di Cristoforo Puddu
La rivelazione dello storico tedesco Felix Bohr -diffusa dal portale online degli storici www.clio-online.de, ripresa dal Der Spiegel (rivista tedesca di grande tiratura, fondata nel 1947 e pubblicata ad Amburgo con oltre un milione di copie settimanali) e riferita su La Repubblica di lunedi 16 gennaio 2012 da Andrea Tarquini, corrispondente da Berlino- è di quelle scioccanti: Roma chiese ai tedeschi di insabbiare le indagini sulle Fosse Ardeatine. L’Italia politica e di governo di fine anni Cinquanta, onde evitare delle eventuali richieste di estradizione dei criminali di guerra italiani per atti compiuti in Jugoslavia, in Grecia ed Albania, condivise e sostenne l’auspicato insabbiamento tedesco “a non riportare in pubblico il problema dell’esecuzione degli ostaggi e specie alle Fosse Ardeatine”. L’obiettivo DC aveva chiaramente “generali motivi di politica interna” e significava principalmente sacrificare e non alimentare la memoria della Resistenza, idealità “cavalcata” dalla sinistra e dall’avversario politico del PCI. Tra le 335 vittime del terribile eccidio nazista del 24 marzo 1944, compiuto come atto di rappresaglia per un attacco partigiano alle truppe di occupazione germaniche in via Rasella (Roma), figurano anche nove martiri di origine sarda. I nomi, consegnati a memoria da quell’evento simbolo di estrema tragica efferatezza, sono quelli di Salvatore Canalis, nato a Tula il 14.11.1908, professore in lettere; Pasquale Cocco, nato a Sedilo il 5.1.1920, studente; Cavino Luna, nato a Padria l’11.4.1895, impiegato R.Poste; Candido Manca, nato a Dolianova il 31.1.1907, Brig. RR.CC.; Giuseppe Medas, nato a Narbolia il 27.8.1908, avvocato; Sisinnio Mocci, nato a Villacidro il 31.12.1903, appartenente al PCI; Agostino Napoleone, nato a Cagliari il 14.9.1918, S.Ten. Vascello; Ignazio Piras fu Domenico, nato a Illorai il 2.6.1879, contadino, appartenente alla Banda Maroncelli (formazione collegata al Movimento comunista d’Italia) che operava nella zone di Civitavecchia, Allumiere e Tolfa; Gerardo Sergi, nato a Portoscuso il 25.3.1918, S.Ten. CC.RR., appartenente al Fronte Militare. Il Luna Cavino, che risulta nell’elenco aggiornato dei 335 morti alle Fosse Ardeatine e tra le 154 persone sotto inchiesta di polizia a disposizione dell’Aussen-Kommando, non è altri che il noto cantadore a chiterra e ufficiale postelegrafonico Gavino De Lunas, arrestato dalle SS il 26.2.1944 perché appartenente al C.L.N. e ritenuto autore di atti di sabotaggio a mezzi delle truppe di occupazione tedesca nella Capitale, nonostante l’inquadramento, dopo l’8 settembre, nell’etnico Battaglione “Volontari di Sardegna – Giovanni Maria Angioy”, istituito dall’attivismo del cappellano fascista Padre Luciano Usai, su invito del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio della Repubblica Sociale Italiana, Francesco Maria Barracu, e comandato dal colonnello Bartolomeo Fronteddu. Gavino De Lunas, noto come il “Rusignolu de Padria”, è certamente da ritenersi, per fama e talento, uno dei massimi rappresentanti del particolare canto sardo a chitarra. Dotato di “una voce straordinariamente melodiosa” è interprete originale, oltre che sensibile compositore-poeta, del canto popolare sardo che proporrà anche nell’ufficialità della visita a Cagliari (30 maggio 1926) del re Vittorio Emanuele III e della principessa Giovanna. Apprezzato esempio di artista per tanti giovani, raggiunge una grande notorietà negli anni Trenta. Incide diversi dischi (78 giri) per la casa discografica milanese “Società Anonima del Grammofono”, per cui è sotto contratto anche il suonatore di launeddas Efisio Melis. Alle numerose presenze nelle piazze sarde faranno seguito le importanti esibizioni nelle città di Roma, Trieste, Sulmona, Brindisi e L’Aquila. Gavino De Lunas è un invalido della Grande Guerra, era stato ferito alla gamba sinistra a Sasso di Stria, e professionalmente presta servizio di ufficiale postelegrafonico nelle sedi di Macomer e Cagliari. Nel 1933, rifiutato il tesseramento al Partito Nazionale Fascista, è trasferito all’Aquila (dove si distinguerà per il suo “comportamento onorevole” e “particolare dedizione” umanitaria, durante il terremoto del 26 settembre 1933), in seguito a Roma (1935-1941), a Lubiana (1942-1943) e infine ancora alle Poste centrali di San Silvestro in Roma (1943-1944): Città che consegnerà l’artista sardo alla storia nazionale come martire e combattente per la libertà.