Andreana Bono
di LUCIA BECCHERE
Figlia di un sottufficiale dell’esercito e una casalinga, Andreana Bono nata a Torpè il 10 dicembre 1924, ultima di dieci figli, cinque maschi e cinque femmine, è rimasta orfana di madre scomparsa a 48 anni quando lei ne aveva solo sette. Il padre non si è mai più risposato e le sorelle più grandi, via via crescevano i fratelli più piccoli, tirando su la famiglia unita. Ha conseguito la licenza liceale ad Oristano dove il genitore prestava servizio, poi è andata a vivere a Cagliari con il padre e la sorella maggiore, infine si è stabilita a Roma trovando occupazione presso un ufficio tecnico.
Nella capitale ha conosciuto il geometra Oddino, impiegato al Ministero dei trasporti, maggiore di lei di dieci anni e già vedovo con due figli. Purtroppo il matrimonio celebrato nel 1971 è durato solo 14 anni perché lui è venuto a mancare nel 1985.
“Mio marito non era bello – racconta Andreana -, ma intelligente simpatico e brillante. Il mio è stato un matrimonio felice”. Rimasta vedova ha continuato a vivere a Roma e solo in tarda età ha deciso di rientrare a Torpè, a su connottu, dove ha acquistato una casa tutta per lei, oggi chiusa perché, da oltre 3 anni vive a casa della nipote Caterina che la accudisce amorevolmente. “A casa di mia nipote sto bene –confessa -, si nono non bi via abarrada”. In quella casa si sente a proprio agio e vive serena in quanto la legano ricordi e affetti essendo proprio quella la dimora dove è nata.
Come trascorre la giornata?
“Comente capitada – dice -. Resto a lungo seduta in poltrona senza fare nulla, mangio e dormo”.
Tia Andreana deambula autonomamente, ma ha un importante deficit visivo per maculopatia. La mattina si alza tardi, durante il giorno riceve volentieri le visite, non è molto espansiva tuttavia ama stare in compagnia delle amiche. E’ una persona mite e affettuosa. Non parla mai della guerra che ha vissuto e, forse, ha rimosso.
Brava nel cucito, era solita confezionare abiti per lei e la sua famiglia, ricamava e faceva uncinetto, decorava su vetro e porcellana. Insomma, un’artista a tutto tondo. Col marito ha viaggiato spesso per l’Italia e anche all’estero, spingendosi fino in Russia.
Tenere vivi i legami con la sua terra la faceva stare bene e per questo ogni anno d’estate veniva in Sardegna per godersi il mare di san Giovanni di Posada a casa di una nipote.
Come ha trascorso il giorno del suo compleanno?
“Bene! Con torta, pasticcini, tanti fiori e pranzo in famiglia. Mi ha fatto molto piacere ricevere la visita del parroco don Antonello Solinas e di don Fabio Ladu venuti a porgermi gli auguri”.
Il sindaco Martino Sanna le ha consegnato la pergamena con gli auguri, a nome suo e dell’amministrazione che rappresenta “per il raggiunto traguardo dei cento anni di vita”.
Alla fine della giornata ha accusato un po’ di stanchezza ma era felice di tanta attenzione.
“E’ garbata e gentile – afferma la nipote -, la notte anche se non dovesse dormire, non disturba mai, se ne sta tranquilla in silenzio”.
La nostra nonnina è un po’ bacchettona nei confronti dei giovani di oggi che non conoscono le regole, ma la sua è una severità sana d’altri tempi. “Sun totus maleducados, totus nudos e no ana rispetu po niunu”.
L’augurio più bello?
“A cento cinquanta”. Ironica e pronta la sua risposta: “Grazie, deus lu fagada, già non los apo furados a niune”.
Auguri
Auguroni, Signora.