di Paolo Matta
Il mare della Sardegna gode di una salute eccellente. Il tutto il perimetro costiero una linea continua di quasi 1.850 chilometri l’attività balneare è praticabile pressoché ovunque, salvo minimali eccezioni legate alla presenza di scarichi o di foci: ma si tratta di soli 850 metri (lo 0,04% rispetto al totale). Un risultato reso possibile grazie ad un’azione costante di monitoraggio e controllo, a cadenza minima mensile, effettuata da 662 stazioni distribuite lungo la costa isolana. La fascia balneare, poco più di 1.500 km, corrisponde all’82% dell’intero perimetro costiero, ma 680 km non sono direttamente fruibili per ragioni morfologiche, soprattutto perché costa alta e rocciosa. Poco meno di 250 chilometri di costa sono invece non a disposizione dell’utenza perché corrispondenti a zone militari, aree portuali o riserve integrali. Il grande fratello del mare sardo si chiama ARPAS, Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna che, in gemellaggio con le Arpa Toscana e Calabria, ha presentato un progetto comune "Agire mare". Il trasferimento di conoscenze, procedure e sistemi organizzativi di eccellenza fra le tre Arpa ha permesso lo sviluppo e la condivisione di metodologie comuni da promuovere e diffondere, su scala nazionale, a tutti il sistema Agenziale e alle Regioni che si affacciano sul bacino nord-occidentale del Mediterraneo. Sei le aree a maggiore criticità oggetto del monitoraggio: sulla costa occidentale Oristano e Alghero, su quella orientale Arbatax e Olbia, infine nel sud Cagliari e l’area compresa fra Sant’Antioco e Portoscuso. Le campagne di misura, prelievi e analisi di laboratorio hanno interessato l’acqua, micro e macro alghe, sedimenti, mitili e ma soprattutto la posidonia. La posidonia oceanica, infatti, è pianta endemica del Mediterraneo con caratteristiche simili alle piante terrestri, formando delle vere e proprie praterie sottomarine di straordinaria importanza ecologica. Si tratta infatti di un bioindicatore della qualità delle acque marine costiere ed esercita una fondamentale azione di protezione della linea di costa dalla erosione. Dai risultati delle analisi sulla posidonia è possibile avere un quadro preciso dello stato di salute delle acque marine costiere. Ma il gemellaggio con Toscana e Calabria ha interessato anche un altro aspetto di vitale importanza per tutto l’eco sistema marino costiero: l’escavazione dei fondali con l’eventuale scarico a mare dei materiali di risulta nonché la movimentazione dei fondali marini derivanti dall’attività di posa di cavi e condotte. Oggi il personale dell’Arpas Sardegna conta 240 dipendenti, ma a regime saranno 571 distribuiti nei vari dipartimenti. Un ente, anche numericamente, fra i più importanti della macchina regionale che, ed è questa la novità più recente, si è dotata di una flotta al passo con le nuove esigenze. Punta di diamante un battello oceanografico attrezzato lungo 16 metri con una velocità di crociera di 18 nodi. Capace di ospitare 16 persone è costato un milione di euro e potrà garantire 479 uscite annue. Nel suo equipaggiamento una gru omologata con 500 kg di portata, un verricello con 200 metri di cavo, dotazione di Gps, radar, ecoscandaglio e stazione meteo con pc. Completano la flotta dell’Arpas, che stazionerà a turno nei principali porti della Sardegna, due barche da 11 metri e 4 gommoni da 7 metri. Mare come risorsa da valorizzare ma, prima ancora, da preservare e mantenere ai livelli di eccellenza che oggi l’isola può vantare in tutto il mondo. Qualunque modello di sviluppo della Sardegna e per la Sardegna non può che passare attraverso la "strettoia" della difesa e tutela dell’ambiente.