I festival letterari sono in pericolo, i festival stanno morendo. Per guarire il malato grave forse può servire l’analisi del contesto genetico e ambientale e l’esame dei sintomi della malattia. Negli ultimi dieci anni la Regione Sardegna ha realizzato un miracolo: con 500.000 euro all’anno, un decimo di quanto spende per qualsiasi progetto di sviluppo territoriale senza risultato, ha inventato il festival letterario sardo. Un’entità di successo nazionale e internazionale, un piccolo gioiello di cui la cultura in Sardegna può andare fiera. A Gavoi, a Cagliari, a Seneghe, avviene ogni anno un piccolo miracolo con la presenza di artisti interessanti, stimolati dalla presenza di un pubblico attento, intelligente, partecipe. Alla nascita dei festival letterari sardi hanno contribuito tanti elementi. Certo ha influito il modello costituito dai tanti festival europei che hanno una vita che supera il mezzo secolo. Festival di musica, di teatro, di poesia. Nati per iniziativa spesso di artisti e intellettuali innovatori che volevano portare l’arte in situazioni e contesti inediti, sono stati sostenuti e consolidati nel tempo dalla fiducia delle istituzioni. In Inghilterra e in Francia il festival sembra avere dietro di sé le amministrazioni pubbliche e i corrispettivi dei nostri assessorati al turismo che vedono in essi un’attrattiva capace di variare e arricchire l’appeal di località di soggiorno estivo. Chi si fermi un momento a considerare lo stato di salute di tutti questi organismi oggi in Sardegna trova subito la spiegazione della crisi gravissima dei festival letterari. I fondi sono stati decurtati, alcuni contributi sono svaniti nel nulla. A questo si aggiungono i ritardi, le incertezze, il quadro generale di instabilità. I festival 2012 si celebrano sotto il segno del rischio e dell’azzardo per le associazioni culturali responsabili, appena mitigati dalla fiducia degli enti locali. In una regione turistica i festival di ogni arte costituiscono probabilmente un fenomeno irreversibile. Sono lo strumento più semplice per intrattenere con una spesa relativamente modesta i residenti e i visitatori di età e livello culturale che non si accontentino dell’ombrellone e della sala da ballo. Per questo oggi tutti vogliono il loro festival e il numero di domande indirizzate agli assessorati si avvicina ormai a quello complessivo delle città e dei paesi sardi. A questo punto ci sono solo due alternative: o qualcuno dall’alto sceglie un numero di iniziative degne di un sostegno forte e garantito, oppure chi vuole fare il festival deve procurarsi per conto suo i soldi per realizzarlo. E’ quello che sembra pensare l’attuale assessore alla cultura quando afferma che il futuro dei festival può essere garantito solo dalle sponsorizzazioni private. Solo che la Saras inquina in Sardegna ma finanzia l’Inter a Milano, non i festival letterari. E il resto del tessuto produttivo non mostra particolare interesse per il sostegno alle iniziative culturali. A parte naturalmente l’eccezione positiva della Fondazione Banco di Sardegna, che però non può far fronte a tutto. E’ evidentemente impossibile che la Regione finanzi ogni domanda di festival o di sagra di paese. Probabilmente la risposta si trova nelle scrivanie dei sindaci e nelle volontà delle amministrazioni. Solo le decisioni delle comunità locali, degli amministratori e soprattutto dei cittadini, possono stabilire se in questi tempi difficili si vuole continuare a scommettere sull’intrattenimento e sull’animazione culturale. Cooperativa Teatro e/o Musica
L’amministrazione comunale di Calasetta da sempre sensibile all’arte quest’anno ha deciso di investire su un nuovo festival culturale “Liberevento” , questo dimostra che tutto si può fare anche senza i finanziamenti regionali basta saper gestire in modo occulato le finanze, così come ho fatto io avendone la direzione artistica. E se lo facciamo noi non capisco perché non riescano gli altri!!