di Franco Fresi – Unione Sarda
Se l’è portato via, Ignazio Delogu, una Estate dalle dita / affilate di alghe e di giade / dal volto rugoso di sabbie / vecchia dama dissoluta. Gli sarebbe piaciuto, disse una volta al ristorante della vecchia Sassari dove ci s’incontrava da qualche anno, morire in autunno Dove il persistere è perdita costante / e andare e tornare sono tempi / del non esserci se non come / essiccata memoria frutto inutilmente sospeso.
Era nato ad Alghero, la città delle estati e degli autunni fra i più belli del mondo, nel 1928. Laureatosi in Lettere a Roma, scelse le quattro vie principali che l’avrebbero aiutato, diceva, a realizzare compiutamente la sua sete di conoscenza: l’insegnamento universitario (è stato un eccellente ispanista), l’attività giornalistica, la narrativa e la poesia bilingue, italiano e logudorese, forse il suo più grande amore. Ha insegnato Letteratura spagnola presso l’Università di Bari e in seguito, per alcuni anni, Letteratura spagnola e catalana nell’Università di Sassari. Amico dei più importanti scrittori del mondo letterario ispanico, ha contribuito, con traduzioni di loro opere (traduzioni che per Antonello Mattone sono vere e proprie reinvenzioni letterarie) e con saggi di rara eleganza stilistica, a far conoscere in Italia opere di autori come Gabriel García Márquez, Mario Vargas Llosa e Rafael Alberti. Celebri alcune sue simpatiche uscite quando qualche amico, magari al bar di una città qualsiasi, lo invitava a fare una passeggiata Non posso, rispondeva serio serio, devo aspettare Márquez (o Vargas o Alberti). L’amico, sorpreso, magari anche un po’ diffidente, rimaneva con lui anche per vedere come andava a finire l’attesa. E Márquez, o Vargas, o Alberti puntualmente arrivava: ed erano baci, abbracci e pacche sulle spalle. Ci restano di lui scritti fondamentali che connotano la ricca gamma dei suoi interessi e riguardano la storia, la società e la politica dell’isola. Fra i tanti: “Alle origini dell’idea autonomistica in Sardegna” (Rinascita sarda, 1962); “Le origini del socialismo in Sardegna” (Rinascita sarda, 1964); “Carbonia, una città nuova” in “Le miniere e i minatori della Sardegna” (a cura di Francesco Manconi); “L’eredità spagnola” in “La Sardegna. Enciclopedia” (a cura di Manlio Brigaglia).
Nei suoi due romanzi, “La luna di via dei ramai”, 2003 e “Arde il mare”, 2010, ambientato nella Costa Smeralda, si coglie la forza antica della sua scrittura, quasi speculare con la sensibilità profonda dell’uomo affabulatore che diventa a un tratto uomo nuovo pronto a spogliarsi del suo stesso talento per penetrare con la sua penna in mondi diversi in cui la realtà sarda si caratterizza. Le opere poetiche, saggi e raccolte di versi sono numerose; “Carte segrete”, 1980; “Bestiario urbano” e “Parole gelate”, 1985; “Poesia dialettale dal Rinascimento ad oggi”, 1991; “Metropolis”, 1993, “Improbabile viola”, 2003. Proprio in queste raccolte sembra di individuare il valore più autentico dell’uomo Ignazio Delogu. Essere poeta per lui ha voluto dire scegliere almeno due motivi per testimoniare la “necessità” di essere poeti in un mondo che di poesia pare possa fare a meno. Il primo è quella sua scelta di prendere come punto di partenza un fatto comune, un qualsiasi accadimento, anche in apparenza insignificante per trasformarlo, via via fino a una sublimazione che tolga il fatto stesso dalla sua corteccia di documento per portarlo a dignità di simbolo. Simbolo che ci rivela una diversa comprensione di quella realtà che ci si presenta; e che è la chiave di volta per entrare in un nuovo statuto, con leggi diverse per interpretare la realtà nella sua vera sostanza. Ascoltando la notte il tempo/ si avvolge all’infinito c’è stanchezza / e magia in questo disfarsi delle ore il fogliame dei desideri/la sbiadita realtà del sogno / il fotogramma immobile che fissa / il nostro ambiguo volto all’attimo/ sconfitto del risveglio. Il secondo motivo, legato al primo, valorizza l’uomo con tutte le sue qualità, i suoi errori, le sue gioie, le sue sofferenze. Basterebbe soffermarsi su alcuni passi ispiratigli dai campi di sterminio nazisti per vedere come per Delogu, l’uomo dai mille viaggi, dai diversi amori, dalla parola lussureggiante, diventi una creatura ferita, che stenta a trovare conforto nella stessa speranza.