di Raffaella Enis
Cristina Meloni è la seconda artista selezionata per il progetto Berlin-Island ideato da Giovanni Casu e curato da Giusy Sanna, in collaborazione con il Sardisches Kulturzentrum Berlin. Berlin-Island prevede un periodo di residenza di tre mesi per due giovani artisti sardi negli spazi di Culturia. Lo scopo è quello di far entrare gli artisti sardi in contatto con la scena artistica internazionale, fornendo gli strumenti per sviluppare le loro potenzialità in un contesto di sperimentazione dove viene posta particolare attenzione al processo artistico. La ricerca artistica di Cristina Meloni ha avuto un’evoluzione sempre più intimistica: i suoi lavori incentrati dapprima su se stessa e la figura della donna artista, con giochi ironici tra sessualità e sensualità, esplorano oggi terreni differenti, focalizzati su particolari corporei unici, evidenziando la forma o la deformazione. Segni che delineano un percorso tangibile del passaggio del tempo sul corpo.
Cristina, tu sei stata selezionata per il progetto Berlin-Island. Ci puoi dire brevemente di cosa si tratta? Berlin-Island è un progetto di residenze della durata di 3 mesi che mette a confronto la realtà sarda con quella berlinese, con l’intento di avvicinare gli artisti sardi che normalmente sono molto lontani dalle realtà artistiche contemporanee.
Raccontaci un po’ di te e della tua formazione. Sono nata ad Alghero, dove vive la mia famiglia e dove ho frequentato l’Istituto d’Arte, sezione grafica. Mi sono poi iscritta all’Accademia di Belle Arti di Sassari, periodo che è stato molto proficuo dal punto di vista didattico, è da allora che ho iniziato ad avere i primi approcci con l’arte contemporanea. Dapprima ho fatto un corso della durata di quasi un anno come costumista a Cagliari, durante il quale ho avuto varie esperienze con varie compagnie come Akroama e Teatro di Sardegna. Successivamente dopo uno stage al Teatro Lirico di Cagliari ho collaborato come assistente per le costumiste Stefania Grilli e Elisabetta Montaldo. Dopo questi due anni di esperienze teatrali a Cagliari ho deciso di iscrivermi alla Specialistica dell’ Accademia di Belle Arti di Urbino: MFA, Master of Fine Art.
In cosa consiste il tuo lavoro di artista? Il mio lavoro si basa soprattutto sulle mie esperienze personali, inizialmente ho lavorato col tema dell’identità, della donna e in particolare della casalinga nelle sue varie accezioni. Un tema sicuramente molto sfruttato, io l’ho trattato pero’ in maniera ironica e pungente, con delle note sessuali accattivanti. Adesso il mio lavoro è molto più introspettivo, è cambiato dal punto di vista formale, cerco infatti di porre uno zoom su dettagli che generalmentepassano inosservati, dandogli una sorta di nuova vita, faccio diventare un qualcosa diverso da ciò che in realtà è. Ingigantire una parte del corpo, ad esempio una cicatrice e farla diventare qualcos’altro, non farla sembrare più una cicatrice, maun’altra immagine.
A proposito dei tuoi lavori, ciò che emerge è un’indagine rivolta alla fisicità, toccando aspetti
intimi e profondi, che vengono letti sempre in chiave ironica, possiamo dire che c’è anche una
critica ai modelli imposti dalla società? Inevitabilmente è presente anche questo tipo di critica. Nel 2007 feci un lavoro che si chiama New Look, quello è assolutamente rivolto in maniera critica a determinate tematiche sociali, come ad esempio, i disturbi dell’alimentazione, in quel lavoro utilizzo dei vestiti di carta che sono però di taglie molto più piccole della mia, il mio contorno infatti trasborda.
Insieme ad altri artisti ed operatori dell’arte fai parte dell’associazione “Progetto Contemporaneo”, attualmente quali sono i vostri progetti? Si, l’associazione è formata anche da Paolo Carta, Pierpaolo Luvoni, Giangavino Pazzola, Giorgio Plaisant e Mariella Manconi. Quest’estate abbiamo avviato il nostro primo ambizioso progetto “Candelieri4Residencies”, un programma di residenze internazionali alla prima edizione. È un progetto che mira a coinvolgere gli artisti su un tema della tradizione popolare e religiosa sarda. I Candelieri sono ceri simbolici dalle origini antichissime, che vengono trasportati in una processione per le vie di quattro cittadine Sassari, Iglesias, Ploaghe e Nulvi. Gli artisti che hanno partecipato a quest’edizione sono Arianna Carossa, Gabriele Arruzzo, Helena Hladilova, Namsal Siedlecki e Silvia Camporesi. Attraverso questo progetto il territorio della Sardegna diventa un laboratorio creativo; sotto il profilo artistico infatti il territorio sardo presenta diversi aspetti sui quali si possono attuare delle riflessioni e penso che anche in futuro potrebbe essere utilizzato per progetti di questo tipo, in maniera molto produttiva. Parliamo un pò del contesto in cui ti trovi adesso, come stai vivendo questa nuova esperienza a Berlino? Premetto che io non sono mai stata a Berlino prima d’ora, quindi per me è tutto completamente nuovo. Ho viaggiato parecchio, però non ho mai vissuto per un lungo periodo in una grande città, quella più grande in cui ho vissuto è stata Cagliari, poi Sassari e Urbino. Sassari è una città costruita attorno all’uomo, puoi andare a piedi in diverse zone della città, Urbino è una cittadina piccolissima invece. A Berlino sto vivendo la mia prima esperienza in una città vera e propria, dove ci si muove quasi sempre con la metro per percorrere le grandi distanze.
Berlino è ormai diventata la capitale dell’arte contemporanea, come la vedi da questo punto di vista? Sotto questo punto di vista Berlino è una città sempre in fermento, ci sono circa 40 inaugurazioni la settimana e non si riesce a stare al passo con tutto quello che succede.
Come vivi l’esperienza con gli altri artisti internazionali nella sede di Culturia? Nell’appartamento dove vivo a Culturia, ci sono altre due artiste di nazionalità diverse, una ragazza sudcoreana Kim Yoon Hee, una ragazza greca Elena Chronopoulou e la curatrice spagnola Carolina Jimenez. Finora con loro c’è stato un interessante scambio culturale, parliamo di ciò che abbiamo studiato, di poeti e filosofi che hanno influenzato le nostre esperienze artistiche, che sono comunque molto diverse.
Per quanto riguarda i poeti o gli artisti che ti hanno ispirato, puoi citare qualcuno? Si tratta perlopiù di artiste femminili, un’artista fondamentale è stata sicuramente Marina Abramovic, anche Sarah Lucas è un punto di riferimento per me. Ma anche Luigi Ontani, Gino de Dominicis, Janine Antoni, Ai Weiwei, Jana Stebark, Kiki Smith, e Felix Gonzalez-Torres. Tuttavia forse ciò che influenza di più il mio lavoro sono i miei libri, i miei oggetti, le mie cose il mio spazio.
Pensi che dal punto di vista artistico ci siano delle caratteristiche che contraddistinguono gli artisti sardi? Sicuramente gli artisti sardi sono caratterizzati da una maggiore libertà di espressione, sono poco condizionati dalle leggi del mercato o da quello che va di moda. La Sardegna non è per niente inserita nel sistema dell’arte contemporanea, questa è una sfortuna, ma anche un vantaggio perché in questo modo ci sentiamo più liberi. Poi ormai viviamo in un’epoca di grande connettività dove si può leggere tutto, vedere tutto quasi in diretta.
Quali sono i tuoi progetti per i prossimi mesi a Berlino? Ci sarà una mostra a novembre del Berlin-Island, dove parteciperanno anche gli artisti sardi immigrati di seconda generazione. Poi ci sarà la mostra a fine residenza con Culturia.
Alexandra Porcu (presidente Sardisches Kultuzentrum): Nei tuoi lavori si può ritrovare qualche sfumatura che possa definirsi tipicamente sarda? Non credo che ci possa essere qualcosa che mi definisca sarda nel mio lavoro, di sicuro però quello che faccio è determinato anche dalle mie esperienze, quindi di conseguenza anche da quelle che ho fatto in Sardegna dove ho trascorso la maggior parte del tempo.