di Ornella Demuru
Sul Venerdì di Repubblica di qualche settimana fa, veniva pubblicata una pagella stilata del settimanale americano Newsweek che ha aggregato in una classifica i risultati di numerosi studi internazionali, prendendo in considerazione una trentina di parametri che riguardano i diritti concessi alle donne nei vari stati: livello di educazione, denunce di abusi sessuali, percentuale di lavoratrici nei differenti settori, accesso ai ruoli dirigenziali e alle poltrone in politica e altro ancora. L’obiettivo era trovare i Paesi del mondo migliori (e peggiori) in cui essere una donna. L’Italia al 59° posto dopo Islanda, Svezia Danimarca, Canada ma anche Francia e Cina e come se non bastasse anche il Ruanda!! Alcune delle fonti utilizzate sono stati gli studi di organismi del calibro dell’Unesco, delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione mondiale della sanità. Quindi sicuramente la parzialità in questi istituti non può essere contemplata. Le cinque macrocategorie che hanno determinato la graduatoria finale e hanno ricevuto un punteggio sono state giustizia, salute, educazione, politica ed economia. E proprio queste ultime due voci hanno penalizzato l’Italia, facendolo finire alle spalle di stati come il Kirghizistan, l’Uzbekistan e il Vietnam. Nell’articolo del Venerdì Linda Laura Sabbadini, neo direttore del Dipartimento statistiche sociali e ambientali dell’Istat attenuava quel giudizio, quel 59° posto, adducendo alle differenze tra stato e stato degli indicatori di partenza e dalla metodologia, ma i risultati del Global Gender Gap Report 2011 del The World Economic Forum non solo confermano i dati pubblicati del Newsweek ma se è possibile li peggiorano. Infatti questa classifica misura il gap esistente tra i generi e descrive come nel corso degli ultimi sei anni, mentre l’85% dei Paesi stanno migliorando i loro rapporti di parità di genere, per il resto del mondo la situazione è in declino, soprattutto in diversi paesi africani e sudamericani. E l’Italia, guarda caso è tra questi. La top 20 è formata da Islanda, Norvegia, Svezia, Germania ma anche Irlanda e Spagna! E in questo report l’Italia raggiunge un bel 74° posto! Dopo chi direte voi? Dopo tutti possiamo dire! Addirittura accorciano il loro gap paesi come piccoli stati del Sud Africa o come la Lettonia. Insomma l’Italia non è un Paese per donne. Lo avevamo capito da tanto. Eppure facciamo finta di niente, o quasi. E la Sardegna? La Sardegna anche se non presente nelle classifiche, come possiamo immaginare segue a ruota. E la città di Cagliari che ricordiamo ha un terzo della popolazione sarda non è per niente una città per donne. Servizi scarsi, scarsi se non nulli gli aiuti per chi ha dei figli, cura dei quali ricade ancora quasi completamente sulle spalle delle mamme. Trovare degli asili è diventato impossibile. Le aziende non aiutano i genitori a gestirsi il tempo con i figli. Portarli a scuola è una gincana quotidiana, nessun mezzo pubblico ad hoc come le dimensioni della città permetterebbe. Quando sono stata in Svezia la scorsa estate ho scoperto che chi usa i mezzi pubblici con passeggino non paga il biglietto né il genitore né il bebè. Non solo, far salire un passeggino su un autobus è una sciocchezza, c’è una piccola pedana sulla porta che sorregge la spinta evitando che mamme o babbi spacchino passeggino e bambino solo perchè devono prendere un autobus. Da queste piccole cose ti accorgi che uno Stato lavora per te. Facilita la tua vita nei momenti cruciali per te come cittadino ma anche per la collettività nel suo insieme. Le donne e i bambini sono al centro delle politiche nazionali e cittadine, né va del loro futuro e della loro prosperità. Se volevamo aggiungere un altro tassello al triste mosaico italiano nonché in questo caso anche sardo, dopo l’economia in profonda crisi, i pignoramenti, la vessazione fiscale etc. beh credo che questo sia il tassello che chiude il quadro nella maniera peggiore. Mi rimane un unico desiderio, un’unica speranza: ricominciare. Ricominciare anche da qui, per costruire la nostra Repubblica. E forse il primo passo può essere anche una raccolta organica dei nostri dati: i servizi, l’occupazione, e tutto il resto. Intanto sappiamo quante siamo? Si, siamo la maggioranza:
Sardegna Popolazione, 1.675.411 – Femmine, 854.222 – Maschi, 821.189
Cagliari Popolazione, 156.488 – Femmine, 84.057 – Maschi 72.431
Mi sembra un buon inizio!
Grazie Massimiliano, son contenta ti sia piaciuto! a si biri luego, quando vieni in Sardegna avvisa!