di Omar Onnis
Quando la storiografia sarda deve rendere conto dell’oscura fine del dominio bizantino sull’Isola e dell’inizio della civiltà giudicale (serie di eventi e processi che va dall’VIII al X secolo), di solito spiega che la conquista araba del Mediterraneo occidentale, e della Sicilia in particolare (IX secolo), avevano fatto sì che la Sardegna fosse "abbandonata a sé stessa" dall’impero. Ossia, la caduta di una egemonia esterna non è un dato storico neutro, da considerare nelle sue premesse e nei suoi sviluppi, bensì assume in partenza, di per sé stesso, una connotazione drammatica: la scomparsa di una forma di sottomissione come menomazione, come diminuzione del livello di civiltà e di significanza storica. Nessuno che ammetta che la Sardegna, in quell’epoca, ritornò semplicemente libera e i sardi sovrani sulla propria terra. Ne scaturì una civiltà dalle caratteristiche peculiari, gli ultimi eredi della quale (i sovrani di Arborea) guidarono una strenua guerra di liberazione e di indipendenza nella seconda metà del XIV secolo e al principio di quello successivo. L’epopea giudicale non ha nulla di un destino di abbandono e di deprivazione, bensì, al contrario, è una palese dimostrazione di ciò che può avvenire se una terra come la Sardegna può essere governata da chi ci vive, non da altri o in nome di altri. Perché tiro in ballo questa strana sindrome da abbandono in salsa storiografica? Perché me l’hanno fatta venire in mente le lamentazioni in stile settimana santa innalzate in merito allo spostamento del vertice G8 dalla Maddalena all’Aquila. Anche in questo caso, si piange sull’abbandono subito. O numi italici sordi e spietati verso i loro veneranti e supplichevoli adoratori isolani! Uno spettacolo alquanto imbarazzante (e nello spettacolo ricomprendo anche, in senso opposto, lo strano understatement, la noncuranza, con cui il maggiore quotidiano sardo, di specchiata fede arcoriana, ha bellamente sorvolato sulla notizia). Eppure, parliamoci chiaro, che abbandono sarebbe? Forse che il G8 alla Maddalena aveva risvolti economici, culturali, politici, o che so io, significativi per le sorti dei sardi? In fondo, gran parte delle opere che si intendevano realizzare, più o meno verranno tirate su lo stesso (specie se troverà conferma la promessa – va be’, fatta da un bugiardo notorio – di un vertice internazionale in materia ecologica, in autunno). Le devastazioni operate sui fondali (necessità di accogliere il mega-panfilo extra-lusso destinato ai prestigiosi ospiti), le deroghe a qualsiasi normativa paesaggistica e/o relativa all’impatto ambientale (ivi compreso il tanto sbandierato – e sacrosanto – piano paesaggistico regionale di Soru), l’oscuramento di qualsiasi indagine circa le conseguenze di decenni di occupazione militare nucleare dell’arcipelago sono tutte cosette fatte e finite, cui non c’è rimedio, o quasi. Di che preoccuparsi, dunque? I maddalenini (ricordiamolo, sono quelli che hanno salutato gli americani, i quali finalmente sbaraccavano dalla loro struttura abusiva, con un commovente striscione: "Ci mancherete!") avranno i loro alberghi e il cemento di cui sentivano l’esigenza, e i sardi non dovranno subire restrizioni sui loro diritti fondamentali (inevitabili, in occasione del vertice), né il pericolo di essere coinvolti in scontri, più o meno occasionali o spontanei, tra manifestanti anti-G8 e solerti forze dell’ordine. Alcuni albergatori galluresi si lamentano della perdita di clientela? Be’, sono i più appassionati sostenitori del piccolo dittatore di Arcore e dei suoi sgherri locali: andassero a piangere merenda dal loro signore e padrone e non rompessero gli zebedei! Insomma, la Sardegna non aveva proprio nulla da guadagnare da questa comparsata internazionale del G8, e allo stesso modo ha ben poco da perdere dal suo spostamento altrove. Altro che lamentarsi! Chi invece la mette sul piano della mancanza di rispetto, di torto subito da parte del padrone di turno e di schiaffo morale al "popolo sardo", be’, cosa dire? Siamo sudditi… pardon, siamo cittadini italiani, l’Italia è sovrana e non esiste alcun popolo sardo che tenga, nell’ordinamento giuridico statale italico. Se proprio proprio abbiamo tutta questa fregola di essere padroni in casa nostra (come si usa dire con locuzione poco felice), sappiamo che la strada obbligata è un’altra. A meno che l’ideale delle prefiche del G8 non sia invece proprio quello di essere sì servi, ma semplicemente trattati un po’ meglio. Il che lascia pensare che ci meritiamo quel che ci succede.