La salvaguardia del patrimonio linguistico: il canto a tenores

di Massimo Lavena

In un periodo di cambiamento politico nella Regione Sardegna, la difesa e la riscoperta delle tradizioni culturali sono punti fermi dell’azione dei governanti, senza differenza d’orientamento. Un aiuto è giunto dall’Unesco, che ha confermato la decisione presa nel novembre 2005 di inserire il "canto a tenores" dei pastori del centro della Sardegna tra i capolavori che andranno a far parte del patrimonio orale e intangibile dell’umanità. La Regione Sardegna ha avviato da anni un percorso di riscoperta e valorizzazione del patrimonio linguistico e culturale dell’Isola. Vari provvedimenti economici tendono a stimolare lo studio e la diffusione della lingua: borse di studio per giovani laureati per ricerche su metodologie dell’insegnamento del sardo nelle scuole nelle varie aree didattiche o l’orientamento della Conferenza Regione-Enti locali che ha approvato i contenuti del Piano triennale della lingua sarda ed ha spronato la Giunta regionale a effettuare politiche di difesa del patrimonio linguistico della Sardegna sempre più efficaci, come la realizzazione dell’Atlante linguistico.

Parlare il sardo "Il sardo era, con lo spagnolo, la lingua ufficiale dei testi amministrativi e religiosi sin quasi alla fine del diciottesimo secolo, perché era la lingua parlata – dice don Francesco Mariani, direttore di Radio Barbagia (Nuoro) -, la lingua della liturgia nella quale si tenevano (ed ancora in certi paesi avviene) le omelie era il sardo. L’importanza dell’uso della lingua nativa porta a privilegiare il confronto, e favorire occasione di utilizzo del sardo, facendolo uscire dal silenzio culturale". Ciò porta la Regione a fare "notevoli sforzi per valorizzare l’uso del sardo nell’attività pubblica e amministrativa", continua don Mariani, per il quale "bisogna uscire da una concezione museale della lingua, cioè di una tutela fatta per esperti, con tutta la discussione sulla creazione di una lingua che sia una sorta di sintesi, una koiné del sardo. Io penserei a finanziare e sostenere quei luoghi, quelle occasioni, quelle strutture in cui il sardo viene effettivamente usato. Vale a dire, una cosa è che nelle scuole s’insegni il latino, altra cosa che la gente parli in latino. Io punterei a sostenere la gente che parla il sardo, non solo a potenziarne l’insegnamento, in quanto nei paesi dell’interno la lingua ufficiale è il sardo: la popolazione pensa, parla, si esprime in sardo".

Tornare alla gente Secondo Omar Bandinu, dei Tenores "Mialinu Pira" di Bitti (Nuoro), "il riconoscimento dell’Unesco ha dato il via all’approfondimento degli aspetti non solo musicali, ma anche antropologici e culturali della tradizione del canto a tenores. Oggi dovrebbe esserci un rilancio maggiore da parte delle istituzioni. Il rilancio passa per le scuole, per la diffusione del canto, perché le modalità con cui questo canto si è trasmesso nei secoli sono cambiate. Dal tramandare oralmente si passa per nuove possibilità, i cambiamenti sono evidenti". Per Bandinu, "bisogna fare un’integrazione come supporto della tradizione del canto che andrebbe presentato già nelle scuole elementari, creare occasioni per cantare e per condividere il canto: quindi scuole di canto per condividere la cultura, siti web, conferenze locali. Ciò per fare in modo che il canto a tenores non sia solo un fenomeno di world music, un fenomeno di nicchia, ma confermi invece il suo ruolo storico di motivo aggregante sociale, contestualizzato in ogni comunità, in ogni paese".

Dalle Istituzioni alla Chiesa Per Maria Antonietta Piga, responsabile dell’"Uffitziu de sa limba sarda" della Provincia di Nuoro, "il canto a tenores è espressione della Sardegna ed ha importanza per la lingua sarda, è un fattore determinante per l’identità dei sardi. Il sardo pur essendo una lingua romanza ha seguito una sua strada propria, che ha generato una lingua che ci contraddistingue. Il canto a tenores è strettamente in lingua sarda, è un fattore che può aiutare la lingua nella sua diffusione". Secondo Piga, anche le istituzioni fanno il loro dovere: "Un recente bando per figli di emigrati sardi e per studenti dell’Ue per approfondire lo studio della lingua sarda ha avuto un grande successo. Sembra che chi è fuori dalla Sardegna abbia maggior considerazione per ciò che è lingua e cultura sarda, in tutti i campi. C’è grande interesse nelle pubbliche amministrazioni locali, c’è bisogno di coinvolgere molto di più la popolazione". In questo senso "credo che la Chiesa possa svolgere un ruolo importante coinvolgendo la gente, leggendo la Bibbia nella traduzione in sardo, eseguendo i canti religiosi della tradizione, sia nella versione a tenores che polifonica. Bisogna giungere all’utilizzo del sardo nella liturgia, perché da sempre la Chiesa veicola, oltre i contenuti religiosi, quelli sociali e culturali. La Chiesa entra nelle case, nelle famiglie, incontra i giovani, i bambini, la Chiesa è la seconda casa. Oltre all’approccio scolastico e familiare, la Chiesa potrebbe veicolare dei messaggi positivi per la lingua. C’è una richiesta della gente a confrontarsi nella propria lingua madre, anche nel sacro".

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