addetto. Quasi la metà del Belgio, e ancora una volta dietro ai nostri rivali europei Francia, Spagna e Gran Bretagna. Altra mancanza è la scarsa attenzione a settori specifici che in tempo di crisi possono garantire la sopravvivenza, come il low cost e i giovani. In Italia praticamente non esistono i cosiddetti budget hotel, le catene con servizi spartani e tariffe contenute, che vanno forte in Francia e Spagna. Così come sono una rarità gli ostelli della gioventù, che magari non porteranno soldi a palate ma formano i viaggiatori di domani, quei ragazzotti che oggi girano con lo zaino in spalla e tra qualche anno potrebbero tornare con moglie, figli, e un portafoglio pieno di carte di credito. Siamo indietro, dunque. E siamo indietro non solo quando un inglese o un americano atterrano a Fiumicino o alla Malpensa ma già prima. Ormai in Europa il 34% delle prenotazioni alberghiere viene fatto direttamente via Internet dai siti degli hotel, saltando l’intermediazione delle agenzie. Un modo per risparmiare qualche euro che – con la crisi economica e la filosofia del risparmio che conquista anche i ricchi – è destinato a diffondersi sempre di più. In Italia le prenotazioni via Internet sono al 24%, dieci punti sotto la media europea. Per la semplice ragione che sono pochi gli hotel che offrono questo servizio: il 60% contro una media europea del 72%. Le bacchettate non finiscono qui. Lo studio sottolinea come l’Italia spenda per la promozione più o meno la stessa cifra degli altri Paesi del Vecchio continente: 160 milioni di euro l’anno contro i 180 della Francia e 170 della Spagna. Solo che più della metà di questa somma viene assorbita dagli stipendi e dalle consulenze delle strutture che di questo si occupano. Così come manca, un coordinamento reale che promuova il marchio Italia, magari unendo gli sforzi di città d’arte, mare e montagna che oggi corrono ognuno per conto proprio e invece potrebbero finire facilmente nelle stesse campagne e negli stessi pacchetti. Il risultato di questo triste panorama? Tra dieci anni l’Italia rischia di perdere un posto (dall’ottavo al nono) nella classifica mondiale del Pil del settore turistico, di perdere un altro posto (dal quinto al sesto) nella graduatoria dei soldi portati dai viaggiatori stranieri. E addirittura di uscire dalla top ten, oggi siamo ottavi, per gli investimenti nel settore turistico. Un disastro che non solo offuscherebbe l’immagine di quello che un tempo era chiamato il Belpaese. Ma che darebbe un colpo forse mortale ad un’economia già scricchiolante.
SBARCO ALLA BIT DI MILANO DEL NUOVO GOVERNATORE CAPPELLACCI
CANCELLO LE TASSE SUL TURISMO
Un obiettivo: venti milioni di presenze. Una priorità: cancellare le imposte sul turismo. Un impegno: modificare la legge sulle coste senza attentare all’ambiente, «patrimonio che la Sardegna deve salvaguardare». Ugo Cappellacci vola a Milano, dopo averlo fatto due giorni prima nella Capitale, e sono state queste le prime uscite pubbliche col vessillo della Regione idealmente fra le mani. Alla Borsa internazionale del turismo, all’interno del grande spazio della Sardegna, il governatore scelto dai sardi ha fatto capire che proprio l’offerta turistica sarà uno dei motori che spingeranno il suo governo. Il dialogo con gli imprenditori, l’apertura di un tavolo di confronto con chi combatte sul campo, dodici mesi all’anno, le sfide con il mercato internazionale, questo è il progetto di Cappellacci. Cappellacci e i suoi collaboratori sono arrivati alla fiera di Rho, alle porte di Milano, gigantesca struttura che ospita la Borsa del turismo. Gavino Sini, presidente di Unioncamere, e Giancarlo Deidda, presidente della Camera di Commercio di Cagliari, hanno accolto il presidente, che ha subito incontrato chi sta dietro i grandi banconi bianchi a presentare il prodotto Sardegna. P
oi la conferenza stampa: «In Sardegna arrivano 12 milioni di turisti all’anno, l’obiettivo – certamente ambizioso – della mia Giunta è quello di arrivare, in cinque anni, a toccare quota 20 milioni». In che modo? «Il turismo sarà il vero protagonista del rilancio della nostra economia, rilancio da programmare con cura insieme a chi, in questo settore, si confronta tutti i giorni con il mercato». Le migliori competenze, per Cappellacci, dovranno collaborare per cambiare velocità: «I dati di quest’anno, con quell’uno per cento di crescita, sono incoraggianti, in un mercato che registra forti cali dappertutto: da qui, ripartiamo con una politica che rispetti anche le esigenze dei territori». Subito, insieme al nuovo assessore, Cappellacci metterà in piedi l’Osservatorio regionale del turismo: «Non è possibile che manchino i dati aggiornati», ha detto, rispondendo a un quesito posto da Luigi Crisponi, presidente di Federalberghi e manager di Su Gologone, che denunciava l’assoluta mancanza di resoconti e dati sull’ultima stagione: «In questo scenario, è difficile programmare un rilancio, ma noi – ha detto Crisponi – non ci tireremo indietro». La legge sulle coste «sarà revisionata», ha detto il presidente, «è una normativa inefficace rispetto alla salvaguardia dell’ambiente e dannosa per lo sviluppo». Precisazione, d’obbligo: «Non abbiamo intenzione di dissipare il territorio, né di cementificarlo». Le imposte sul turismo: «Devo aggiungere qualcosa rispetto a quanto già deciso dalla magistratura?», questa la risposta, condita dall’assicurazione che quel genere di tributi verranno cassati prima dell’avvio della stagione delle vacanze.
Enrico Pilia (Unione Sarda)
LE DURE PAROLE DELL’UNIONE EUROPEA A BRUXELLES
A RISCHIO NEL 2009, 3,5 MILIONI DI POSTI DI LAVORO
Nel 2009 ci sono circa 3,5 milioni di posti di lavoro a rischio in Europa. Sono le ultime previsioni della Commissione Ue, in base alle quali è attesa quest’anno una contrazione complessiva dell’occupazione pari all’1,6%. Tra i settori più colpiti auto, servizi finanziari, meccanico e trasporti, con una annunciata perdita netta di oltre 100.000 posti di lavoro da ottobre 2008 a gennaio 2009. I dati sono quelli effettuati nel monitoraggio mensile della Commissione Ue sull’andamento dell’occupazione. «L’industria dei motori», si legge, «è uno dei settori più colpiti dal rallentamento economico. Nel settore auto, i principali produttori hanno annunciato sospensioni temporanee della produzione, riduzione della mobilità e della cassa integrazione, così come tagli ai posti di lavoro a tempo determinato. Anche se al momento non ci sono notizie di chiusure definitive di fabbriche». Bruxelles spiega come l’accelerazione dell’impatto della crisi sui posti di lavoro è stata più decisa del previsto. Perché se di norma tale impatto si fa sentire a distanza di due-tre trimestri, l’aggravamento della situazione nelle ultime settimane ha fatto precipitare il tutto. Il tasso medio di disoccupazione nell’Ue è passato dal 6,8% dei primi del 2008 al 7,4% dello scorso dicembre, con 300.000 disoccupati in più nel giro di un mese. Tra gli Stati membri, la disoccupazione è aumentata da novembre soprattutto in Spagna, ma anche in Germania e nel Regno Unito. Nel 2008 il conto corrente della bilancia dei pagamenti italiana ha registrato un saldo negativo di 49,726 miliardi contro un rosso di 37,361 miliardi (+12,3 miliardi). L’aumento del disavanzo complessivo nel 2008 rispetto al 2007 – fa sapere Bankitalia – è stato determinato dalla variazione negativa del saldo dei redditi (10.092 milioni), delle merci (2.480 milioni) e dei servizi (592 milioni). Il saldo dei trasferimenti unilaterali ha registrato una variazione positiva di 799 milioni. A dicembre si sono registrati afflussi netti di 2.089 milioni per investimenti diretti e deflussi netti di 2.395 milioni per investimenti di portafoglio. Gli altri investimenti hanno invece generato un afflusso netto di 4.369 milioni. Negli investimenti di portafoglio (italiani ed esteri) si è passati da un afflusso netto di 18.102 milioni a uno di 121.924 milioni (+104).
LA REGIONE STANZIA MEZZO MILIONE PER AIUTARE LE FAMIGLIE BISOGNOSE
LE DIFFICOLTA’ DEL MEDIO CAMPIDANO
Quasi cinquecentomila euro destinati a 140 famiglie bisognose. Due i requisiti essenziali: un reddito annuo non superiore a 12 mila euro e avere a carico 4 o più figli minori o comunque non superiori ai 25 anni. Si tratta di un contributo economico che arriva dalla Regione e che verrà suddiviso fra i 28 Comuni della Provincia del Medio Campidano. Fatta eccezione per Collinas, Setzu e Turri, tutti gli altri hanno a disposizione una somma che varia in base al numero delle famiglie numerose. Un fondo per aiutare chi è colpito dalla crisi, con 10 linee di spesa. La metà interessano i figli: alleggerire la retta dell’asilo nido, della baby sitter, per iniziative sportive, culturali, di studio, per attività extrascolastiche. Il resto per risolvere piccoli problemi domestici: le bollette dell’energia elettrica, del gas, dell’affitto di casa, dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani, dell’acqua potabile. Sarà compito dei servizi sociali di ciascun Comune provvedere a contattare gli interessati. L’impegno è che il singolo contributo non superi i 4 mila euro, ma che comunque può essere cumulabile con altri sostegni. Uno è quello delle povertà estreme. A disposizione del Medio Campidano un milione e 343 mila euro: 941 arrivano dalla Regione, il resto è la somma messa a disposizione dai 28 Comuni. Realtà diverse con un denominatore comune: situazioni di disagio estremo. Un esercito di persone che ha il triste primato di non avere la benché minima fonte di sostentamento, con anziani e disabili in casa. Un bisogno che, rispetto agli anni precedenti, è triplicato. Situazioni davvero disperate che ora dovranno essere certificate dai rispettivi servizi sociali in modo da valutare il reale stato di necessità.
UNA VITA DI STUDI IN SARDEGNA E MEDITERRANEO NEGLI SCRITTI DI GIOVANNI LILLIU
SEI VOLUMI PER COSTUDIRE "SAS PRENDAS" DEL SARDUS PATER
Alle soglie dei 95 anni Giovanni Lilliu ha raccolto la sua produzione di articoli scientifici composti nell’arco di oltre un settanten
nio e la offre in un cofanetto che contiene is prendas, i tesori della Sardegna. In coerenza con l’impegno didattico della cattedra di Antichità Sarde, istituita dal Ministero Pubblica Istruzione proprio in funzione del magistero accademico di Lilliu, riscontriamo nella gigantesca produzione scientifica dell’autore una apertura culturale e cronologica, raramente sperimentata nei lavori dei suoi colleghi italiani e europei, con rare eccezioni che rispondono, per citarne alcuni, ai nomi di Ranuccio Bianchi Bandinelli, Massimo Pallottino o Jacques Heurgon. Settantadue anni di straordinaria operosità scientifica a partire dal 1936 con l’ edizione, nella prestigiosa rivista dell’ Università di Cagliari, Studi Sardi, di una tomba tardo punica, con un guttus a vernice nera nel corredo, dalla località di Bau Marcusa della amata terra di Barumini. In quel lavoro l’archeologo ventiduenne pubblicava anche una carta archeologica del territorio di Barumini, aperta in una archeologia dei paesaggi ante litteram alla percezione delle dinamiche paesaggistiche indotte dall’ interazione tra uomo e natura, nel divenire storico. Nei lavori di Giovanni Lilliu ritroviamo un approccio totale ai segni lasciati dall’ uomo nel paesaggio. Certamente, in virtù della sua formazione paletnologica alla scuola di Rellini della Sapienza di Roma, l’ interesse primario di Lilliu è rivolto verso le espressioni della Sardegna prenuragica e nuragica, ma la scelta è anche dettata dalla rilevanza che ancora oggi possiedono nel paesaggio sardo le architetture neolitiche ed eneolitiche (domus de janas, dolmen, tombe a corridoio, a circolo, pietre fitte) e quelle dell’età del bronzo (nuraghi, tombe di giganti, templi). Nell’ opera si osserva il divenire della ricerca per le fasi più antiche della preistoria sarda, da un generico neo-eneolitico dei primi tempi, alla seriazione delle culture come quella di base di San Michele di Ozieri o la cultura dell’ età del rame di Monte Claro, enucleata in un vastissimo studio redatto con Maria Luisa Ferrarese Ceruti, o ancora lo studio dei tipi di dolmen della Sardegna, a partire dall’ esempio di Motorra (Dorgali). Scorrendo i sei volumi riscopriamo lo sviluppo della indagine stratigrafica nei nuraghi di Barumini, il nuraghe Marfudi e quello di Bruncu su Nuraxi che l’avrebbe consacrato archeologo di fama mondiale. Ma ancora le ricerche nei nuraghi di Lasplassas e di San Vero Milis (il gigantesco S’ Uraki) e gli studi sull’architettura dei nuraghi, dei templi a pozzo, dei rapporti con Corsica e Baleari. Se ci volgiamo alla produzione artistica, abbiamo le pagine splendide sui bronzetti nuragici di Terralba, sulle navicelle bronzee dei santuari greci di Gravisca e Crotone, o le magistrali letture dei colossi di Monti Prama, a partire dal saggio Dal betilo aniconico alla statuaria nuragica , fino alla recente memoria dell’Accademia dei Lincei dedicata alla relazione fra bronzetti e statuaria nuragica. Come si è detto Lilliu analizza l’intera civiltà dei Sardi, anche nelle espressioni del tempo delle dominazioni cartaginese, romana, bizantina. La sua conoscenza del mondo antico e medievale è totale, e si struttura con l’utilizzo delle singole metodologie di indagine come la linguistica, l’ epigrafia semitica, l’epigrafia latina, la topografia antica, la storia dell’ arte romana e bizantina, l’ archeologia classica. Un lavoro che resta un modello insuperato di approccio allo studio di un centro urbano antico e del territorio di riferimento è Per la topografia di Biora (Serri) pubblicato nel settimo volume degli Studi Sardi del 1947. Chi scrive ricorda l’emozione quando una copia ingiallita di quel volume venne scovata nei ripiani della libreria Cocco del Largo Carlo Felice: era il 1969 e da quelle pagine ho appreso molto del metodo di ricerca topografica in Sardegna. Nel libro si ripropone, arricchendole di note, uno studio sulla rivista sassarese Riscossa sulle città romane della Sardegna , additando l’opportunità di intraprendere scavi su vasta scala a Tharros, Nora, Neapolis. Proposta che si concretizzò con l’arrivo nella Soprintendenza di Gennaro Pesce che fece sua l’idea di Lilliu. Così nacquero lo scavo di Neapolis nel 1951, di Nora l’anno successivo, di Tharros nel 1956. Non può ignorarsi la straordinaria ricchezza delle scoperte edite nei volumi VII, VIII e IX degli Studi Sardi: dagli scavi urbani della ricostruzione di Karales, martoriata dai bombardamenti, alla scoperta del bucchero etrusco nell’insediamento arcaico presso il nuraghe s’Uraki di San Vero; dal deposito votivo di Vallermosa con una moneta di Azio Balbo e Sardus Pater al villaggetto tardo repubblicano di Milli Pizzinnu, tra Seneghe e Milis. Negli anni più recenti l’interesse frontale per i dati paletnologici ha diminuito gli interventi di Lilliu in ambito classico, ma essi hanno continuato a sussistere. A partire dal 1990 si sono moltiplicati i lavori sull’ età cartaginese, romana e medievale: lo studioso ha consegnato Le sopravvivenze nuragiche in età romana e La Sardegna e il mare in età romana ai volumi de L’ Africa romana , curati da Attilio Mastino. Nelle Memorie dell’Accademia dei Lincei del 1992 appare Una riflessione sulle guerre cartaginesi per la conquista della Sardegna . Nel 1993 nel volume in memoria di Alberto Boscolo Lilliu pubblica Milizie in Sardegna durante l’ età bizantina . La sua curiositas ionica lo ha portato ad indagare temi e luoghi che parrebbero lontani dal fulcro delle sue ricerche: non è così. Lo studioso ha amorosamente camminato lungo le strade della Sardegna, come quando giovanissimo archeologo di Soprintendenza percorse l’isola da Cagliari alla costa centro-orientale alla ricerca di un mitico testo trilingue magnificatogli da un canonico non troppo esperto in epigrafie antiche: l’epigrafe era
spagnola! Ma anche quella studiò Lilliu, comprendendo sotto il suo sguardo tutte le espressioni della civiltà dei Sardi.
Raimondo Zucca
RIFLESSIONI "A FREDDO" DELL’ESITO ELETTORALE IN SARDEGNA
CHE LA "RIVOLUZIONE" PARTA DA INTERNET
L’avevamo scritto che ci voleva Nembo Kid … e Renato Soru è, solamente, un intelligente imprenditore prestato alla politica che si era illuso di poterla riformare da dentro, ignorandone e anzi sprezzandone i meccanismi di forma che la regolano. Qui dal continente non ci era parso vero che a contendere la visione di sfondo ( Weltanshauung per i più acculturati) del berlusconismo imperante ci fosse un uomo che, pur provenendo da esperienze di successo in campi d’impresa tra i più avanzati al mondo (internet), non avesse vergogna di indicare un modello alternativo di crescita "dolce", in cui tutela del territorio e paesaggio avessero la meglio sullo sfruttamento indiscriminato dei beni comuni portato avanti, s’intende, al nobile fine dei "posti di lavoro in edilizia". E le servitù militari? I tiri al bersaglio sulle coste sarde che così tanti soldi fanno entrare da tutti coloro che vogliono sperimentare i sistemi d’arma più efficaci, più intelligenti, pi&ugrav
e; ricche di metalli similradioattivi, che anche se impoverito sempre di uranio si tratta. Con tutte le conseguenze che tocca patire ai bimbi sardi che hanno la mala ventura di nascere vicino ai poligoni di tiro. E al loro DNA. E la raccolta differenziata col conseguente rifiuto di megainceneritori, la lingua sarda declinata finalmente con la dignità che le spetta. Che le spetterebbe. Tutti bei sogni o meglio bei disegni di possibilità di cui innamorarsi come di un futuro nuovo possibile in cui i protagonisti , una volta tanto, avrebbero potuto essere le comunità di base, la gente di quei paesi che si trovavano a vivere sulle incontaminate spiagge, sui contrafforti verdeggianti delle sugherete e dei mirti. La Sardegna come faro di una possibile altro modo di sfruttare il territorio. Ma Soru voleva ben di più: voleva portare avanti questo suo disegno a discapito della "coalizione" che pur l’aveva eletto. Anzi diciamo più sinceramente: a discapito del maggior partito di questa coalizione, il Pd sardo. Davvero troppo complicato. Ora è vero che viviamo in un periodo di liquidità totale (vedi tutta la pubblicistica di Zygmunt Bauman incentrata su questo assunto), per cui un partito che neanche esiste come costituzione formale (Popolo della libertà) si presenta con un suo "logo", scrive su un nome qualsiasi, per quanto prestigioso politicamente possa essere in Italia, e si presenta all’elettorato chiedendo di essere legittimato, lui e le sue liste. E l’elettorato sardo risponde alla grande, e delega. Il suo futuro prossimo. Amalgamandolo tutto a quello della nazione che lo comprende. Cagliari faccia come Roma e le cose marceranno, i giovani troveranno lavoro, chi ha il reale potere di tenere aperte le fabbriche lo farà, in grazia del favore che i sardi hanno mostrato al capo di tutti. Non ce ne voglia Ugo Cappellacci se in questo frangente si vede la sua figura politica declassata a quella di portaborse non si sa quanto consapevole. Anzi se un pizzico di speranza ci rimane è quello di vederlo ergersi al di là degli schieramenti in un autonomo splendido esercizio di governo istituzionale che ci tappi la bocca. Che ci faccia scrivere doverose scuse quando lo descrivevamo succube della volontà del vero candidato alla primogenitura sarda. A noi che ci autodefiniamo "democratici" resta il dubbio di sempre, quello di far parte di una comunità che ha accettato di convivere con una anomalia di fondo che mina i fondamenti del convivere civile: il principio di uguaglianza. Se in una competizione elettorale (ma non solo) il sentire comune della gente si riflette inevitabilmente nel sistema informativo che ci circonda e, per forza d i cose, ci pervade, è essenziale che codesto sistema sia il più neutro possibile. Non lo è mai da mai, naturalmente. Che i padroni dei giornali, e ora delle televisioni, siano coloro che hanno interesse a che non muti alcunché della realtà che (anche in grazia della fortuna dice Machiavelli) li hanno portati ad avere cotanto potere di indirizzo concernente il vivere delle persone è incontrovertibile. Ma il "popolo sovrano" può, nella sua autonomia tenerne relativamente conto. Il caso italiano è unico nella sua mostruosità (democratica): il capo del partito di maggioranza (ancorchè virtuale e non costituito formalmente), capo del governo, è padrone di tre reti televisive sulle sei che contano ( leggi: chi non si schiera non lavora, vedi Mentana, gli "altri" non avranno mai, mai, mai, visibilità alcuna, telegiornali che trasmettono ad ore cruciali, quello di Emilio Fede, parodie del giornalismo di informazione fanno anzi disinformazione dichiarata, schierata). E’ padrone di giornali e maggiore editore italiano, fratello di padrone di giornali, sua moglie è padrona di giornali (Il Foglio). Nel contesto sardo Videolina e L’Unione fanno scuola, nel loro piccolo. Per sconfiggere questo blocco mediatico tocca sperare che internet faccia la sua rivoluzione. Ma anche lì valgono le risorse che si possono mettere in campo e quelle dell’uomo più ricco d’Italia sono davvero tante. La partita è truccata dall’inizio. Si parte sempre da tre a zero e si deve risalire la china, sapendo già che l’arbitro è venduto. Certo la partita va giocata lo stesso. Ma la democrazia è davvero altra cosa. E’ partecipazione, di tutti, alla pari delle possibilità. In questo tempo in cui il modello "berlusconiano" è in crisi mondiale a Ugo Cappellacci debbono giustamente tremare i polsi per il compito che lo attende, visto che dovrà gestire l’emergenza con le ricette culturali che hanno giocato a provocarla. Per uscirne vivi, a nostro avviso, la ricetta Soru sarebbe meglio servita, e se non piace il logo che abbiamo scelto si può chiamarla ricetta Obama. Ma è cosa diversa dalla ricetta berlusconia che mira alla sottovalutazione della dimensione reale della crisi ( leggi disoccupazione di massa e impoverimento di tutti, con le banche praticamente fallite) in attesa che tutto riprenda come prima. E allora giocoforza serviranno televisione e partite di calcio in digitale terrestre per tutti. E sanremi. E grandi fratelli. Che ha da passare la nottata. Renato Soru, è innegabile, ci aveva fatto sognare in una svolta praticabile e non scontata. Ma è davvero l’ora di vivere la Modernità che si è lasciata il medio Evo alle spalle: e di smettere per sempre di credere che le cose possano accadere anche in grazia di un miracolo.
Sergio Portas
AVEVA FONDATO A CAGLIARI, L’ASSOCIAZIONE "OPERAZIONE AFRICA"
LA MORTE DI PADRE GIOVANNI PUGGIONI
E’ morto Padre Giovanni Puggioni il sacerdote gesuita che ha fondato a Cagliari, Operazione Africa. L’associazione nasce nel 1962 ma si è costituita ufficialmente nel 1973, ed è divenuta Onlus nel 2002. I suoi collaboratori sono stati soprattutto giovani universitari provenienti da tutta la Sardegna. In tutti questi anni Padre Giovanni, con Operazione Africa ha realizzato una grande quantità di opere rivolte ad alleviare la fame e le malattie che colpiscono tanti nostri fratelli più piccoli. Tutte le iniziative sono sempre state rivolte in particolare alle missioni sarde che si trovano in Africa, per lo più nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire), ma anche nel Rwanda, nel Madagascar e nel Brasile. Nel 1970, insieme a 5 studenti del Liceo Dettori, P. Puggioni si recò nel Congo dove costruì, grazie ai contributi dei fedeli della Sardegna, una scuola a Copocabac
a ed un’altra a Kason Goulunda, ai confini con l’Angola. Questa scuola serve oggi 15 villaggi della zona. Rientrando verso la Sardegna, passarono per Mosango, dove ebbero modo di visitare l’ospedale dei bambini, una grande capanna, pochi stracci e tanti bambini colpiti dalla lebbra, alcuni dei quali completamente sfigurati. Due anni dopo, P. Giovanni ritornò a Mosango e seppe della morte di altri bambini stroncati dalla fame e dalla lebbra. Al suo rientro in Sardegna lanciò una grande campagna di informazione relativa al problema che queste due grandi piaghe rappresentavano e tuttora rappresentano per l’Africa. Raccolse così altri fondi e pochi anni dopo vide la luce l’Ospedale Sardegna di Mosango. Fino ad oggi questo ospedale ha potuto salvare 170.000 bambini. Ogni anno circa 5.000 bambini giungono all’ospedale portati in braccio dalle loro mamme, dopo aver percorso a volte centinaia di chilometri a piedi. Questi pochi fortunati vengono salvati. Fu costruito inoltre l’acquedotto e furono inviati un container e due aerei pieni di attrezzature, tra cui 110 letti e circa 30 tonnellate di di attrezzature ospedaliere. Oggi l’Ospedale Sardegna di Mosango vive grazie all’aiuto finanziario proveniente dalla generosità della popolazione sarda. Sono stati costruite ancora, anche se in tempi diversi, una scuola professionale e nel 1988 a Tumikia, l’Ospedale Trexenta, dovuto soprattutto ai contributi di decine di giovani che si sono mobilitati in quella zona della Sardegna, più un’altra scuola e due padiglioni ospedalieri, uno a Jakamba e l’altro a Kinshasa.
Alessandra Atzori
IPOTESI SULLE PRATICHE NEI RITUALI MAGICI DELLA SARDEGNA
IL CULTO DELLE ACQUE
Dei quattro Elementi, l’Acqua, è quella sostanza che, in qualche modo li contiene tutti. Quello che potrebbe sembrare un paradosso, riferito al fatto che l’acqua non può contenere il fuoco, è oggi un mito oramai sfatato. dal momento che una recentissima scoperta scientifica ha dimostrato che l’acqua si incendia… Si l’acqua è infiammabile! Lo afferma uno scienziato americano che dopo la scoperta è stato contattato dall’Alto Comando Militare (USA) affinché collabori strettamente con loro (come sempre). La scoperta è avvenuta in seguito a degli esperimenti in campo Bio-Genetico quando si tentava di bombardare alcune cellule cancerose con le onde radio a bassissima frequenza. Improvvisamente il liquido che le conteneva investito dai raggi delle micro onde, si è letteralmente incendiato bruciando sino a scomparire senza lasciare tracce. Lo strano fenomeno ripetuto più volte. ha attestato che l’acqua, quindi, è infiammabile. Questa inusitata sbalorditiva scoperta, ha sfatato quindi il luogo comune che vuole l’acqua, ignifuga, potendosi trasformare, sì in vapore, ma solo con l’ebollizione. Dal momento che, contrariamente, si è dimostrato che si possa incendiare. L’aspetto paradossale, si dissolve come la stessa acqua usata nell’esperimento, pertanto, come dicevo, questo Elemento contiene in parti "indefinite" tutte le sostanze che lo rende simile, anzi uguale agli altri Tre Elementi. Fin dalle origini, l’Acqua, è stato il veicolo principale che ha creato e permesso la vita. Questo Elemento indispensabile alla sopravvivenza è quello che fin dai tempi più remoti, l’uomo, ha tenuto nella massima considerazione come un dono divino, al quale lo ha accostato. Naturalmente questo dono prezioso ha contribuito, associandolo ad una divinità, a creare dei riti che si sono poi tramandati alle leggende giungendo fino a nostri tempi. L’Acqua è servita ai lavacri rituali, oltre che all’uso dell’igiene personale, dalla quale ha attinto, per presentarsi dunque puliti e "candidi" innanzi al Dio invocato. A questo punto, è chiaro che si sia creato un culto vero e proprio, un culto che prevede degli obblighi da seguire come rituale specifico. Questo fenomeno che ha catturato la fantasia dell’uomo sin da allora, si è manifestato nel mondo intero sebbene nelle forme più disparate… In ogni latitudine si è osservato che l’uso rituale dell’acqua è stato sempre usato ed un esempio classico moderno, è il Gange, in India. Lo stesso rituale è manifesto nel battesimo Cattolico Cristiano, nel lavaggio dei piedi usato dai Musulmani prima di entrare alla Mecca, ma questi esempi scivolano indietro nel tempo e ci riportano alle antiche culture come la Sumera e Babilonese che, nell’area Medio Orientale, tra il Tigri e l’Eufrate ha coltivato per millenni usi e costumi legati poi indissolubilmente all’acqua che i due grossi fiumi hanno alimentato la vita di quelle genti come la stessa cultura Egizia che attraverso il Nilo, tuttavia non divinizzato, per gli effetti che produceva con il ciclico straripamento delle acque, permetteva la continuità della vita elargita dal Dio – Hapy – ( Hapy; nome del Nilo dalla traduzione geroglifica) che obbligava i suoi sacerdoti ad un rispetto ferreo dei rituali. La casa – tempio del Faraone, era il luogo dove si celebravano i riti legati al Nilo: Nello stesso tempio, era situata una immensa vasca dove il Faraone assistito di sacerdoti officiava ed implorava la divinità affinché soddisfacesse i desideri e le preghiere dei fedeli. Con un sofisticato sistema idraulico, l’acqua del Nilo era portata alla vasca dove periodicamente si eseguivano i riti così officiati: I sacerdoti che facevano corona intorno al Faraone, erano vestiti di una pelle di leopardo posta sopra la tunica bianca, avevano la testa rasata, e quattro volte al giorno purificandosi con i bagni fungevano da intermediari tra i fedeli e la divinità MUT (dea della guerra e delle inondazioni) alla quale si incoccavano. Oltre che in Egitto, lo stesso culto si diffuse poi, in tutto il mondo di allora, approdando a suo tempo a Roma la dove la cultura egizia era stata importata. Roma, multietnica e culturalmente straordinariamente avanzata, era anch’essa legata al culto delle acque come, d’altronde, tutte le città del mondo antico ci riporta in Sardegna, terra dove il culto era piuttosto esteso e praticato sin dagli albori. Oltre 12000 anni fa, alla fine delle glaciazioni, nel Wurmiano, genti provenienti dall’Africa, dalla Spagna e poi dalla Liguria attraverso la Corsica che allora era ancora unita alla Sardegna in un unico "continente" chiamato Tirrenide o Posidonia, così chiamato successivamente dai Greci, queste genti iniziarono a praticare dei riti legati al culto delle acque. Tale culto era collegato alla luna che rifletteva i suoi raggi sull’acqua, creando effetti fantasmagorici che impressionano notevolmente officianti e fedeli, durante il plenilunio nelle notti tra Dicembre e Febbraio, a mezzanotte, quando la luce della luna cade perpendicolare sullo specchio dell’acqua, il riflesso argenteo che risalendo le scale fuoriesce dal pozzo,… lascia immaginare quale impressione potesse creare. (Vedi studi di Edoardo Proverbio, Astronomo, e Carlo Maxia, Archeologo, due ricercatori dell’Università di Cagliari.) Dai rilevamenti scientifici così rivelati, prendono finalmente corpo tante leggende legate a questo culto delle quali si può estrarre un compendio su quanto succedeva, allora, durante i riti. L’ imponente mastio di "Santu
Antine" è illuminato a giorno, quella, la Regia Sacra dalla quale i Sacerdoti seguiti dal Capotribù, dignitari, militari e popolo tutto in un corteo lunghissimo che si snoda fino al Pozzo Sacro, seguono il Principe. Sebbene il percorso sia brevissimo, il tempo sembra si sia cristallizzato, immobilizzato non passa più.. Il loro incedere è lentissimo nonostante il clima, quella notte, non sia troppo clemente… Il freddo della notte, quello venuto da nordest è molto pungente e graffiante, ma non incide più di tanto sui propositi che sono prefissi per quella notte e già da tempo preannunciati. Al seguito, musici ed officianti salmodianti, tutti con una torcia in mano, sfilando, creano un effetto surreale tale, impressionante e fantastico. Dentro e fuori, il Recinto Sacro antistante Il Pozzo, è gremito di gente che freme nell’attesa e fa da corona in due larghe ali al corteo che si avvicina. In piedi, un Sacerdote ed alcuni assistenti attendono il corteo con il Principe che assisterà al rito che si compirà tra breve. Un brusio generale si accende e si spegne all’istante alla presenza del capo che ha appena varcato la soglia dell’area sacra….La fissità del suo sguardo volto al pozzo, all’ingresso, si volge improvvisamente al cielo dove la luna con la sua luce splendente illumina gli astanti mentre si avvicina sempre più all’orifizio aperto sulla verticale del pozzo dove lascerà cadere i suoi raggi. A tre metri dal Sacerdote che lo aspetta, il Principe si ferma e si volta verso il suo popolo che intanto si è inginocchiato reverente in segno di rispetto. Alzata la mano destra in segno di saluto e protezione, benedice tutti e voltatosi ancora si pone innanzi all’altare che è stato allestito per l’occasione, altare sul quale, nel frattempo, era stato posto un animale da sacrificare alla Dea Madre, la Luna, che, con i suoi raggi avrebbe rigenerato l’acqua, purificata poi, attraverso il sacrificio che pochi stanti dopo si sarebbe compiuto in onore della divinità. L’aureo colore del coltello di bronzo balenò per un istante alla luce lunare ed affondò profondamente nel collo della vittima sacrificata, senza proferire un lamento, come fosse cosciente dell’importanza del suo ruolo in quella particolare occasione…Mentre il sangue sgorgava a fiotti, il sacerdote ne raccolse una piccola parte in una ciotola e ne versò alcune gocce nell’acqua del pozzo nell’istante che la luna immergeva i suoi raggi rigeneranti e purificatori sull’acqua tinta di sangue che si dissolse in un istante mentre si compiva il Miracolo. La lama di luce argentea che si stagliò dal pozzo, impressionò notevolmente la moltitudine che aspettava fremente il responso della divinità, la luce fantasmagorica che si stagliò verso il cielo illuminando l’intera area e le genti che aspettavano, le fece esplodere in visibilio con un canto di ringraziamento che preludeva allo sfarzoso banchetto organizzato in precedenza, già qualche giorno prima, nell’attesa che si compisse il miracolo tanto bramato. Alla conclusione del rito, il Principe, seguito dal corteo che lo aveva accompagnato, salutato il popolo tutto ed augurato un felice e prospero futuro… si incamminò per tornare alla regia dove l’intera famiglia a dignitari vari lo aspettavano per fare festa. Intanto la stessa festa si consumava dentro e fuori il Sacro Recinto dove le genti si erano accalcate. Il vino ed altre bevande ricavate da cereali fermentati scorreva a fiumi quella notte, accompagnando le carni che erano state arrostite e bollite poste in una marea di grossi bacili di pietra dove sul fondo, mirto ed altre erbe aromatiche impreziosivano il gusto di quelle pietanze prelibate… Non mancavano formaggi di vario tipo, frutta fresca e secca, abbondava insieme al latte freschissimo munto la stessa sera. Non mancavano neanche i pesci ed i frutti di mare di cui erano golosi e per il fatto che il mare poi, non era troppo lontano dalla zona, naturalmente c’erano anche quelli pescati nei fiumi e negli stagni dove abbondavano le anguille, anch’esse prelibatissime. Una festa meravigliosa accompagnata da canti e suoni di tamburi e strumenti a fiato, flauti e Launeddas suonavano ininterrottamente inebriando il pubblico che scioglieva i propri freni inibitori con abbondanti bevute, mentre la notte, seppur freddissima, sembrava non esistesse intanto che scorreva lentissimamente ma, scaldata da enormi falò innalzati per l’occasione e che continuavano ad ardere fin oltre il sorgere dell’alba, un alba nuova, un giorno nuovo carico di buoni auspici portati dall’evento miracoloso verificatosi nell’istante del sacrificio, in quella notte appena trascorsa. Appagati, finalmente, gradualmente tornarono tutti alle loro capanne.
Pier Paolo Saba
DUE ANNI CALCISTICI STRAORDINARI PER IL CAGLIARI CALCIO
L’EXPLOIT DEI "ROSSOBLU" HA IL VOLTO DI MASSIMO CELLINO
Il volto della squadra calcistica del Cagliari di oggi, è quello di Massimo Cellino, 53 anni, cagliaritano doc. Il Gruppo Cellino, che lavora il grano, viene considerato un grande importatore mondiale di cereali con fatturato annuo consolidato di circa 400 miliardi delle vecchie lire, tra dipendenti (450) e lavoratori dell’indotto (valutabile in circa 1.200) costituisce una importante fonte di reddito per un numero considerevole di famiglie sarde. La gestione oculata delle società e la dinamicità impressa loro da Massimo Cellino, le elevano, in breve tempo, a livelli altissimi di efficienza e di competitività tali da creare indubbi vantaggi alle aziende sarde del Gruppo. Il Gruppo ha negli anni differenziato i propri interessi commerciali ed imprenditoriali, ma la sua principale attività rimane la commercializzazione e trasformazione dei cereali. Ad oggi può essere annoverato a pieno titolo tra le principali industrie molitorie europee. Nel giugno 1992 è subentrato alla famiglia Orrù nella proprietà del team sportivo del capoluogo sardo coinvolgendo tutta la sua famiglia nella gestione della società. Il cammino alla guida del Cagliari non è mai stato facile. Il calcio italiano è una sfida continua, contro realtà più attrezzate e potenti economicamente. Più volte ha espresso stanchezza e l’intenzione di lasciare, ma alla fine è sempre rimasto al suo posto. Di fatto, la sua presidenza è la più longeva nella storia del club rossoblu. Nel 1994 fa realizzare ad Assemini il Centro Ercole Cellino. Si tratta di un complesso sportivo con campi di calcio in erba e strutture di eccellente livello, destinato a ospitare la prima squadra e le formazioni del settore giovanile. Un autentico gioiello che riscuote l’ammirazione d
alle più importanti società calcistiche italiane. Due anni incredibili quelli che sono trascorsi dal Cagliari calcio. Due anni, che hanno messo a repentaglio le fragili coronarie dei tifosi. Il tifoso, si sa, è sempre esigente e la politica societaria volta al risparmio non è mai compresa appieno. Sulla graticola, da sempre, c’è il presidente Massimo Cellino. Un personaggio che certo non le manda a dire e che nel palazzo dei poteri a causa della sua schiettezza, non ha tantissimi amici. E se vogliamo, anche in curva fra i sostenitori più accesi. Ogni anno, sulla carta, la squadra rossoblu sembra indirizzata ad oscuri orientamenti finali che non hanno nulla di positivo. Ma al termine della stagione sportiva, Cellino come per magia, nelle sue travagliate gestioni con cambi continui di allenatori e giocatori, è sempre riuscito ad estrarre dal cilindro riparatore, il jolly del momento. E bisogna dare atto a Cellino, di saperci davvero fare a riguardo. Chapeau direbbero in Francia. E forse, anche i tifosi ultrà del Cagliari dovrebbero comprenderlo. Si perché la conduzione della società Cagliari calcio è una delle migliori della serie A pallonara di casa nostra. Il Cagliari Calcio è stato inserito in fascia A, quella che contraddistingue le società più sane dal punto di vista economico. Niente spese folli quindi, ma bilanci che devono quadrare e ricerca continua di giovani di belle speranze da lanciare e poi da rivendere al migliore offerente. E così è anche per gli allenatori che vengono lanciati sulla piazza della seria A. Magari fanno bene e chiedono subito un adattamento finanziario. Il patron del Cagliari, non si scompone e li mette alla porta. Da sempre. Anche più di uno all’anno, come è successo nella stagione 2007 – 08, quando in un mese sulla panchina della squadra hanno seduto quattro "mister" diversi. A metà cammino dello scorso anno, nessuno avrebbe scommesso un euro sulla salvezza del Cagliari, mestamente ultimo staccato dalle altre pretendenti a rimanere nella massima serie. A gennaio, Cellino è andato a cercare giovani fenomeni che militavano nei campionati minori e li ha affidati all’allenatore Ballardini. Ogni anno per lui, tutte le scelte riproducono una scommessa. Quella della stagione scorsa, forse era qualcosa di più. Il girone di ritorno, ha visto il Cagliari viaggiare con una media punti da scudetto e la salvezza, fra mille elogi, è arrivata con largo anticipo. La banda terribile di Ballardini aveva fatto il miracolo, con tanti esiti positivi grazie ad atleti semisconosciuti quali Acquafresca, Matri, Cossu, Jeda, Biondini… Ma l’apoteosi è con quest’ultimo campionato: mandato via Ballardini perché aveva mostrato interessamento ad un adeguamento economico, Cellino ha pescato un allenatore giovane di serie C, Massimiliano Allegri, fra l’altro ex calciatore del Cagliari negli anni 90 e gli ha commissionato la panchina. Una squadra che imbocca il campionato con 5 sconfitte consecutive, 99 volte su 100 alla fine della stagione, retrocede. Il Cagliari ha cominciato proprio così: zero punti in 5 partite. Tutti attendevano l’ira furibonda di Cellino, che già mal digerisce due sconfitte consecutive. Immaginarsi cinque! Invece niente. Starà male? Si chiedevano i tifosi. L’ironia sugli spalti alla sesta partita che era un Cagliari – Milan era eloquente. Uno striscione su tutti faceva gioco con il cognome dell’allenatore: "Cagliari, c’è poco da star Allegri!". Il termine più azzeccato era rassegnazione. Eppure, nonostante lo zero a zero di quella partita, da quel giorno la squadra ha cambiato fisionomia. Concretezza, velocità, efficacia hanno fatto si che la compagine rossoblu avviasse un’ascesa senza precedenti con risultati positivi in serie oltre le più rosee previsioni. Violati tanti terreni di gioco di super squadre fino all’exploit a Torino con la Juventus (dopo aver sfiorato quello milanese con l’Inter). La salvezza è acquisita con largo anticipo. Addirittura oggi il Cagliari sogna un posto per giocarsi una competizione in Europa, tra le squadre calcistiche più meritevoli di ogni nazione.
Massimiliano Perlato