di RITA CODA DEIANA
Parlare dell’identità di un popolo significa anche e innanzitutto andare a ritroso fino all’origine più arcana e remota della sua lingua. Ogni lingua che si è protratta nel tempo fino ai giorni nostri è dotata di una radice profonda che la àncora al terreno di appartenenza, riuscendo così a integrare il nuovo linguistico senza modificare la sua essenza.
Spesso la lingua è fatta più di suoni che di parole, di significati più che di significanti, di immagini più che di concretezza. Compito del linguista è certamente quello di andare alla ricerca dell’origine, della culla in cui nasce una lingua. Se ci pensiamo bene anche la parola stessa Origine è dotata di una radice che si riferisce a tutto ciò che è voce, oralità, parola tramandata di generazione in generazione e quindi, di conseguenza, tradizione.
La lingua sarda si contraddistingue per il suo innato e forte legame con l’Origine, che nello specifico risale fin all’epoca nuragica. Ed è proprio nella culla nuragica che si sviluppa una serie di concatenazioni tra la vita quotidiana, quella religiosa e la lingua.
La lingua per i nuragici è comunicazione attraverso sillabe ricorrenti, spesso onomatopeiche, che oggi si ritrovano nei toponimi di luoghi e paesi, nei nomi di piante e animali. Per comprendere quindi il senso profondo di un luogo, di un sito archeologico o di un paese, o perché no anche di un cognome, è necessario risalire all’origine del nome, ricercando proprio quelle radici imprescindibili che unite in una parola danno un’idea più ampia del suo significato.
Ogni radice non è solo connessa al significato del luogo ma è anche una guida che ci illustra ad esempio il culto o la sacralità della cosa in sé, una sacralità impregnata di astronomia e di rimandi tellurici. Ogni tribù nuragica si è contraddistinta per una sua radice specifica, radice linguistica e sacra, che ha dato letteralmente il nome ad oggetti, luoghi, nuraghi. Ad esempio la tribù dei Bar- o quella degli Or- ha dato vita ad una serie di toponimi a loro riferiti, toponimi che oggi ritroviamo ad esempio nel nome di comuni quali Bar-rali, Or-istano oppure luoghi come il noto nuraghe di Or-roli o Bar-umini. Queste radici si ritrovano a migliaia in Sardegna e non solo e rispecchiano la diffusione di queste singole tribù attraverso il tempo.
Uno spiccato tratto cultuale riveste di sacro la maggior parte delle parole della lingua nuragica, distinguendo ad esempio il culto solare e quello lunare attraverso radici differenti, che poi si riversano in tutte le parole. La più immediata è ad esempio la radice Or-, diffusamente riferita al culto solare e quindi al Sole oppure la radice Ol- riferita alla Luna e al suo culto. Queste connessioni si moltiplicano se pensiamo anche ai cognomi sardi più antichi, i quali perpetuano l’impronta nuragica. Le parole stesse della lingua sarda riproducono a tratti l’antica Origine, che così serpeggia dai tempi remoti ad oggi.
La parola diventa quindi memoria e tramanda oralmente, come con antichi aedi, la sua quintessenza che si fa per tutti noi immortale.