Giovanna Spanu
di LUCIA BECCHERE
Il 22 maggio Nennedda (Giovanna) Spanu, nata a Dorgali nel 1924, avrebbe compiuto cento anni. Noi l’avevamo incontrata qualche giorno prima della sua scomparsa avvenuta il 26 gennaio scorso. Quinta di 9 fratelli di padre fabbro e madre casalinga, la sua famiglia era stata segnata da gravi lutti: la sorella Margherita morì a 15 anni per meningite e la sorella Tottona a 27 per malaria.
Dopo la 4 elementare, con un semplice esame integrativo, aveva frequentato 2 anni di avviamento perché il regime doveva incrementare le scuole professionali. Amava la conoscenza ma il padre, non avendo fatto studiare i maschi, precludeva l’istruzione alle femmine. Ricordava con affetto i suoi proff. Mauro Murgia di italiano, Umberto Capozzi di francese e Speranza Mereu di economia domestica.
Raccontava Il giorno della scomparsa di Margherita quando, appena rientrata da scuola le avevano “infilzato i cucchi e sa vardetta”, passaggio obbligato per diventare donna e osservare il lutto, da quel momento aveva smesso di andare a scuola e di giocare. Aveva solo 13 anni.
A casa lavorava il pane, col telaio tesseva la lana e il lino che ogni contadino seminava in autunno e sradicava a giugno, facendolo essiccare dopo averlo messo a bagno nel fiume per otto giorni. Poi la fibra veniva estratta dall’involucro con la gramola, pulita con un rudimentale pettine in legno dotato di aculei in ferro attraverso i quali passava il lino. Questa operazione veniva ripetuta tre volte con pettini dai denti a scalare, sempre più fini e più stretti, per liberare la fibra da ogni impurità.
A zia Nennedda piaceva soprattutto cucire, aveva fatto un corso di taglio e cucito con Margherita Ungredda, confezionava vestiti, camicie e pantaloni per fratelli e cognati utilizzando una vecchia Singer che ancora custodiva in casa, ma in tarda età si era innamorata dell’uncinetto e non aveva più smesso di fare centrini.
Nel ‘44 aveva conosciuto Nanneddu Monne, 10 anni maggiore di lei, un pastore-contadino diventato grossista alimentare. “Faceva il militare a Cagliari con mio fratello – ricordava -, e quando rientrava in licenza ci portava sue notizie. Un giorno mi ha inviato una cartolina, quello fu l’inizio del nostro innamoramento e quando tramite paraninfo è arrivata la domanda che aspettavo, ho detto subito sì. Era molto bello. Nel ‘48 ci siamo sposati e poiché erano trascorsi sei anni e i bambini ancora non arrivavano, ho invocato lo Spirito Santo di cui ero prioressa. Di lì a poco è nato il primo figlio, a seguire altri 4. Oggi ho due generi e due nuore impagabili e 7 nipoti”.
La sua è una famiglia molto devota, lei aveva sempre frequentato l’Azione Cattolica e con orgoglio ci aveva parlato dei suoi tre nipoti Mula, figli della sorella Maria: Margherita suora delle Paoline a Bucarest, Antonio sacerdote a Galtellì e Mario missionario in Colombia. Raccontava le sue giornate cadenzate dalla preghiera, recitava le Lodi, i versetti alla Santissima Trinità, l’Angelus e la coroncina della Misericordia, pregava per la famiglia e per il mondo intero, ringraziava il Signore per aver avuto il privilegio di vivere una vita felice e ricca di soddisfazioni.
Sempre attenta al succedersi degli avvenimenti e delle innovazioni tecnologiche, pur non avendo mai posseduto un cellulare, le sarebbe piaciuto saper utilizzare il computer, ma la sua grande passione è sempre stata la lettura di romanzi, saghe familiari e storie della Sardegna.
Da giovane le era rimasto impresso “Ricordo materno” di Angelo De Santis scritto nel ‘44 erecuperato a fatica, da ultranovantenne aveva voluto rileggerlo, mentre l’ultima sua lettura è stata “Una ragazza adorabile” di Georgette Heyer (1944).
Il 21 gennaio dalla biblioteca comunale di Dorgali aveva ricevuto il premio di “Migliore lettrice 2023-Categoria senior” per aver letto 76 libri. Ciò che colpiva in lei era una immediata empatia e il sapersi rapportare con un eloquio fluido, elegante e misurato.
“Vi ringrazio dell’onore per avermi dedicato del vostro tempo” ci aveva detto al momento del commiato. Siamo noi a ringraziare lei per averci reso partecipi della storia della sua vita.