di Veronica Piras
La prima volta che sentii la musica delle launeddas avevo otto anni, chiesi cosa fosse quel suono meraviglioso a me sconosciuto: fu amore a prima vista. Sono passati tanti anni da quel momento, ed oggi eccomi qui ad onorare quello strumento e quella musica a cui ho dedicato la mia esistenza". Da tutti considerato il più grande suonatore di launeddas e il più importante depositario dell’arte, Luigi Lai ha quasi 80 anni ed è originario di San Vito. Ha incantato il mondo intero col suono magico di quest’antico strumento simbolo della millenaria tradizione musicale isolana. Deve la sua formazione ai due più importanti maestri del passato, Antonio Lara ed Efisio Melis. Poi è partito in Svizzera per 15 anni dove ha perfezionato i suoi studi in campo musicale nell’Accademia di Zurigo, imparando a suonare diversi strumenti. Ha collaborato con numerosi musicisti del calibro di Branduardi e De Piscopo, di cui conserva un ottimo ricordo, e ha inciso due cd, " Canne in armonia" e "S’Arreppiccu". Partecipando a diverse manifestazioni internazionali, ha fatto conoscere il suono della launeddas in molte parti del mondo e attualmente si è dato l’obiettivo di formare professionalmente tanti giovani sardi, aprendo l’Accademia a San Vito.
Come ci si sente ad aver raggiunto un traguardo così importante?
Per fortuna non mi sento arrivato, perchè uno se arriva deve tornare indietro, quindi bisogna andare sempre avanti. Oggi il mio unico desiderio è che il Signore mi mantenga in salute. Ho ricevuto tanto dalla mia famiglia e dal mio pubblico, adesso è venuto il momento di seminare e io, statene certi, ho ancora tanto da dare. Grazie al fatto che ho studiato musica e suonato vari strumenti ho potuto mantenere in vita le launeddas, perchè se avessi voluto dedicarmi esclusivamente a questo bellissimo strumento, non sarebbe stato possibile perchè nel dopoguerra c’è stata l’invasione della musica americana e inglese. Per suonare un ballo sardo bisognava armarsi di coraggio, perché tutti fischiavano, lanciavano pomodori ed era avvilente il fatto che richiedessero soltanto la musica forestiera, "su ballu continentali", e ripudiassero quella sarda. Ma alla fine l’abbiamo respinta noi sardi stessi, non ce l’hanno tolta gli altri.
Cosa pensa della situazione attuale della musica di launeddas in Sardegna?
Ultimamente c’è stato un bel risveglio, sono stato in Svizzera e al mio rientro, nel 1970, le launeddas erano completamente scomparse. La situazione era disperata perchè non si trovava più un suonatore nonostante nello statuto di Sant’Efisio ci sia scritto che non deve mai mancare. Ho cercato subito di porre rimedio cominciando ad aprire varie scuole e invogliando sempre più i ragazzi affinchè imparassero a suonarle con professionalità. Ora la paura che le launeddas muoiano non esiste più, la situazione si è risollevata completamente. Ho inaugurato l’Accademia a luglio dell’anno scorso: il mio principale proposito è quello di diffondere il più possibile il mio sapere e soprattutto di allargare la cerchia dei suonatori perchè il mondo è grande e bisogna farle conoscere il più possibile. Un tempo i suonatori costituivano un’élite ristretta, ognuno temeva che l’altro gli potesse portare via il lavoro, perchè le zone dove poter suonare erano poche, a differenza di oggi.
Come lavora la sua Accademia a San Vito?
I miei allievi apprendono l’arte di suonare "i sonus de canna". Inoltre l’Accademia ospita l’esposizione di varie tipologie di launeddas, cimeli della mia carriera. Appesi al muro ho i manifesti dei miei concerti in giro per il mondo, il diploma di cavaliere conferitomi da Francesco Cossiga e la pergamena del "Premio alla Carriera", ricevuto a Cagliari in occasione del Jazz Expò 2007. Inoltre l’archivio fotografico e i tanti articoli a me dedicati dalla stampa locale, nazionale e internazionale. Nei giorni scorsi si è tenuto un concerto in Accademia, aperto a tutti. In previsione un’altro a San Vito con Gavino Murgia come ospite e uno nella Chiesa di Sant’Agostino a Cagliari.