AL CIRCOLO “GENNARGENTU” DI NICHELINO IL DOCUFILM ‘OLTRE IL MARE’: UN MESSAGGIO PER LA NUOVA GENERAZIONE DI MIGRANTI SARDI

Rita Danila Murgia, Presidente del circolo “Gennargentu” di Nichelino (TO)

Lunedì 6 gennaio 2025, presso il Circolo dei Sardi Gennargentu di Nichelino, è stato presentato il docufilm Oltre il mare, pro- dotto dal Circolo Peppino Mereu di Siena con il contributo dell’Assessorato al Lavoro della Regione Autonoma della Sardegna tramite il PAE 2023 e patrocinato da numerose realtà associative di sarde e di sardi presenti in Italia e all’estero, tra le quali lo stesso Circolo di Nichelino. Ideato da Elio Turis, Daniele Gabbrielli, Dina Meloni e Irio Pusceddu, e diretto da quest’ultimo, il documento raccoglie le testimonianze di fami- glie sarde di pastori, emigrate nel centro Italia, e più precisa- mente tra Toscana e Umbria, nel corso degli anni ’60 del Nove- cento. Il loro obiettivo era quello di stabilirsi, insieme al bestiame traportato direttamente dall’Isola, nei terreni rurali abbandonati dalle famiglie locali a seguito delle trasformazioni economiche, socio-culturali e antropologiche scatenate prima dall’accelerazione del boom economico avvenuto negli anni ’50 e poi dalla fine della mezzadria in Italia, attestata dalla legge n° 756 del 1964. In una zona fortemente caratterizzata proprio dalla mezzadria, come lo furono appunto la Toscana e l’Umbria, l’impatto di tali trasformazioni ha rappresentato un cambiamento radicale, profondo ed esteso che senza l’intervento delle famiglie migranti di pastori sardi avrebbe inevitabilmente provocato il decadimento del territorio fino a quel momento destinato ad uso agricolo. Il docufilm di Irio Pusceddu dà voce ai diretti protagonisti di questa pagina di storia della migrazione sarda, ma anche ai loro discendenti di prima e seconda generazione: nonne e nonni, madri e padri e, in qualche caso, nipoti, testimoni di un’impresa che parla di sacrificio, orgoglio, tradizione, scommessa e futuro.


L’iniziativa del Circolo Gennargentu di Nichelino si è rivolta a un pubblico di socie e di soci in molti casi accomunati, com’è noto, da una storia migratoria diversa nella forma: sono uomini e donne che hanno lasciato l’Isola in parte negli stessi anni, in parte nel corso del decennio successivo, attirati da un’offerta crescente di lavoro nelle industrie, particolarmente sviluppate nel cosiddetto “triangolo” compreso tra le città di Torino, Milano e Genova. Questa storia di migrazione, dunque, caratterizzata dal lavoro in fabbrica, si è configurata fin da subito come stanziamento urbano, e solo successivamente come aggregazione intorno ai nascenti presidi socio-culturali che sul territorio del nord Italia contestualmente iniziavano a diffondersi. Molte realtà associative di sardi attualmente attive sono, in tal senso, testimoni di quest’altro processo migratorio. Si è trattato di un fenomeno che ha riguardato donne e uomini che, seppure in una forma diversa, hanno tuttavia alimentato un’analoga esperienza di sacrificio, orgoglio, tradizione, scommessa e futuro.
Mentre l’impresa migratoria che ha riabilitato vasti territori e interi paesaggi del centro Italia, salvandoli in questo modo dal decadimento, è stata testimoniata in Oltre il mare come esempio di capacità d’impresa, integrazione e progettualità da parte di generazioni di sardi che hanno saputo costruire nuove condizioni di socialità nell’incontro con le comunità locali, non in pochi casi descritte inizialmente come “diffidenti”, l’altra impresa migratoria, che ha contribuito sì diversamente allo sviluppo del tessuto economico del sistema-Paese partendo dalle realtà industriali del Nord, è apparsa negli sguardi commossi delle sarde e dei sardi che hanno assistito alla proiezione. L’evento, quindi, è stato già per questo un significativo momento per conoscere, ri-conoscersi o ricordare quella pagina di storia di sardi migranti, iniziata (e ancora in via di svolgimento e trasformazione) da altri conterranei che hanno ugualmente scelto di “oltrepassare il mare”, alla ricerca di futuro. Le parole di un intervistato messe a esergo di questo articolo esprimono efficacemente il senso, soprattutto emotivo, dell’esperienza dell’oltrepassamento – che è, in definitiva, l’esperienza del distacco amplificata dalla peculiarità geo- grafica dell’insularità – vissuto da tutti i sardi migrati per lavoro.
Forse è stato questo uno dei passaggi più salienti del docu- film di Pusceddu: la consapevolezza, dimostrata in partico- lare dalle parole delle giovani e dei giovani discendenti dei protagonisti della migrazione pastorale degli anni ’60, di una prospettiva di lungo respiro, potremmo anche parlare di una visione, che, restituendo dignità e valore alla scelta compiuta dai rispettivi genitori o nonni, l’ha al contempo proiettata in avanti capitalizzandola in eredità. Le caratteristiche dell’ereditarietà, della durata nel tempo, dell’investimento del valore culturale ed esperienziale nel futuro da
parte delle nuove generazioni, sono fortemente trapelate dagli intervistati più giovani. Non meno im- portanti, però, sono apparse altre caratteristiche, espresse soprattutto dai loro genitori, come la fatica impiegata nel risolvere i problemi in fase di avvio (l’assenza di acqua, di strade, di elettricità) o nel farsi accettare dalle comunità locali, evitando le conseguenze dell’emarginazione.
Oggi tutto questo contiene un messaggio denso, purtroppo poco comunicato, rivolto ai rappresentanti di quella nuova forma di migrazione che interessa giovani sarde e sardi che hanno lasciato l’isola per valorizzare le loro conoscenze e i loro titoli di studio: altre donne e altri uomini alla ricerca del futuro possibile in un’epoca tanto profondamente cambiata, perché più competitiva e iperspecializzata da un lato, perché più frammentante e isolante dall’altro. In questo senso, l’esperienza delle precedenti migrazioni appare in entrambi i casi caratterizzata dalla socialità e dalla capacità di costruire continuità e legami, tenendo insieme l’identità delle radici e il significato dell’esperienza vissuta nell’oltrepassare il mare. L’identità dell’appartenenza, quindi, insieme al significato dell’averla interpretata, sfidata, trasformata; e quindi, in un certo senso, preservata anche nell’altrove.
Tutto questo è – le parole di Elio Turis usate per introdurre il docufilm lo hanno dimostrato – un patrimonio di valori che deve essere salvato in tempo, fissato nella memoria attraverso la pagina scritta o la pellicola impressa. Valori che devono es- sere continuamente rinominati, se necessario attraverso nuovi linguaggi capaci di penetrare l’opacità di questi nostri “tempi digitali”, da un lato così inclusivi ma dall’altro così distraenti e alienanti, affinché i tanti sardi migranti di oggi, spinti da cause storiche, sociali, culturali molto diverse dal passato ma da aspirazioni assai simili, possano vivere la loro esperienza di migrazione con la stessa forza aggregativa, lo stesso spirito d’impresa e lo stesso occhio prospettico che sono emersi dalle testimonianze raccolte tra gli intervistati in Oltre il mare. E che, tornando agli sguardi commossi delle socie e dei soci del Circolo di Nichelino, non di meno sono contenuti nelle storie di chi, nel migrare, ha scelto altri territori del Paese per costruire una nuova vita tesa proprio tra la memoria, il futuro e la costruzione di comunità.

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