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Giuseppe Taras
di LUCIA BECCHERE
In Sardegna il Carnevale è una festa altamente comunitaria, la gente si riversa nelle piazze e nelle strade per trascorrere intere serate fra canti, balli e sfilate. In casa, per l’occasione, si preparano dolci tipici da consumare in famiglia, offrire ad amici, parenti ma anche alle maschere che per l’occasione ripropongono antichi riti che richiamano visitatori da ogni dove.
A Siniscola, fin dai tempi trascorsi, il carnevale si viveva intensamente per diversi giorni, si preparavano vusones e urillettas in abbondanza, gli uomini allentavano il lavoro nelle campagne per partecipare alle manifestazioni carnevalesche che si svolgevano nelle piazze dove si riversavano ragazzi, uomini e donne in costume sardo, ma soprattutto i tintinnatos e i carozzatos, tipiche maschere tradizionali che per divertire la gente improvvisavano scenette, canti e balli accompagnati dall’organetto a bocca (su sonette) e da rumorosi campanacci fissati sulla bandoliera di cuoio. Diverse le maschere che, per riportare i bambini irrequieti all’obbedienza, evocavano fantasmi quali Correddu (il diavolo), Maria Pettenedda, Boboi e tanti altri. Di notevole attrazione era la corsa dei cavalli che aveva luogo durante gli ultimi tre giorni di Carnevale, detta anche “su puddu ‘e carrasecare” perché i cavalieri in corsa, lungo il percorso, dovevano infilzare al volo unu puddu vivo appeso a testa in giù ad una fune tesa da parte a parte della strada.
A carnevale l’imperativo era divertire e divertirsi. Fra i personaggi caratteristici del paese tutti ricordano tziu Poeta, alias Giuseppe Taras, gestore di un antico mulino ad acqua a valle della sorgente di Frunch’e oche, dotato d’intelligente ironia e compositore di ottave che recitava fra la folla suscitando applausi e risate.
Di lui ci piace ricordare qualche episodio rimasto nella memoria collettiva che conferma lo spirito gioioso e beffardo di un uomo non certo privo di fantasia e di furbizia.
Durante il carnevale, nel raccontare aneddoti divertenti e recitare versi satirici prendeva a bersaglio personaggi noti. Percorreva le vie del paese sopra un carro trainato da tintinnatos su cui troneggiava un pupazzo dalle sembianze di donna in avanzato stato di gravidanza. Nella pancia del pupazzo teneva nascosta una botticella di legno collegata con un tubo di gomma alla bocca dove aveva abilmente mascherato un imbuto per versare il vino che gli veniva offerto, in quanto astemio. Non appena la botte era piena, rientrava a casa e dopo averla svuotata riprendeva il suo girovagare con al seguito un codazzo di ragazzi divertiti e di cani che abbaiavano senza controllo. Si racconta anche che avesse organizzato “la Banda Giuliano” esibendola sopra un traballante calessino trainato da un asinello, declamando ad alta voce versi improvvisati, suscitando l’ilarità e gli applausi di tutti. (Giovanni Grecu “Luiseddu”).
Nato a Siniscola il 24 agosto 1881, Giuseppe Taras, orfano fin da piccolo e vedovo di Grazia Marras dopo un anno di matrimonio, convolò a seconde nozze con Caterina Bomboi da cui ebbe 4 figli, due dei quali morti in tenera età. Durante il militare cominciò a comporre i primi versi. Servo pastore, contadino e operaio in una impresa edile, negli anni trenta, per le sue disagiate condizioni economiche, lasciò Siniscola per Ostia, purtroppo senza fortuna. Il regime lo rimpatriò in quanto non residente. Rientrato in paese riprese a fare il servo pastore fino a quando fu assunto nel mulino ad acqua di Giosuè Puxeddu e dopo aver appreso il mestiere di mugnaio rilevò un vecchio mulino di proprietà del cavalier Romeo Capitta, lo restaurò e lavorando in proprio migliorò la sua condizione economica. Nel 1967 dopo la scomparsa della moglie si trasferì in Belgio presso il suo secondogenito. Morì nel 1972 e le sue spoglie furono traslate a Siniscola nel 2000 per riposare accanto alla sua amata Caterina. Di lui oggi ci restano numerose composizioni estemporanee tra cui “Cusizos e cufessione de unu peccatore”, 22 ottave sui sedici processati del 1901 insieme a Giovanni Maria Bomboi, detto Mariane, sospettato di fatti criminosi quando Siniscola vantava settanta latitanti. Alcuni versi: “Si as mancadu a tindhe pentire/vaibi a creja donni dominica/ti cufessas e ti cuminicas” e ancora “Tristu pecadore bruttu e feu/manescu prepotente discortesu/perdonu bos dimandho Deus meu/mesericordia ca bos apo offesu”.
Ho sposato la nipote
anch’essa scrittrice Caterina Columbu vive in Liguria