di Massimiliano Perlato
L’otto marzo, giornata della donna, ci arriva con le mimose e con le confezioni regalo esposte per l’occasione. Sulle sue origini poco si sa perché in questi nostri anni del benessere si è diffusa la tendenza a rimuovere il passato. Non fa meraviglia, quindi, che vi sia chi, per ignoranza o per cattiva fede, si faccia persino beffe dei simboli e delle tradizioni nazionali. Né può stupirci che anche date e ricorrenze storiche siano considerate da taluni un retaggio inutile e superato. Perché l’otto marzo si festeggia la donna? Euripide, il grande scrittore greco di tragedie, affermava: “La donna è il peggiore dei mali”. Plutone, uno dei massimi filosofi greci diceva: “Non c’è posto per la donna nella buona organizzazione sociale”. Aristotele, un altro dei massimi filosofi, considerava le donne “per natura difettose ed incomplete”. Se andiamo avanti nella storia, a Roma la condizione della donna non era tanto migliore poiché era considerata “irresponsabile” ed era per questo condannata a vivere in una situazione di perpetua inferiorità. Però il Medioevo è dominato da famose donne come la patrona di Parigi, Sainte Geneviève, una pastorella che aveva difeso la città da Attila; alla fine dello stesso periodo storico si incontra Giovanna d’Arco e poi Clotilde, moglie di Clodoveo, che contribuì tantissimo alla conversione dei Franchi al Cattolicesimo. È vero, nonostante ciò, che in questa epoca si attribuiva la responsabilità del peccato originale, e quindi delle sofferenze terrene, alla donna; essa, pertanto, non poteva che essere dominata dall’uomo. Per fortuna si incaricò di sollevare le sorti delle povere donne Dante Alighieri con il suo “Dolce Stil Novo”, secondo il quale la donna è il mezzo necessario per avvicinarsi a Dio. Le donne, nell’ambito della produzione economica, dovevano svolgere tutti i lavori come gli uomini: nelle campagne, nelle città, nelle botteghe e poi, durante la Rivoluzione industriale, nelle fabbriche e nelle miniere. Alla fine dell’Ottocento, le donne si rendono conto delle loro condizioni di lavoro (orari faticosissimi e retribuzioni di molto inferiori a quelle maschili), della discriminazione politica (non avevano diritto al voto), familiare (in famiglia il capo era il padre o il marito) e di tante altre ingiustizie che in quel tempo dovevano subire. A questo punto scendono sul “sentiero di guerra” e finalmente, in particolare in Italia, il 2 giugno 1946 hanno diritto al voto, partecipando al referendum che sanziona la nascita della Repubblica; l’1 gennaio 1948, quando entra in vigore la Costituzione, tre articoli riguardano le donne; nell’aprile 1975, con il nuovo diritto alla famiglia, viene rafforzata ulteriormente la parità tra uomo e donna. Ultimamente si sente dire, sempre più spesso, che in Italia il prossimo Presidente della Repubblica potrebbe essere proprio una donna: staremo a vedere. C’è ancora molta strada da fare, e le femministe più accanite sostengono che la parità ci sarà dopo 2000 anni di sottomissione degli uomini. Ma non dimentichiamo perché si festeggia l’otto marzo. Quel giorno, nel 1908, 129 operaie americane morirono in una fabbrica di New York a causa di un incendio. Queste donne, infatti, poiché avevano protestato per la paga troppo bassa e per i soprusi subiti, furono rinchiuse nella fabbrica dal loro padrone e costrette a lavorare. Quando la fabbrica s’incendiò per loro non ci fu via di scampo e morirono tutte. Il loro corpo fu coperto con la mimosa, un piccolo fiore che cresceva nei pressi della fabbrica. Da quel giorno, l’otto marzo e la mimosa servono per ricordare ad ogni donna e uomo cosa successe quel giorno, anche se l’attuale società dei consumi, dove ad esempio la pubblicità si è impadronita del corpo femminile per farne un elemento di attrazione per incrementare le vendite, non sembra accorgersene. Si moltiplicano, come da tradizione, le Giornate delle Donne all’interno delle associazioni dei circoli degli emigrati sardi sparse per le Penisola. Ed il trait d’union per questo 2012 è Rossella Urru, la cooperante di Samugheo rapita diversi mesi fa in Africa. Dopo mesi di agognato silenzio, negli ultimi periodi le sorti sulla vicenda della giovane sarda si sono rincorse convulsamente. Sino alla notizia, poi rivelatasi falsa, della sua liberazione data da Al Jazeera e circolata sul social network Twitter. E sull’onda emotiva della vicenda Urru, anche gli emigrati sardi fanno sentire, compostamente, la loro voce. Il circolo “La Quercia” di Vimodrone, presieduto da Gianpiero Fenu alla cooperante sarda, ha fortemente dedicato l’otto marzo. All’incontro nell’hinterland milanese hanno partecipato Claudia Zuncheddu, Consigliera Regionale della Sardegna; Ornella Demuru, Presidente dell’Associazione Fed’s Femminas de Sardigna; Lucia Castellano, Assessore al Comune di Milano; la giornalista di “Sardegna Uno” Carmina Conte; Serafina Mascia Presidente della Federazione delle Associazioni Sarde in Italia. Un crescendo di emozioni si sono susseguite anche grazie al video introduttivo di un socio del sodalizio di Vimodrone, Gianni Demartis, che ha raccolto suoni e immagini di Rossella, fra la sua Sardegna lontana e location delle sue missioni nel continente nero. Carmina Conte, in collegamento telefonico con il sindaco di Samugheo, Antonello Demelas, ha voluto porre in evidenzia il grande cuore dell’altra Sardegna che tanto si prodiga per i suoi figli vicini e lontani, meritevoli di sostegno e grande solidarietà. Solidarietà che la stessa Conte, presentatrice della trasmissione televisiva “Arasolè” su Sardegna Uno, ha sottolineato anche per la famiglia Urru, campionissimi di discrezione e umanità, che nella sofferenza hanno posto ripiego esistenziale. Nel pomeriggio al circolo “La Quercia” coadiuvato dal giovane Carlo Casula che ha manipolato nelle scorse settimane per collocare il tavolo dei relatori, sono stati letti dei brani che hanno messo in evidenza il ruolo della donna nella società d’oggi: come la giovane Antonietta, così come la socia più anziana del circolo, 81enne dallo spirito arcigno e determinato. E della grande mobilitazione intorno alla figura di Rossella Urru si è pienamente asserito ed appassionato anche in relazione al valore corrente che l’otto marzo riverbera in questo mondo ultra globalizzato. Serafina Mascia, Presidente FASI ha rimarcato come il mondo dell’emigrazione sarda si sia sin da subito diplomaticamente mossa per porre luminosità sulla vicenda Urru in Consulta dell’Emigrazione. E poi, non si contano certo le azioni popolari nelle sedi e nei territori ove risiedono i circoli che hanno portato anche le grandi Amministrazioni Comunali a creare solidarietà: pensiamo a Milano, Roma, Firenze e Torino solo per citare i capoluoghi maggiori di quest’Italia ammalata. Un excursus storico della politica internazionale, piena zeppa di intrighi inestricabili, sono stati messi sotto i proiettori da Claudia Zuncheddu, laurea in medicina e chirurgia, pronta a partire per l’Africa alla ricerca della nostra Rossella. E poi Ornella Demuru, compagna di Francisco Sedda leader dell’indipendentista ProgReS, a maggio sarà mamma, ha voluto porre in evidenza il complicato ruolo della donna nella società d’oggi, nei luoghi della politica ancora troppo maschilista. Per Ornella esiste una questione femminile soprattutto in Sardegna per portare il suo pensiero finale a Rossella Urru giovane donna che ha scelto di dedicarsi proprio a tante donne, donne lontane bisognose di tutto. Quel tutto che oggi si dà fin troppo per scontato. Oggi più che mai Rossella Urru rappresenta un esempio di donna mirabile, che compie scelte difficili e impegnative che ci deve far riflettere anche sul ruolo della donna moderna.
Grazie davvero per le parole speriamo di rivederci presto qui in Sardegna questa estate quando anche io avrò la piccolina :))