di ROBERTA CARBONI
Non tutti sanno che al di sotto del presbiterio, nel maestoso duomo cagliaritano, si cela un santuario scavato nella roccia. Solo percorrendo le navate laterali e giungendo all’altezza del transetto si scorgono i due ingressi gradonati che conducono alla cripta.
E’ chiamata cripta dei Santi Martiri, o semplicemente Santuario dei Martiri, perchè al suo interno sono collocate 179 nicchie contenenti le reliquie dei martiri cagliaritani rinvenuti nel corso di alcune campagne di scavo promosse dall’arcivescovo Francisco D’Esquivel nel corso del XVII secolo.
Era il 1605 quando Francisco D’Esquivel, già vescovo di Rodrigo ed inquisitore a Maiorca, diventava arcivescovo di Cagliari, sotto le grazie di Filippo III di Spagna e con la benedizione di papa Paolo V.
Determinato a portare avanti il rinnovamento culturale del Regno di Sardegna, si fece promotore di numerose iniziative, dall’istituzione dell’Università di Cagliari al seminario diocesano. Ma tra le tante iniziative, la più importante e senz’altro singolare fu quella dei cosiddetti “sancti innumerabiles”, nel 1615.
Si trattava di una serie di campagne di scavo condotte tra Cagliari ed altri luoghi della Sardegna con l’obiettivo di ritrovare i resti ossei dei martiri locali sepolti durante le persecuzioni del I-IV secolo e restituire loro lustro e dignità.
Colpito dalla notizia del ritrovamento delle reliquie dei martiri turritani Gavino, Proto e Gianuario nella Basilica di San Gavino di Porto Torres nel 1614 ad opera dell’arcivescovo Gavino Manca de Cedrelles, D’Esquivel decise di dar vita anch’egli ad un’operazione di grande risonanza, essendo assai viva a quell’epoca la polemica tra per il prestigioso titolo di “primate di Sardegna”. Si trattava di un antico quanto pomposo titolo ecclesiastico onorifico che vantava origini risalenti all’epoca pisana, quando era usato dall’arcivescovo di Pisa e poi vantato dall’arcivescovo di Cagliari e di Sassari. Questo riconoscimento, dopo essere entrato in disuso nel corso del Medioevo, tornò in voga proprio all’inizio del XVII secolo, dopo che, a seguito del Concilio di Trento, c’era stata una riorganizzazione delle varie diocesi.
Più che mai determinato a strappare il titolo all’arcivescovo di Sassari, D’Esquivel diresse personalmente gli scavi e trovò una lapide con la scritta “+ S…INUM...”, che fu interpretata erroneamente come “Sancti innumerabiles”.
Tale ritrovamento sembrava giustificare la grande devozione popolare che da sempre interessava alcuni luoghi cagliaritani, come la necropoli di Bonaria, dove era già presente la chiesa dedicata a San Saturno – poi diventato Saturnino – ed altre chiese della città. Furono anni intensi, che riportarono alla luce numerosi resti, tra cui quelli dei santi Cesello, Camerino, Lussorio, Sisinnio, Lucifero e tanti altri. Il ritrovamento delle reliquie dei martiri determinò nel 1615 la ristrutturazione della chiesa per volontà dello stesso arcivescovo, con lo scavo di un apposito ambiente per accogliere le preziose reliquie. Il suggestivo ambiente funerario fu inaugurato con una solenne cerimonia il 27 novembre 1618.
Riprendendo le parole del canonico Giovanni Spano, “Il Santuario di Cagliari è una delle opere più meravigliose che si conoscano in questo genere. Si può dire di meritare un viaggio espressamente per visitarlo”.
Dal punto di vista architettonico, la cripta si compone di tre ambienti, con volte a botte ribassate e decorazioni a cassettoni in stile barocco con rosette e punte di diamante che si alternano in rilievo. Le decorazioni scultoree furono cominciate da maestranze siciliane e portate a termine da Antonio Zelpi e da Monsterrat Carena. Al primo ambiente si accede mediante una scalinata in marmo, raccordata attraverso un piccolo pianerottolo alle due piccole rampe che si aprono sotto la balaustra del presbiterio.
Il pianerottolo funge da vestibolo del santuario e ospita il mausoleo dell’arcivescovo Francisco De Esquivel – che qui espresse volontà di essere sepolto alla sua morte, avvenuta nel 1624 – e alcune iscrizioni relative al trasferimento delle reliquie e alla consacrazione dell’ambiente. Il mausoleo dell’arcivescovo spagnolo è costituito da una tomba ad arcosolio con un sarcofago in marmo il cui coperchio mostra l’effige del prelato in abiti pontificali. Sopra la cassa si apre una lunetta interamente decorata con una tela di scuola spagnola del XVII secolo, che raffigura l’arcivescovo inginocchiato ai piedi della croce e Cristo crocifisso attorniato dai martiri.
La scalinata conduce ad un primo grande ambiente, di dimensioni maggiori rispetto ai due laterali, nella cui parete di fondo si erge un maestoso altare dedicato alla Madonna dei Martiri. Ai lati sono aperte due piccole nicchie con i simulacri di San Giuseppe a destra, e di Sant’Anna a sinistra. Sotto l’altare è stata scavata un’ampia tomba, che racchiude le ossa dei martiri di cui non si conosceva il nome, con l’iscrizione “SANCTI INNUMERABILES”.
Alla cappella di San Lucifero si accede dalla porta a destra dell’altare della Madonna dei Martiri. Si tratta di un ambiente più intimo e raccolto, caratterizzato dalla presenza di altre 80 formelle, un altare dedicato a San Lucifero e un mausoleo di stampo neoclassicista, collocato in tempi successivi.
A dispetto del nome un pò ambiguo, Lucifero fu vescovo di Cagliari nel IV secolo e sostenne fieramente la lotta del primo cristianesimo contro la corrente ariana, partecipando al Concilio di Milano. I suoi resti sono custoditi sotto la mensa dell’altare, contenente un’urna che, nel 1995, l’arcivescovo Ottorino Alberti ha sottoposto a ricognizione canonica. L’altare è caratterizzato dalla presenza della statua del santo vescovi in abiti pontificali, come da tradizione iconografica.
L’iscrizione, che si può leggere sulla lastra sovrastante l’altare, afferma che le reliquie del santo furono ritrovate il 21 giugno 1623 e traslate il 20 maggio 1626. La statua del santo, invece, venne eseguita in un secondo tempo durante il governo pastorale di Fra Ambrogio Machin.
Di fronte all’altare è collocato il mausoleo, in marmo bianco, in memoria della regina di Francia Giuseppa Maria Luigia di Savoia, moglie del conte di Provenza e futuro re di Francia con il nome di Luigi XVIII.
La regina morì a Londra il 12 novembre 1810 e la sua salma venne trasportata a Cagliari nel 1811 per volontà della defunta e su interessamento del fratello Vittorio Emanuele I, mentre l’altro fratello Carlo Felice fece costruire per lei il monumento, commissionandolo allo scultore sassarese Andrea Galassi.
Sul lato sinistro dell’altare della Madonna dei Martiri, invece, si accede alla cappella di San Saturnino, giovane martire cagliaritano e patrono della città, edificata per ultima nel 1620. Anche qui lo spazio è dominato da un bell’altare marmoreo contenente la statua del santo, di fattura più grossolana, e un altro mausoleo di casa Savoia, stavolta dedicato al principe Carlo Emanuele.
L’altare contiene, reimpiegato ed inserito nell’architettura d’insieme, un bellissimo sarcofago romano risalente al II secolo, che fu ritrovato nel XVII secolo nell’antica Basilica di San Saturnino a Villanova con le reliquie del santo.
E’ probabile che in origine il sarcofago contenesse le spoglie di qualche personaggio ragguardevole di epoca romana per il fatto che vi sono raffigurati in bassorilievo dei putti alati con strumenti musicali che accompagnano un sacrificio pagano. Dalla iscrizione latina si evince che l’Arcivescovo D’Esquivel si incaricò di far trasportare il sarcofago dalla Basilica all’attuale cappella.
All’incrocio dei costoloni nella volta interessante la gemma pendula, che raffigura San Saturnino e la chiesa a lui dedicata, così come era nel XVII secolo, con i due bracci attualmente mancanti.
Sul lato opposto rispetto all’altare di San Saturnino è presente il monumento dedicato al principe di Savoia Carlo Emanuele, futuro erede al trono ma morto prematuramente di vaiolo all’età di 3 anni.
Nella cappella, più piccola delle altre due, ma ugualmente rivestita di marmi finissimi, si trovano 33 formelle. Oltre al sarcofago dell’altare sono presenti nella cappella altri due sarcofagi romani: il primo, collocato sopra la porta di ingresso, nel lato interno, presenta un medaglione sostenuto da due geni con la raffigurazione di un personaggio togato in bassorilievo. Dentro questo sarcofago sono racchiuse le reliquie di 10 Santi Martiri; il secondo sarcofago è collocato sulla parete dietro il monumento dedicato a Carlo Emanuele di Savoia. Presenta ugualmente un medaglione sostenuto da due geni ed un oratore con un volume sulla mano sinistra. Sono ancora raffigurate diverse altre scene. Nel sarcofago sono contenute le ossa di altri nove Santi Martiri.
Visitare il santuario dei Martiri è un’esperienza estetica di grande suggestione, che permette di immergersi nella storia della Sardegna degli ultimi quattro secoli e ripercorrerne le principali tappe artistiche mediate dal passaggio tra la dominazione spagnola e quella piemontese.