Fabrizio Alfano
di GRAZIELLA FALAGUASTA
“Partire e restare sono i due poli della storia dell’umanità. Al diritto a migrare corrisponde il diritto a restare, edificando un altro senso dei luoghi e di se stessi. Restanza significa sentirsi ancorati e insieme spaesati in un luogo da proteggere e nel contempo da rigenerare radicalmente.” Con questo pensiero dell’antropologo Vito Teti nel cuore ho incontrato lo scorso mese di agosto a Cagliari Fabrizio Alfano, vulcanologo sardo che ha sperimentato negli ultimi 20 anni il percorso di partire e poi tornare.
L’occasione per la chiacchierata con Fabrizio è nata dalla conoscenza tra suo padre, Pasquale Alfano e la sottoscritta, essendo entrambi tutori volontari di Minori Stranieri Non Accompagnati aderenti all’associazione nazionale Tutori in Rete, tema di cui abbiamo trattato nel numero del 15 giugno del giornale (“Migrazioni e minori non accompagnato nell’agenda della sostenibilità”).
Come si può intuire dal cognome, Fabrizio, nato a metà anni ‘70 a San Gavino Monreale, è di padre calabrese e madre sarda, condizione che lo ha posto, fin dall’inizio, in quello spirito di “migrante” che lo segnerà per almeno 20 anni. È cresciuto in Sardegna con la famiglia, che si è trasferita a Cagliari quando lui aveva sei anni. Qui ha compiuto tutti gli studi, fino alla laurea in Geologia, con specializzazione in Vulcanologia presso l’Università di Cagliari; studi conclusi, con lode, nel 2005 con una tesi proprio in Vulcanologia e Petrografia sotto la supervisione dei professori Raffaello Cioni e Marco Marchi.
Secondo Fabrizio, nelle sue scelte di studio e professionali il richiamo viene da lontano, e infatti dice “Ricordo ancora oggi il giorno in cui, durante una delle numerose visite al ramo calabrese della mia famiglia, con gli occhi ammirati di un bambino di cinque anni guardavo stupito le rovine di Pompei all’ombra del Vesuvio. Con il senno di poi, e se credessi al destino, potrei interpretare quel momento come il crocevia della mia vita che, inconsciamente, ha guidato i miei passi verso la professione che ho svolto per anni, quella del vulcanologo. Ma la realtà non è mai così semplice.”
Ed è grazie alla sua grande curiosità e al desiderio di “andare oltre” che a un certo punto della sua vita ha deciso di lasciare la sua città d’origine, la sua famiglia, la sua Regione, l’Italia, per compiere il grande passo: quello di accettare, nel 2007, l’ipotesi di trasferimento in Svizzera, a Ginevra. Qui ha iniziato un dottorato di ricerca in Vulcanologia, sostenuto da una borsa di studio del programma Master and Back, che lo ha proiettato in un mondo nuovo, dove la ricerca scientifica è ampiamente finanziata grazie alla ricchezza delle fondazioni bancarie e dove il confronto con studenti e studiosi di tutto il mondo mette le persone in condizione di sviluppare il meglio di sé. Fabrizio ama ricordare quegli anni in questo modo “Iniziarono per me cinque anni fantastici e terribili, eccitanti e allo stesso tempo snervanti, in cui, sotto la guida della professoressa Costanza Bonadonna, uno dei tanti brillanti cervelli italiani che hanno lasciato l’Italia, mi sono ritrovato ad essere proiettato in contesto lavorativo molto più ampio rispetto a quello che conoscevo.” E, sostiene Fabrizio, questa condizione è di fortissimo stimolo a mettersi in gioco, a fare esperienze in grado di trasformarti, mettendo in discussione le certezze acquisite fino a quel momento.
Sottolinea, inoltre, Fabrizio “Capire l’universo e le leggi che lo regolano è il più affascinante mistero che ci si possa trovare a investigare, per la complessità dei meccanismi che lo regolano e i tanti punti ignoti che ancora oggi non riusciamo a svelare. Ed è in questo campo che da sempre mi sono voluto cimentare, mettendo alla prova le mie capacità, stimolando la mia curiosità. Un aspetto del mio carattere che, ai tempi delle scuole superiori, la mia principale mentore, la professoressa di fisica Carla Romagnino è riuscita a mettere in luce, coltivare e far esplodere. Da lì ho mosso i primi passi nel mondo della ricerca scientifica.”
L’esperienza svizzera è stato un percorso difficile, ma ricco di soddisfazioni, durante il quale Fabrizio ha potuto allargare le sue conoscenze, confrontarsi con il mondo scientifico internazionale e lavorare al suo progetto di ricerca focalizzato sullo studio e la caratterizzazione dell’eruzione del vulcano Chaitén, che si trova in Cile, iniziata nel maggio 2008, partecipando anche a campagne di rilevamento in Cile e Stati Uniti. Da quel lavoro sono scaturite presentazioni e pubblicazioni dei risultati e si sono sviluppate collaborazioni con alcuni dei più importanti ricercatori a livello mondiale nel campo della vulcanologia.
Ed è proprio in quel periodo che Fabrizio inizia a pianificare il passaggio successivo, ovvero la sua nuova esperienza presso la Arizona State University, dove ha lavorato per 10 anni, sia continuando a sviluppare ricerca sia come docente.
Dieci anni che hanno sicuramente ampliato e arricchito il suo patrimonio di conoscenze scientifiche e umane, ma che gli hanno anche permesso di fare alcuni confronti tra la cultura europea e quella americana, mettendo in luce i grandi valori di un background storico e umanistico di cui gli europei sono portatori in rapporto a una società, quella americana, che offre tantissimo dal punto di vista delle occasioni di “farsi da sé”, ma mette anche in discussione un certo equilibrio personale, fatto non solo di lavoro e di arricchimento finanziario.
Alla luce delle sue esperienze Fabrizio è convinto della positività del partire per crescere e capire come funziona il mondo, e anche per fare dei confronti su quegli aspetti di umanità, di rete sociale e solidale di cui noi europei – e italiani in particolare – siamo permeati, che non sempre emergono negli USA, soprattutto se non sei nato “dalla parte giusta della società” (un esempio per tutti la questione del servizio sanitario universale).
Fabrizio ci ricorda che oggi i giovani appartenenti alle ultime due generazioni (quelle in cui rientra anche la cosiddetta “generazione Erasmus”, che però rappresenta una minoranza di studenti universitari europei appartenenti al ceto medio) avrebbero a portata di mano maggiori opportunità di confrontarsi con “l’altro” e dovrebbero approfittare di questo spazio perché è così che si cresce e si sperimentano spinte al cambiamento.
Il solo fatto di dover parlare un’altra lingua (in particolare l’inglese, che diventa lingua comune) e di dover affrontare sistemi di insegnamento e di valutazione differenti mette nella migliore condizione di fare i conti con il fatto di diventare adulti più velocemente e di assumersi le proprie responsabilità.
Più recentemente, nel 2021, la decisione di tornare in Italia, di nuovo a Cagliari, e di affrontare nuove sfide, ma con la consapevolezza che il cammino fatto è il grande valore che oggi porta con sé, come bagaglio personale, umano e di studioso, perché è riuscito a realizzare una condizione per lui fondamentale: fare ciò che lo appassiona veramente.
E ciò che lo appassiona oggi, nella sua nuova collocazione di ricercatore presso l’Università di Cagliari, è il programma Arpas al quale sta lavorando. Quello che a partire dal 2018 l’Arpas sta portando avanti per la determinazione dei valori di fondo naturale del suolo e delle acque sotterranee nelle principali aree minerarie della Sardegna. Un progetto che prevede l’esecuzione di indagini dirette sui suoli e sulle acque sotterranee, svolte anche in collaborazione con i comuni coinvolti e che si concluderà con la pubblicazione dei risultati sulle 11 aree minerarie di campionamento attuale. Ampie le collaborazioni di questo progetto: le attività sono realizzate dal Servizio Controlli, Monitoraggi e Valutazioni Ambientali e dal Dipartimento Geologico, con il contributo dei Dipartimenti di Scienze Chimiche e Geologiche (DSCG) e di Ingegneria Civile, Ambientale ed Architettura (DICAAR) dell’Università degli Studi di Cagliari.
Come sappiamo – e come si legge nell’edizione 2023 del report “La comunicazione ambientale” di Arpa – Sardegna lo sfruttamento dei giacimenti minerari della regione ha origini antiche e ha raggiunto il massimo sviluppo tra l’800 e la seconda metà del ‘900, con le grandi coltivazioni dei giacimenti di piombo e zinco (l’ultima miniera di piombo-zinco è stata formalmente chiusa alla fine degli anni ‘80 del Novecento) e le testimonianze del lungo sfruttamento minerario della Sardegna costituiscono parte integrante della cultura e dell’ambiente dell’isola, come ben sappiamo anche rispetto a questa specifica zona. La caratterizzazione e lo studio delle aree minerarie dismesse è un elemento fondamentale per definire e attuare corrette politiche di gestione a livello territoriale e ambientale.