di Vitale Scanu
Gli storiografi, tra i metodi per stabilire l’antichità di un nucleo abitativo, mettono anche quello della dedica devozionale a un santo patrono della chiesa parrocchiale. Il “titolo” – così viene definita tale dedica – stabilito dall’autorità ecclesiale, quasi mai viene cambiato lungo i secoli. Esso è perciò indicativo del periodo storico che registra la nascita di quella comunità. E’ un dato di fatto storico-religioso che significherà pur qualcosa, se pensiamo che il titolo della chiesa era proposto o sancito dall’autorità del vescovo e quasi mai viene abbandonato. L’adozione di un santo patrono avveniva – come ancora oggi, del resto – nell’abbrivo, “a caldo” diremmo, dell’esempio di santità ed esemplarità eroica del campione della fede da imitare. Grosso modo: Sebastiano, Bartolomeo, Giorgio, Prisca, Lussorio, Barbara, Reparata, Greca, Antioco… titoli patronali delle parrocchie della Marmilla di parte Usellus, secondo questi parametri cronologici, indicano parrocchie e paesi dei primi secoli cristiani. Sono infatti tutti santi martiri paleocristiani, vissuti tra il III e il IV secolo. Invece, San Massimiliano Kolbe, Madonna di Lourdes, Madonna di Fatima, San Luigi Gonzaga, San Daniele Comboni, Santa Giovanna Beretta Molla, San Charbel Makhlouf…, documentano una parrocchia nata in periodo moderno.
Per questo sarebbe una sfida alla logica, a mio modesto parere, affermare che le comunità cristiane nella Marmilla usellense (Bannari compresa), quasi tutte intitolate a martiri paleocristiani, abbiano avuto origine, non nel momento in cui la comunità cristiana era particolarmente colpita e commossa dalla recente testimonianza del martire al cui nome si intitolano, ma solo dopo il IV o V secolo. In altre parole, come abbiamo i fossili-guida che ci indicano le diverse ere geologiche, così possiamo dire che ci sono i santi-guida che ci testimoniano i parametri temporali dell’esistenza di una parrocchia o di un paese.
Nel nostro caso, Bannari di Usellus (dove peraltro esiste anche una chiesetta dedicata a San Sebastiano), il titolo parrocchiale è quello della Vergine Assunta (in antico di Santa Maria) venerata “dormiente”, ossia la “dormitio Virginis”. Questa usanza singolare di venerazione testimonia la provenienza bizantina della devozione alla Vergine Maria a Bannari, e dimostra anche, logicamente, l’antichissima esistenza del distinto paesello, minimo dal V o VI secolo. Infatti, nel sesto secolo la “dormitio Virginis” era una forma di devozione già diffusa tra i fedeli, importata e testimoniata dai pellegrini che visitavano la “tomba” della Madonna a Efeso.
Nel 533, il generale dell’imperatore d’oriente Giustiniano, Cirillo, chiamato dal governatore della Sardegna Goda, sconfigge il vandalo Gelimero e la Sardegna entra a far parte dell’esarcato africano di Bisanzio. Nel 534 in Sardegna finisce quindi l’epoca vandalica ed inizia quella bizantina. La festa dell’Assunta, nella forma della “dormitio” divenne popolarissima in tutto l’impero quando l’imperatore Maurizio (582-602) impose che fosse universalmente celebrata. In Sardegna, inoltre, erano presenti tanti monaci cacciati dall’oriente e dall’Africa (nel 509 circa 200 monaci e vescovi furono esiliati dall’Africa nella “insula nociva” dal re vandalo Trasamondo, ariano). Anche questi monaci influirono sul culto e sulla liturgia, importando l’uso di venerare la Vergine “dormiente” (G. Pinna – Il culto dell’Assunzione in Sardegna, p. 19).
Queste considerazioni sui santi paleocristiani e la caratteristica liturgica della Madonna “dormiente” portano a dedurre l’arrivo del cristianesimo e contestualmente l’esistenza storica del paese Bannari (oggi Villa Verde) già nel V secolo. E’ una questione di “archeologia” religiosa e spirituale, per la quale, io credo, vale la regola suggerita da Johann Joachim Winkelmann (1717-1768), considerato il fondatore dell’archeologia moderna. Nella sua “Storia dell’arte nell’antichità” (1764) egli avverte che “nello studio sistematico dell’antichità non ci si deve limitare unicamente alle fonti scritte, ma occorre tener conto anche dei monumenti artistici”, come dire anche delle chiese.