La mafia in Sardegna esiste. Essere consapevoli dell’esistenza di un problema è il primo passo per trovare una soluzione. E’ quello che tutti si sono auspicati nell’aula magna del liceo classico Siotto di Cagliari dove venerdì 1 giugno i Giovani Democratici e Il laboratorio di partecipazione politica in collaborazione con Libera hanno organizzato l’incontro: “giovani e legalità, Sardegna libera dalle mafie”. Farne una cronaca fedele rischierebbe di sminuire l’intensità del dibattito, è invece necessario che ogni singolo partecipante sia un buon conduttore di antimafia, a modo proprio. Dai presupposti che hanno animato gli organizzatori alla commozione di Paolo Costa che con Libera è diventato la nuova famiglia di una ragazza che ha perso la madre a causa della mafia emerge la forte sensibilità di chi la mafia l’ha vista nelle fiction, nelle cronache e nelle commemorazioni e che solo raramente come nel caso di Paolo ha toccato con mano la sofferenza di chi è rimasto orfano di un genitore e tutti noi orfani di giustizia. Nei messaggi di Rita Borsellino e Nando dalla Chiesa c’è l’invito alla responsabilità, nelle nostre comunità, nei nostri partiti, in Italia e in Europa. Saper essere assettici nella visione del fenomeno ci aiuta a conoscerlo, a farlo emergere e a combatterlo in qualunque luogo si manifesti, in qualunque forma, anche in quelle che oggi pensiamo siano delle semplici organizzazioni criminali. Il Pubblico ministero Mauro Mura e l’analisi della criminalità organizzata in Sardegna hanno aperto il sipario sulla storia della criminalità sarda, quella che passa nei tg regionali come una semplice notizia di cronaca, dalla rapina al sequestro di beni, sottovalutando i collegamenti con la criminalità di altre regioni, non riuscendo ad andare oltre il reato, oltre quelle foto segnaletiche ognuna tessera di un mosaico che dal traffico internazionale di droga all’usura arriva sino al ventre delle nostre comunità. Le parole degli amministratori sono forti come roccia, che si tratti di Ottana, dove è stata fatta esplodere una bomba al comune per distrarre le forze dell’ordine dalle fucilate dirette pochi minuti dopo al sindaco, o a Golfo Aranci dove si è gridato ad alta voce che la mafia è anche in Sardegna, talmente forte da arrivare a Roma, o a Monserrato dove il sindaco riceve una lettera minatoria, si ritrova un uomo armato nel suo ufficio e una mattina si sveglia e l’auto del figlio è incendiata. Maddalena Calia ex sindaco di Lula ha raccontato come si è vissuto sotto scorta, come si vive nell’aver ridato non solo un’amministrazione ma dignità e orgoglio a una comunità. Giampiero Farru di Libera Sardegna ha parlato dell’associazionismo antimafia, quello che aggrega centinaia di giovani, non solo per le manifestazioni, Libera ha realizzato nei terreni confiscati alla mafia i campi scuola dove all’attività agricola di accompagna la formazione alla legalità, un esempio tra i tanti è quello di Gergei dove da un piccolo terreno roccioso sono stati piantati 900 piante di fico d’india, 900 come il numero di vittime innocenti della mafia. Nell’omertà c’è tutta la difficoltà di sopportare il muro del silenzio nel quale si è scontrato Pino Tilocca, sindaco di Burgos, che ha visto l’omicidio del padre e la profanazione della tomba della madre mentre nulla si faceva per isolare i colpevoli. Senza colpevoli significa senza giustizia. Dopo un interrogatorio Antonio Ingroia ha il tempo di essere in collegamento telefonico con i partecipanti all’iniziativa, per ricordare che la mafia non è più un fenomeno regionale ma fa affari in tutto il mondo, con altre organizzazioni criminali e che la speranza per i giovani a continuare questa missione di legalità può rinnovarsi ricordando le parole e l’operato di Falcone e Borsellino che sono stati i maestri di Ingroia. Nel saluto di Massimo Zedda c’è la lente d’ingrandimento sulla politica che da avamposto nei confronti della mafia è passata ad avere nelle sue fila personaggi condannati per reati di mafia. In conclusione le considerazioni di Rosario Crocetta, eurodeputato ex sindaco si Gela. Nel 2003 fu sventato un agguato della Stidda che aveva assoldato un killer per uccidere il primo cittadino gelese durante la processione dell’Immacolata dell’8 dicembre. Da quel momento gli viene assegnata la scorta. L’8 febbraio 2008 viene reso pubblico l’esito di una indagine dei magistrati di Caltanissetta e si scopre che Rosario Crocetta è il bersaglio di un progetto di attentato da parte della mafia. Da questo momento la scorta passa da tre a 6 unità, il massimo numero di agenti riservato alle più alte cariche dello stato. Vivere con la consapevolezza che qualcuno ti vuole morto e ringraziare Dio per ogni giorno di vita che ti regala, tra le tante parole sul fenomeno mafioso, nel ricordo di Peppino Impastato, Crocetta non riempie il coraggio dei giovani con la retorica ma conclude dicendo che nella sua vita ha preferito essere condannato a morte piuttosto che vivere nell’illegalità.
LA MAFIA IN SARDEGNA ESISTE: GIOVANI E LEGALITA', UN CONVEGNO AL LICEO CLASSICO "SIOTTO" DI CAGLIARI
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