POETA, SCRITTORE, AVVOCATO E GIORNALISTA: SEBASTIANO SATTA, IL VATE DELL’IDENTITA’ SARDA

Sebastiano Satta

Sebastiano Satta nasce a Nuoro il 21 maggio del 1867. Il padre Antonio è un avvocato nuorese e la madre, Raimonda Gungui, originaria di Mamoiada, «sua prima Musa», donna di umili origini e florido ingegno.

La famiglia è composta anche da un altro fratello, Giuseppe. All’età di cinque anni muore il padre, a Livorno, dove si trova per un viaggio di lavoro. Sebastiano, conosciuto da amici e parenti anche come “Bustianu” o “Pipieddu” (letteralmente “piccolino” “bambinello”) frequenta a Nuoro le scuole elementari e il ginnasio, presso la Scuola Normale Maschile del locale convento francescano.

A partire dal 1883 si trasferisce a Sassari per frequentare il Liceo “Azuni“, dove consegue la maturità nel 1887. Al liceo, il suo insegnante di italiano nonché poeta di forte impronta carducciana, Giovanni Marradi, risulterà decisivo per la futura formazione poetica di Satta.

Dopo gli studi liceali, durante il biennio ’87/’88, si trova a Bologna per svolgere il servizio militare.

Rientrato in Sardegna decide di iscriversi alla Facoltà di Farmacia dell’Università di Sassari, nella quale però non prosegue i suoi studi, preferendo iscriversi nel 1890 alla Facoltà di Giurisprudenza.

Nello stesso anno inizia anche l’attività giornalistica, collaborando a diverse riviste locali edite a Sassari, come Nella terra dei nuraghes, Burchiello, Caprera e Sardegna letteraria

Nella Sassari di allora, che gli ricordava la Bologna carducciana che aveva conosciuto durante il servizio militare, con fermenti repubblicani e progressisti, aderisce agli ideali socialisti.

Un anno intenso è per Satta il 1893, che vede la pubblicazione di due raccolte di poesie: la prima, intitolata Nella terra dei nuraghes, dove troviamo: In Barbagia, Sul Gennargentu, Su battizzu, Sull’Ortobene, Di-sperata, Ritornando nella terra dei Nuraghes, Conte Brando e Sa ferrovia, e include anche i versi di altri due poeti, Pompeo Calvia e Luigi Falchi, mentre la seconda Versi Ribelli, rappresenta la testimonianza dell’esperienza giovanile maturata nel periodo bolognese.

Sempre nel 1893 fonda e dirige con Gastone Chiesi il quotidiano L’Isola, che continuerà le pubblicazioni fino al 1894.

Sul giornale firma i capicronaca con lo pseudonimo di “Povero Jorick”, pseudonimo shakespeariano già utilizzato da Laurence Sterne.

Chiusa l’avventura con L’Isola passa al già molto diffuso quotidiano sassarese Nuova Sardegna. Studente irregolare e giornalista insofferente agli orari e al lavoro in redazione, Bustianu è un vero e proprio goliardo e scapigliato, sempre pronto a vivaci scorribande notturne alla testa di un gruppo di giovani studenti che lo stimano e lo apprezzano.

In questo tumultuoso e un po’ bohémien periodo della sua vita, Satta alterna agli studi in legge una costante attività poetica, consolidando allo stesso tempo la professione giornalistica con una clamorosa intervista realizzata nel 1893 con Gastone Chiesi a tre temutissimi banditi dell’epoca.

Il resoconto di quell’incontro è rappresentato dal libro “Un’intervista coi banditi Derosas, Delogu e Angius”. Note ed appunti, pubblicato nel 1894. Nello stesso anno, il 28 luglio, consegue la Laurea in Giurisprudenza discutendo una tesi intitolata “Gli eserciti e gli armamenti stanziali nel rapporto economico e morale”.

Le raccolte di poesie Nella terra dei Nuraghes e Versi ribelli, di modesto valore artistico sono utili per capire l’itinerario spirituale del poeta. Fortemente influenzato da Carducci, tra le incertezze tecniche e i convenzionalismi formali si inizia però a intravedere il Satta più autentico.

Nella prima silloge, di otto liriche, due sono in lingua sarda; nella seconda ugualmente di otto liriche, è presente un Satta protestatorio nei confronti del servizio militare, ma più perché è stato allontanato dalla sua Sardegna che per motivi ideologici.

Torna intanto a Nuoro dove è consigliere comunale nel triennio 1900-1903 e dal 1896 al 1908 esercita la professione di avvocato. In tale professione – come riferisce lo storico Raimondo Bonu – “ebbe fama di valente penalista e di oratore brillante, facondo, irruente, temuto per le sue arringhe, perché sapeva cogliere dalle circostanze più disparate la nota umana, adatta a trasformare il delinquente affidato alla sua difesa in un eroe, in un rivendicatore di diritti, in un maestro di giustizia sociale”.

Nel 1896, in occasione del centenario della rivoluzione angioyana scrive l’ode Primo Maggio, dedicata al protagonista di quella rivoluzione antifeudale, Giovanni Maria Angioy, appunto. E’ pubblicata nel quotidiano di Sassari, “La Nuova Sardegna” , ma il numero fu sequestrato: segno di tempi di censura e di repressione.

L’ode carica di retorica e ascendenze carducciane, è impregnata di una intensa “sardità” che caratterizzerà anche la sua poesia più matura. Che arriverà con i Canti barbaricini pubblicati nel 1909.

In essi sono ancora presenti gli echi della poesia carducciana, pascoliana, del D’Annunzio di Alcione e persino di Victor Hugo, di Heinrich Heine e di Walt Whitman, ma la sua poesia inizia ad avere una sua precisa e personale fisionomia, dal punto di vista espressivo, metrico e dei contenuti.

Continua a lavorare e comporre versi, conducendo una discreta vita sociale fatta di amicizie sincere come quelle con lo scultore Francesco Ciusa e il poeta Francesco Cucca.

Dal 1900 al 1903 è consigliere comunale di Nuoro e si impegna per l’abolizione dei dazi di frontiera sui grani e per la salvaguardia dei boschi del Monte Ortobene, cima che sovrasta Nuoro e per la quale Satta ha quasi una venerazione.

Il monte è meta di lunghe passeggiate e soggiorni estivi e ad esso dedica la poesia Orthobene. Nel 1905 sposa la concittadina Clorinda Pattusi e nel febbraio del 1907 nasce la primogenita Raimonda, chiamata affettuosamente Biblina, che morirà dopo pochi mesi.

La morte della bambina segna profondamente Satta che scrive una serie di poesie intitolate Canti della culla e le depone all’interno del feretro della figlia (vedranno la luce anni dopo, nel 1924, quando viene riesumata la salma della bambina).

Nel mese di marzo del 1908 Satta viene colpito da una emorragia cerebrale che ne causa la parziale paralisi, limitandolo fortemente nei movimenti e nel linguaggio. Il 18 luglio nasce il figlio Vindice.

Dopo la malattia l’attività forense di Satta sostanzialmente si conclude anche se il poeta cerca tenacemente di superare le difficoltà nel parlare e nello scrivere, prendendo anche lezioni per imparare a usare la mano sinistra. Continua comunque a comporre, dettando i suoi versi agli amici o alla moglie e dal 1910 a Vincenzo Soro che ne diventa il devoto allievo e assistente fino alla morte

Scrive le sue ultime poesie fra il 1909-1914. Esse saranno raccolte –senza ulteriore rielaborazione e revisione- nei Canti del Salto e della Tanca e verranno pubblicate postume nel 1924.

Condannato all’infermità, la sua vita interiore si fa più raccolta e più intensa e la sua poesia è caratterizzata da una “sardità” ancor più esclusiva, persino nei particolari stilistici e lessicali. Della gente sarda non descrive solo gli stati d’animo e i modi di vivere ma anche il modo di parlare e di costruire il periodo.

La raccolta Canti Barbaricini vede la luce nella sua prima edizione nel 1910, pubblicata a Roma da La Vita Letteraria, anche grazie all’interessamento del fratello Giuseppe e di Grazia Deledda.

Sebastiano Satta muore improvvisamente a Nuoro il 29 novembre del 1914, dopo un ulteriore aggravamento delle sue condizioni di salute.

Viene sepolto senza funerali religiosi perché aveva espresso la volontà di non gradire né preti, né preghiere alla sua morte.

Le cronache narrano che folle di contadini, pastori e persino banditi, scesero dalle montagne per accompagnarlo alla sua ultima dimora, memori del suo amore per l’uguaglianza e il progresso sociale e della sua passione per la patria sarda.

Satta infatti fu molto popolare e amato dalla sua gente che vedeva in lui un vero e proprio “vate” e cantore di una mitica e drammatica identità sarda.

La notizia si sparge velocemente a Nuoro e in tutta la Sardegna, destando una enorme commozione e un cordoglio unanimi.

https://www.facebook.com/ainnantis

Aggiungi ai preferiti : Permalink.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *