di Moreno Pisano
Con il congresso della Filef Sardegna prosegue il percorso di tutela del mondo dell’immigrazione e dell’emigrazione, da un nuovo punto di vista, analizzando l’attualità dei tempi e cercando le soluzioni progettuali alle istanze che questa realtà pone all’attenzione della associazioni di tutela. Personalmente sono rimasto colpito dal fenomeno che ha coinvolto i comuni di tutta la Sardegna e ho avuto la grande opportunità di capire la realtà sarda fuori dall’Isola. Ho partecipato così da volontario al congresso dei giovani emigrati sardi in Germania nel 2010 e alla Summer School nel 2011 per i figli degli emigrati sardi. Due esperienze a diretto contatto con i giovani sardi, in particolare quelli di seconda generazione che più di altri sentono il bisogno di conoscere e capire dove sono ambientati i ricordi dei loro nonni, dove si svolgeva quella vita agropastorale opposta a quelle delle grandi città nelle quali ora vivono. Ed è con queste 2 esperienze che la mia passione per i fenomeni dell’emigrazione ha preso forma, capendo che non si tratta solo del ritorno dei nostri conterranei che trascorrono alcuni giorni estivi nei luoghi della loro infanzia, il mondo dell’emigrazione è molto di più ed è forse oggi in una fase cruciale di mutamento. Un fenomeno che prima di essere analizzato nella fase statica della stabilizzazione dei sardi all’estero deve portarci ad una riflessione: quella dello spopolamento. Emigrare significa lasciare un contesto socio economico, significa avere una popolazione che diminuisce, comuni sempre più piccoli, i servizi che chiudono per mancanza di un’utenza sufficiente. Lo spopolamento significa dover ripensare anche il sistema degli enti locali per garantire a chi rimane una buona qualità della vita attraverso lavoro e servizi. I fenomeni di spopolamento degli anni 60 e 70 riportano all’attualità il motivo principale che spingeva i Sardi a varcare i confini della Sardegna: quello del lavoro. Oggi ritorna prepotentemente il problema occupazionale non risolvibile nel breve periodo e non con gli strumenti messi in campo oggi per arginare il problema. Inoltre il bisogno di studio e formazione che i giovani hanno e che vogliono soddisfare appieno grazie anche agli strumenti messi in campo dalla Regione Sardegna già da diversi anni come il Master and Back, il programma Erasmus per gli studi universitari e le diverse esperienze che l’unione europea oggi offre come il servizio di volontariato europeo portano le forze e le menti più giovani lontano dalla Sardegna. Partire oggi è quanto mai facile grazie ai collegamenti aerei verso tutte le nazioni europee ed è altrettanto complicato trattenere le forze migliori in un luogo dove le possibilità di occupazione sono scarse. Penso ai ricercatori universitari che trovano non solo un’occupazione ma migliori condizioni di vita, penso alla manodopera qualificata, penso a chi oggi decide di fare una scelta diversa alla luce della sfiducia nutrita nei confronti della propria terra. Se l’analisi del fenomeno è chiara dobbiamo ora pensare a quali bisogni l’intervento delle associazioni di tutela devono soddisfare e quale supporto può oggi la Regione Sardegna offrire. Premesso che oggi la legge 7 del 91 avrebbe bisogno di una revisione e integrazione non solo ampliando la visione del mondo dell’emigrazione ma creando una interconnessione con i settori della scuola, università e politiche europee. Ad oggi per facilitarne l’applicazione è opportuno mappare e mettere in rete tutti i circoli sardi esistenti, non solo, bisogna creare un collegamento anche con le singole famiglie che non sono numericamente in grado di costituire un circolo e con tutti i sardi che per periodi medio lunghi si trovano all’estero. Il principio di solidarietà concretizzerà la fratellanza attraverso un frequente scambio di informazioni, idee e progetti, la possibilità di avere punti di riferimento fuori dalla Sardegna darà la possibilità ai singoli di poter trovare motivi e luoghi di aggregazione. Un rapporto quindi non solo tra la madre terra i figli sardi ma una sinergia tra gli stessi circoli piuttosto che famiglie o singoli per la creazione di una comunità sarda nel mondo che attraverso gli strumenti multimediali potrà condividere pienamente lo status di sardo emigrato all’estero non più solo figlio della Sardegna ma fratello degli altri sardi emigrati. Un’altra evoluzione fisiologica che i circoli affrontano è anche quella del ricambio generazionale, lasciare alle nuove generazioni non soltanto dei luoghi fisici nei quali incontrarsi tra sardi ma un contesto di scambio sociale e culturale nel quale i giovani possono imparare l’italiano o il sardo piuttosto che conoscere la storia della Sardegna. È per questo che la vita di queste attività non può basarsi sull’esistenza di 4 mura dentro le quali stare ma sui progetti ai quali si può accedere attraverso internet. Alla Regione Sardegna si possono rivolgere diverse richieste e sollecitazioni per attivare gli strumenti di informazione tra cui la pagina di sardegnamigranti.it, l’edizione cartacea del Messaggero Sardo, corsi di formazione per far correre con le proprie gambe i circoli nelle loro attività. Da parte nostra sorge il bisogno di un’azione comune delle associazioni di tutela, razionalizzare i fondi significa anche razionalizzare gli sforzi e unirli. Infine voglio unirmi all’appello di tutto il congresso per la liberazione di Rossella Urru, affinchè tutti i circoli dei sardi siano la voce di Rossella nel mondo in attesa di un pronto ritorno in Sardegna. Ringrazio il presidente uscente Jan Lai, la nuova presidente Cristina Oggiano e tutti coloro che condivideranno con me questa esperienza.
OK Moreno, di idee e fatti da condividere e realizzre ha bisogno la FILEF e l’emigrazione sarda nel mondo. Sono ancora più certo che l’impegno e l’entusiasmo – tuo e di tutti gli amici del nuovo direttivo – consentirà di essere protagonisti positivi nell’intereste dei sardi nel mondo e della nostra Sardegna. Carlo