LA TIGRE DEL MARE MARTA MAGGETTI, UN TUFFO NELL’ORO OLIMPICO PER BATTERE LA TIMIDEZZA

Marta Maggetti

La regina mondiale del windsurf sarebbe potuta diventare una giocatrice di basket, ma ha scelto il mare, ha scelto la solitudine. Marta Maggetti è diventata una campionessa olimpica nello sport che riflette meglio il suo carattere: non schivo, ma timido e un po’ solitario. L’atleta cagliaritana, 28 anni, il 3 agosto è diventata la prima donna sarda di ogni tempo a salire sul gradino più alto del podio di un’Olimpiade. Una settimana più tardi sarebbe toccato alla pallavolista Alessia Orro.

Marta, come si dorme con una medaglia d’oro sul comodino? «Molto bene. Ma non mi sono ancora ripresa».

Dalle emozioni?  «Da tutto. Le emozioni le ho metabolizzate e sono dentro di me. Piuttosto non mi abituerò mai alle premiazioni, alle celebrazioni, alle feste. Mi fanno molto piacere, sia chiaro, ma non è nel mio carattere».

Lei pratica uno di quegli sport sui quali i riflettori si accendono una volta ogni 4 anni. Se non ne approfitta ora…  «Sì, infatti è bellissimo ed è giusto cavalcare l’onda anche per il bene di questa disciplina: è importante fare presa sui giovani. Ma per noi atleti dopo i Giochi la vita cambia il giusto: medaglia o non medaglia, per i prossimi 4 anni saremo comunque sempre qua, a inseguire il vento, le onde e la nostra passione».

Se anziché in riva al Golfo degli Angeli fosse nata a Nuoro o a Bolzano, che sport avrebbe praticato?  «La mia passione per lo sport è nata presto: papà faceva l’istruttore di minibasket e surfava a livello amatoriale. A 4 anni ho iniziato a giocare a basket, a 8 sono salita su una tavola e sino a 13 anni ho praticato entrambi gli sport. Poi ha vinto il mio carattere: odiavo perdere per colpa della squadra, mi pesava da morire. Così ho scelto uno sport nel quale sono padrona dei miei risultati. Sono fatta così».

Non è andata così male.  «Amo il mare, amo la vela e il modo in cui riesco a isolarmi tra le onde. La gavetta è stata lunga, ma sinora è stato un percorso bellissimo. Ho conosciuto vittorie, piazzamenti, gioie e delusioni».

In Italia si è discusso molto sul valore della “medaglia di legno”. Lei ha sempre detto che non mette il quarto posto ai Giochi di Tokyo tra le delusioni.  «Esatto, anzi per me è stata una vera gioia. Chiaramente ogni atleta ha il proprio carattere, la propria sensibilità e ha fatto un certo percorso. È ovvio che se sei abituato a vincere sempre non andare sul podio è una delusione: ma per me era la prima olimpiade, gareggiavo in una classe storica con atlete molto competitive, che magari arrivavano da 2-3 olimpiadi. Il quarto posto al primo tentativo per me è stato il massimo, sapevo esattamente cosa potevo dare ed è stato fantastico».

Dal gradino più alto del podio si soffre di vertigini? «No, anche se ti tremano le gambe e in pochi istanti realizzi davvero di avere raggiunto il traguardo che hai inseguito per anni. Sabato ho rivisto la premiazione durante una serata pubblica ed ero pietrificata dall’emozione. Però il podio non è stato il momento più emozionante».

Quale è stato? «Il momento in cui ho tagliato il traguardo e mi sono tuffata in acqua. Avevo un battito cardiaco da cuore in gola, una sensazione pazzesca».

Quanta celebrità le è piovuta addosso dopo quella gara? «Abbastanza. Mi riconoscono per strada, mi chiedono un selfie. Gente che non conosco mi dice parole carinissime. È bello. Anche se sono abbastanza chiusa, mi pesa molto meno delle cerimonie pubbliche».

Quanti messaggi ha trovato sul telefono dopo la finale?  «C’erano 400 whatsapp».

Ha risposto a tutti? «Piano piano. Me ne mancano ancora 150».

Instagram? «C’era un numero infinito di notifiche. Anche lì ho avuto una botta di popolarità notevole, credo di essere a 13-14 mila follower. I social mi piacciono, ma senza perderci la testa».

Meglio il mare? «Senza dubbio. È qualcosa che vivo pienamente, d’estate come in inverno. Col sole o con la pioggia. Anzi, a volte surfare con il brutto tempo di dà più adrenalina».

Com’è la nuova tavola?  «Con l’iQFOiL è aumentata la velocità, di conseguenza l’adrenalina e la necessità di avere sempre il perfetto controllo».

Per “fiutare” il vento serve un intuito particolare? «L’esperienza è fondamentale, insieme allo studio del meteo, delle carte e alla preparazione fisica. Io sento il vento e riconosco le raffiche anche dal colore del mare. Le sensazioni hanno il loro peso».

Che sensazioni ha avuto quando ha deciso la manovra che è valsa la medaglia d’oro? «Appena ho visto la boa davanti e ho sentito il vento sapevo già quello che dovevo fare. Ho seguito l’istinto, mi sono spostata con totale sicurezza. Pochi istanti dopo mi sono ritrovata in acqua, col cuore in gola, a urlare di gioia».

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Un commento

  1. Donatella Falchi

    Grande Marta ❣️

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