Non avevo alcun ricordo delle Terme romane di Fordongianus. Viste le avevo viste, ma all’incirca trent’anni fa. Bei tempi quei tempi, avevo un anno e i miei genitori mi spupazzavano ovunque. Nessun problema mi sono detta mentre preparavo il mio itinerario di viaggio estate 2011. Eh già, perché io sono una di quelle viaggiatrici munite di itinerari, cartine e guide, che viaggiare come mosconi impazziti ha davvero poco senso! Dicevamo del mio itinerario di viaggio: l’ho confezionato lungo tre settimane e la sua seconda tappa è stata interamente dedicata all’acqua in molte delle sue declinazioni: dolce, salata, tiepida, fredda, sacra…
Il viaggio Cagliari – Fordongianus non è spiacevole, la strada si fa avanti pigra, un poco insonnolita, esattamente come chi la percorre. E’ dopo circa un ora di andare monotono che il paesaggio si risveglia, la macchina inizia la sua salita e Fordongianus si mostra in lontananza. Impossibile non notare la piccola chiesetta campestre di Santo Lussorio, mosaico di mattoni che sfiorano tutte le sfumature dell’arancio e del rosa. La si visita piacevolmente, piccola, tozza nel suo grossolano e rassicurante stile romanico, con quel pizzico di mistero che non guasta, regalato dalla cripta visitabile. Il ricordo di un antico pozzo sacro, da al luogo una sacralità tutta pagana.
Il tragitto che separa le acque sacre da quelle profane delle terme romane è davvero breve, intervallato dalla storica Casa Madeddu. Vecchia di secoli, conserva quella sua alterigia spagnoleggiante, e a visitarla ci si immagina che abbia vissuto giorni ben più chiassosi. Oggi è una vetusta signora silenziosa che ancora vive e fiorisce in quel suo giardino interno, segreto, profumato di mirto e rosmarino.
Appena raggiunte le Terme, ho avuto la sensazione vaga d’aver già visitato quel luogo. La piscina più grande s’affaccia contro un colonnato che ancora resiste al proprio peso e a quello dei molti turisti che lo visitano. L’acqua della piscina principale è tiepida e in questo periodo bassa, tanto che se ne intravede il fondo raggiungibile discendendo alcuni ripidi scalini. Mentre mio marito esplorava i dintorni, io, seduta sui gradoni di pietra massiccia, mi sono goduta il mormorio dell’acqua che alimenta la piscina principale. Un tempo le donne di Fordongianus inchinate sul medesimo gradino, hanno lavato i propri panni, e chissà quante hanno spellato le proprie galline bagnandole in quella pozza d’acqua calda. Già, alle terme non c’è solo acqua tiepida e fredda, ma anche una piccola pozza d’acqua smeraldina che scotta le mani di chi la tocca. Miscelata per bene, un tempo regalava bagni tiepidi e rigeneranti. Oggi è lì, placida, in attesa che qualche visitatore sprovveduto immerga la mano.
Abbiamo pranzato fronte Tirso. Asciugamano a terra, panini e acqua fresca. Pareva un picnic organizzato fin nei dettagli, invece è stato solo un piacevole fuori programma.
A Fordongianus abbiamo lasciato qualcosa da vedere, tanto per aver il pretesto di tornarci, e ci siamo diretti verso Cabras distante meno di una ventina di minuti. Del tragitto ricordo solo il caldo insistente e la voglia di visitare quel villaggio fantasma silenzioso e solitario. Vive letteralmente in bilico fra mare e terra ed al suo ingresso c’è un piccolo bar sonnecchiate, fantasma anch’esso.
Negli anni sessanta il borgo fu utilizzato come set per alcuni film western; niente di più azzeccato! Lo si capisce subito appena lo si visita. Regolare nella forma, è fatto di pochi vicoli diritti che aggirano il nucleo centrale: una piccola chiesetta, ciliegina sulla torta. Le case oggi sono abitate durante la stagione estiva dai proprietari in villeggiatura, ma a parte una signora che intrecciava cesti di giunco e rafia ed il guardiano della chiesetta, San Salvatore era tutto per noi e per un gruppo di francesi che si facevano sentire.
Quelle che oggi sono piccole villettine, un tempo erano cumbessias, case abitate solo durante la festa religiosa, e i festeggiamenti dovevano essere cosa non da poco se la piazza del villaggio si chiama Pratza de sa festa, per dirla in italiano Piazza della festa. La piazza da accesso alla piccola chiesetta, che è il cuore intorno al quale il villaggio ha preso a pulsare. E’ piccola, più di quanto possiate immaginare, ma riserva delle sorprese a chi discende gli scalini ripidi che conducono alla cripta.
E’ un mondo di soffitti a botte, di pozzi e di pareti che custodiscono graffiti antichi, purtroppo non tutelati a dovere. Discesa la scala, percorrendo un breve corridoio umido e fresco, si raggiunge il fulcro di tutto San Salvatore: il pozzo sacro che doveva apparire ben diverso in epoca nuragica, ma che ancora mantiene un’indiscutibile suggestione.
Prima di far rientro a Cagliari abbiamo dovuto dare almeno uno sguardo alla chiesetta paleocristiana di San Giovanni di Sinis, una delle due più antiche di tutta la Sardegna, unica nelle forme, che ha raccolto le preghiere dei pescatori che tutto intorno le vissero.