di Claudia Sarritzu
“L’ente lirico è una azienda, visti i buchi di bilancio che ha prodotto in questi anni dovrebbe chiudere. Lo fa l’Alcoa perché non l’ente lirico?” Abbiamo raccolto in questa intervista il parere irriverente di Gianluca Medas, della Compagnia teatrale Figli d’arte Medas.
Molti hanno definito i tagli al teatro la morte del settore, è davvero così? Il mio settore, è morto da tempo, e senza la necessità dei tagli. È morto nel momento in cui le grosse realtà di produzione, le stesse che un tempo si erano impegnate nel creare un circuito decentrato, oggi si sono istituzionalizzate, e legate più ai numeri piuttosto che alla qualità della proposta, alla politica piuttosto che al mercato. In Sardegna la morte del teatro è avvenuta nel momento in cui la legge 18, ideata ed impostata da un personaggio che io stimo moltissimo, Simonetta Sanna, all’epoca nella commissione cultura, approvata dal Consiglio Regionale, non è mai entrata in vigore. Il nostro settore vive, ripeto, a parte qualche realtà seria, solo perché riceve i soldi dalla Regione che si limita a distribuire risorse senza dare alcuna importanza alle idee né alla ricaduta delle stesse. Per ricevere soldi è necessario: avere almeno tre anni di attività continuativa, avere almeno due buste paga, fare un buon preventivo e fare un buon consuntivo blindato, senza contraddizioni di carattere burocratico. Conoscere uno o più membri della commissione cultura della Regione, o consiglieri della Regione. Mentre qual ora si decidesse di passare alla nuova legge, la 18, ripeto, approvata ma non messa in pratica, qualche cosa potrebbe cambiare, poco, ma abbastanza, a patto di mettere in evidenza le innovazioni.
Gli enti lirici dovrebbero essere ripensati? Un’azienda che produce debiti che devono pagare i cittadini, va perlomeno aggiustata. I prezzi che circolano per ingaggiare cantanti, direttori d’orchestra, registi, ecc. sono “drogati” dalle varie agenzie, e dai procuratori, un po’ come nel calcio. Nella lirica il problema non sono i coristi e gli orchestrali il cui disagio, causato dai tagli viene il più delle volte utilizzato per succhiare altri denari alla collettività ( sarebbe bello sapere dove sono andati a finire due anni di soldi stanziati dal MIBAC, almeno 4 milioni di euro e gestiti dall’ente lirico. Chissà se la finanza ci ha messo il naso?). Se, come è stato detto in un incontro sullo stato delle arti, l’ente lirico è una azienda, visti i buchi di bilancio che ha prodotto in questi anni dovrebbe chiudere. Lo fa l’Alcoa perché non l’ente lirico?
In che modo si lavora senza finanziamenti? Legandosi al territorio. Noi quest’anno abbiamo fatto più di cento spettacoli e i soldi della Regione per il 2012 non li abbiamo ancora ricevuti.
Alcuni penseranno che hai dei mecenati pronti a sovvenzionarti, tu cosa rispondi? Non rispondo. Mi basta fare il mio lavoro, e fino a quando il territorio continuerà a chiamarmi per farsi raccontare dalle mie narrazioni, mi sentirò parte di questa terra.
La gente nonostante la crisi ama ancora il teatro ed è disposta a tagliare qualche altro consumo? Diciamo che le persone non sono disponibili a spendere per ciò che non le rappresenta. Nelle città si assiste a un incremento di spese sui biglietti per il teatro rispetto a quelli per il cinema. Il fatto è che questo dato parla ancora una volta della città. Il territorio non ha soldi pubblici, anche se ci sono decine di teatri senza “inquilini”. Nelle feste patronali dei paese si propongono solo concerti di gruppi musicali, anche insignificanti, i politici non hanno una vocazione alla distribuzione di risorse per aumentare la qualità della cultura, rende di più, in termini di utilitarismo politico spicciolo, stanziare denari nel territorio per far costruire strade, creare cantieri, costruire ambulatori.