UNO SGUARDO AL PASSATO DI ARZACHENA: DALLA MOSTRA ‘IL CANTICO DI PIETRA’, LE SPLENDIDE FOTO DI GIUSEPPE CONTINI

Mario Sotgiu

La MSD & partners, agenzia di comunicazione di Mario Sotgiu Dessole, in collaborazione con il Comune di Arzachena (SS), con la Parrocchia di Santa Maria della Neve e con l’associazione culturale La Scatola del Tempo, ha promosso e organizzato il progetto culturale Le Braci del Tempo. Nell’ambito di questo ampio progetto, che si concluderà alla fine del 2024, sono state allestite tre mostre: I temerari viaggiatori dell’800 che visitarono l’antico Villaggio di Santa Maria d’Arsequina, che resterà aperta fino al 15 ottobre presso la chiesetta di san Pietro; Il Cantico di Pietra, mostra fotografica di Giuseppe Contini, allestita alla Caseddha di lu Furru, il Museo del pane; Con la luce negli occhi. Riflessioni fotografiche sulla storia della Costa Smeralda, visitabile al Museo Civico “Michele Ruzittu”.

Mario Sotgiu ha raccontato dettagli e curiosità relativi alle tre esposizioni, ribadendo più volte che la Sardegna non è solo Costa Smeralda: la sua storia millenaria, la cultura, le tradizioni dell’entroterra, la straordinaria bellezza del suo territorio sono un patrimonio prezioso da conoscere e valorizzare. Mario Sotgiu ha rivolto un particolare ringraziamento al Comune di Arzachena, in particolare all’Assessorato alla Cultura, guidato dalla dott.ssa Valentina Geromino, e a don Mauro Moretti, che ha messo a disposizione gratuitamente il Museo del Pane e la chiesetta di san Pietro.

La chiesetta di San Pietro ospiterà la mostra I temerari viaggiatori dell’800 che visitarono l’antico Villaggio di Santa Maria d’Arsequina. Antichi ed emozionanti frammenti letterari, alla scoperta di una terra ostile, fra banditi e Santi. La mostra èdedicata ai viaggiatori che hanno attraversato il territorio gallurese circa duecento anni fa. Quando è nata l’idea di realizzare questa mostra? A quali frammenti letterari si fa riferimento? Che immagine ci forniscono di Arzachena? L’idea di realizzare questa mostra è nata tantissimi anni fa, ma è stato necessario del tempo per recuperare tutto il materiale. Posso dire che è nata lentamente, nel senso che negli anni ho messo da parte tutte le informazioni che arricchiscono il percorso espositivo, oggi in esposizione.  Abbiamo attinto a molti testi, perlopiù inglesi, di metà ‘800, scritti da viaggiatori che hanno scelto di non intraprendere il famoso Grand Tour, decisamente più comodo e agevole rispetto a un viaggio in Sardegna. Recarsi in Sardegna in quel periodo, infatti, significava andare all’avventura, era molto rischioso: qui era pieno di banditi. La mostra accoglie molte testimonianze di autori che hanno scritto della Sardegna; si tratta di relazioni tecniche, ma anche di libri veri e propri. Noi ci siamo occupati di estrarre e tradurre la parte che riguarda il momento in cui questi viaggiatori attraversarono il nostro territorio. Si è rivelato fondamentale l’aiuto di una persona qualificata come il Prof. Thomas Leonard-Roy, ricercatore della Harvard University. Uno dei testi più importanti che abbiamo esposto è stato tradotto negli anni ’90 dallo storico Manlio Brigaglia. Nel libro “Pastori e banditi” Emanuel Domenech descrive Arzachena come una collina alberata in cima alla quale c’era una chiesetta e di fianco il carnaio dei pastori, che sarebbe proprio la chiesetta dedicata a san Pietro che ospita questa mostra. All’epoca, all’interno di questo edificio venivano messi i corpi e le ossa di coloro che venivano a mancare, sia per morte naturale che per morte violenta. Il quadro, realizzato interamente con del sale marino colorato dagli Infioratori Arzachenesi, che i visitatori possono ammirare durante la visita della mostra, riproduce proprio questo. Abbiamo esposto, fra i tanti, anche un testo di La Marmora, che nel 1860 parlò di alcune insenature del golfo di Arzachena. Tra gli autori stranieri che parlarono della Sardegna, figura anche la scrittrice Mary Davey, una donna coraggiosa che in quel periodo decise di attraversare l’Isola e arrivò ad Arzachena per la festa di S. Maria, nel mese di maggio. Arrivò accompagnata da tredici militari: non dimentichiamo che questi territori desolati in quel periodo erano pieni di banditi. Daniel Roberts, Capitano della Marina Inglese, arrivò nel golfo di Arzachena; oggi possiamo leggere l’accurata descrizione che ne fece. Un disegno di quell’epoca mostra l’abbigliamento dei pastori in quel periodo: si nota chiaramente che andavano in giro armati.

Come si spiega questa frequentazione così assidua di Arzachena e del suo territorio, nonostante l’isolamento geografico? I motivi sono di carattere economico: la casa reale inglese aveva necessità di capire se ci fosse convenienza ad occupare la Sardegna, per non lasciarla in mano ai Francesi. Il nord della Gallura era una zona strategica. Nelson è rimasto qui alcuni anni.

Nella locandina si parla di una terra ostile, fra banditi e Santi. Chi sono questi santi? A cosa si fa riferimento? Si fa riferimento soprattutto alla vicinanza con Luogosanto, dove si svolgeva una festa simile alla festa di S. Maria, che si teneva ad Arzachena nel mese di maggio. Il legame di Arzachena con Luogosanto è antico. Sembrerebbe che la Madonna presente nella cattedrale di Luogosanto sia arrivata in una cassa, nel periodo medievale, da una zona che noi oggi chiamiamo Barca Bruciata, situata a 5 km da Cannigione, sulla costa arzachenese. Dalla spiaggia di Barca Bruciata è arrivata a Luogosanto, dove ancora oggi si può ammirare.
Quale messaggio si augura possa arrivare ai visitatori? Soprattutto l’emozione di scoprire un’Arzachena che oggi non esiste più. Noi abbiamo deciso di proseguire con la mostra, in quanto molti operatori turistici ci hanno fatto notare che, essendo in versione bilingue, molti turisti l’hanno apprezzata e hanno manifestato il desiderio di visitarla nuovamente per poter approfondire, visto che c’è molto da leggere. Per questo motivo, con la dott.ssa Valentina Geromino, ex delegata alla cultura del Comune di Arzachena, e con il dirigente dott. Salvatore Tecleme, abbiamo pensato di renderla fruibile fino al 15 ottobre, cioè un altro mese e mezzo in più, visto il successo dell’iniziativa. Voglio, inoltre, precisare che proprio da questa chiesetta del centro storico ogni sabato mattina parte un agevole Trekking Urbanogratuito e aperto a tutti (anche agli stranieri), per le vie del centro storico di Arzachena, iniziativa che sta riscuotendo uno straordinario successo, soprattutto fra i tanti vacanzieri presenti nel nostro territorio in questo momento.

Nella Caseddha di lu Furru, il Museo del Pane, si può ammirare Il Cantico di Pietra, la nuova mostra fotografica di Giuseppe Contini. Ci parli pure del percorso espositivo… A cosa si fa riferimento con l’espressione cantico di pietra? Si parla di “Cantico di Pietra” perché si tratta di una selezione di immagini, quasi una lode visiva, tra le migliaia di immagini scattate nel corso degli anni da Giuseppe Contini, realizzata con l’intenzione di mostrare le strane forme assunte dalle rocce in Gallura, in particolare nel territorio di Arzachena. Giuseppe ha operato una selezione sentimentale delle foto e volutamente non ha messo didascalie di accompagnamento, perché ognuno in queste immagini può vedere qualcosa a seconda della propria sensibilità. Il Museo del Pane, messo a disposizione dalla Parrocchia, è un luogo storico, oggi di grande valore identitario, che è stato fondamentale per Arzachena quando la moderna cittadina era ancora una piccola borgata di Tempio Pausania. Ci sono ancora la stanza della famiglia che possedeva il forno, il forno vero e proprio, che era, di fatto, un forno rionale, e tanti elementi della quotidianità e della vita dei campi, appesi alle pareti di granito. Il museo si presenta in una veste nuova, curata interamente da Giuseppe Contini. L’edificio è stato rimesso in piedi in maniera originale con il ginepro e l’incannucciato che si usava allora. Questa mostra fa seguito alle altre dedicate agli stazzi. Mi auguro che arrivi il messaggio che la Sardegna non è solo mare e Costa Smeralda, ma ha una storia millenaria e un territorio straordinario, tutto da scoprire, e noi abbiamo scelto di mostrarli all’interno di un locale speciale come il Museo del Pane.

Nella sala espositiva del Museo Civico “Michele Ruzittu” di Arzachena è allestita la mostra Con la luce negli occhi. Riflessioni fotografiche sulla storia della Costa Smeralda, che resterà aperta fino al 30 settembre. Con quale obiettivo è nata? La mostra vuole far capire che il turismo in Sardegna non è nato con l’inizio della Costa Smeralda, ma il discorso prese le mosse una decina di anni prima sulla costa algherese, dove un imprenditore russo-inglese avviò alcune attività turistiche che di lì a pochi anni falliranno. Alghero ha aperto le porte al turismo internazionale, non Arzachena, anche se tutto questo è stato favorito da un arzachenese, Giovanni Filigheddu, che nel 1953, quando ancora, in Sardegna, non si parlava di turismo, istituì l’Assessorato al turismo. Lui era un visionario: aveva capito che il turismo avrebbe potuto rappresentare una risorsa per l’intera isola, quindi agevolò l’arrivo degli investitori internazionali che diedero origine alla Costa Smeralda, li conobbe e gli fece scoprire il territorio. Da qui, alla fine degli anni ’50, iniziarono i primi investimenti sulla costa arzachenese.

Come è impostata questa mostra? Perché nel titolo si parla di luce negli occhi? La mostra segue un’impostazione cronologica, con l’inserto di qualche elemento, qualche narrazione, qualche episodio. Nell’esposizione si possono ammirare molte foto inedite e altre foto storiche, recuperate a Sassari da Emanuele Tecleme, quindi anche vecchi articoli, ormai dimenticati, su periodici dei primissimi anni ’60, in cui si parla dell’Aga Khan e si dice che “sta comprando la Sardegna”. Il titolo, “Con la luce negli occhi”, è emblematico: la luce negli occhi è tipica delle persone intelligenti e lungimiranti, persone che sanno guardare lontano, ma è anche la luce abbagliante della straordinaria bellezza della Costa Smeralda. Nonostante l’abbagliare della bellezza di questo tratto di costa, si è riusciti a ragionare bene e a sviluppare un discorso turistico che, ancora oggi, è in piena salute.

Chi c’è alla “regia” di questa vivacità culturale? Il progetto “Le Braci del Tempo”, all’interno del quale sono inserite le iniziative culturali di cui abbiamo parlato, è stato presentato dalla mia agenzia di comunicazione, la MSD & partners, ma voglio sottolineare l’importanza della collaborazione del Comune di Arzachena, che ha finanziato interamente queste iniziative, e della Parrocchia di Santa Maria della Neve, grazie a don Mauro Moretti, che ha messo a disposizione gratuitamente il Museo del Pane e la chiesetta di San Pietro. L’associazione “La Scatola del Tempo” sta collaborando, insieme ai volontari che si alternano per tenere aperti il Museo del Pane e la chiesetta di San Pietro, con la mia agenzia di comunicazione. Grazie a questa pluralità di interventi siamo riusciti a portare avanti questi importanti appuntamenti.

La rassegna si concluderà con un’ultima iniziativa dal titolo “Le parole custodite”, che prenderà il via il 18 ottobre, nella chiesetta di San Pietro. Si tratta di un viaggio in pura cellulosa, attraverso l’esposizione dei primissimi (e talvolta curiosi…) atti amministrativi (dal 1922 al 1930) della giovane Amministrazione Comunale di Arzachena, appena distaccatasi dal Comune di Tempio Pausania. Quest’ultima iniziativa si concluderà a fine anno.

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