
di ROSALIA MESSINA
Marisa Salabelle torna in libreria con il seguito de Gli ingranaggi dei ricordi, romanzo pubblicato da Arkadia nel 2020; la medesima casa editrice pubblica oggi La bella virtù, in cui ritroviamo Felice e Maria Ausilia, già conosciuti nel romanzo precedente, all’epoca della loro gioventù e dell’incontro alla fine della seconda guerra mondiale. In questo nuovo romanzo le voci narranti dei due coniugi, ormai anziani, si alternano a quella della figlia Carla, ricostruendo il passato e narrando il presente, fino a comporre un variegato, interessante ritratto di famiglia.
Carla, figlia di Felice Dubois e Maria Ausilia Zedda, unica persona che si prende cura degli ormai anziani genitori, racconta la malattia del padre, colpito da un tumore al pancreas all’età di ottantacinque anni, quando lei non era ancora pronta a perderlo: “Era l’uomo che amavo, l’uomo della mia vita. Certo, avevo mio marito e mio figlio, e amavo moltissimo anche loro, ma con mio padre non c’era gara. E dire che non era neanche particolarmente amabile: non importa. Mi bastava vederlo là, sulla sua poltrona, le mani piene di macchie, il viso ancora bello, il neo in rilievo sotto l’occhio destro che era diventato un’escrescenza un po’ ripugnante, le labbra sottili, la sigaretta in mano, per sentirmi stringere il cuore”.
Il rapporto tra Felice e Maria Ausilia è sempre stato vivace, appassionato e conflittuale. Carla parla dei suoi genitori con obiettività, riconoscendone pregi e difetti.
Alle tre voci adulte si aggiunge quella di Kevin, figlio di Carla, che si appresta a conseguire la laurea magistrale con una tesi in una materia storica. La madre è riuscita a convincerlo, ai tempi della laurea triennale, a scrivere una tesi sul prozio partigiano, Silvio Serra; adesso gli suggerisce di approfondire un’altra questione che le sta a cuore, la parentela tra il nonno Felice e san Giuseppe Moscati.
I tre filoni narrativi ‒ la malattia di Felice, i ricordi dei due anziani coniugi, la ricerca di Kevin ‒ scorrono alternandosi da un capitolo all’altro. Sul passato, sulla maturazione di Felice e Maria Ausilia, innamoratisi quando erano due adolescenti, si concentra in particolare Maria Ausilia.
Felice si sofferma spesso, amareggiato, sugli aspetti più miserevoli del presente, sulla malattia che erode le sue forze e la sua autonomia; a tratti indulge alla rievocazione dei tempi andati e al rimpianto di ciò che è stato e non è più.
Carla rievoca con nostalgia la giovinezza e il rapporto intenso con un padre ancora forte, in grado di essere per lei una guida.
L’arco della narrazione, con il suo andirivieni dal presente al passato e di nuovo al presente, abbraccia una sessantina d’anni. Attraverso le storie di famiglia, che ciascuna delle voci narranti descrive dal suo peculiare punto di vista, vediamo in controluce l’evoluzione, di decennio in decennio, dei rapporti fra uomini e donne, con la graduale conquista, da parte di queste ultime, di un ruolo sociale che supera gli angusti limiti dell’accudimento familiare.
Uno dei pregi maggiori del romanzo è la caratterizzazione dei personaggi, sfaccettati e quindi veri, soprattutto Felice e Maria Ausilia: li vediamo alle prese con le pesanti contraddizioni fra la loro natura, le emozioni e i desideri da un lato, i retaggi dell’educazione dall’altro: l’uno per la formazione cattolica e i condizionamenti del suo mentore, il salesiano don Angioni, che ha avuto un ruolo fondamentale nella sua vita, soprattutto durante gli anni difficili della crescita; l’altra perché le va da sempre stretta la concezione del ruolo femminile trasmessa dalla famiglia e diffusa nella società quando lei era una ragazzina e poi una giovane donna; assai poco, inoltre, Maria Ausilia si entusiasma alla fervente religiosità del marito, con il suo corollario di preghiere e rosari.
Il pensiero di Felice sul ruolo femminile non potrebbe essere più arcaico; alla donna si richiede di essere “docile e mite” e lui è consapevole che la sua “cara moglie” (come spesso dice parlando di lei o rivolgendosi a lei) è l’esatto contrario dell’ideale di donna sottomessa e subalterna. E non si rende conto che anche i suoi principi sull’educazione dei figli sono superati, inadeguati, improntati a una severità irragionevole e condizionati dal suo bigottismo.
Mentre la vita di Felice volge al termine, fra rievocazioni del passato nostalgiche con punte a volte ironiche e sfoghi accorati sulla perdita dell’autonomia che avanza a grandi passi, Kevin è alle prese con la ricerca che svolge per la sua tesi, un po’ svogliatamente all’inizio, poi sempre più incuriosito, muovendosi con difficoltà tra le ramificazioni degli alberi genealogici di ben tre casati. Fino a quando, da una vecchia foto e da un’intuizione della sua ragazza, Marghe, salta fuori il dettaglio illuminante che lo aiuterà a risolvere un piccolo mistero di famiglia e a concludere la stesura dell’elaborato.
La scrittura cristallina di Marisa Salabelle ci regala una bella storia familiare sullo sfondo della Storia travagliata del Novecento italiano.
Seguito de “Gli ingranaggi dei ricordi”, in queste pagine ritornano i giovani Felice e Maria Ausilia nel periodo del loro fidanzamento e poi del lungo matrimonio. Mentre la figlia Carla rievoca la malattia e la morte del padre, Kevin, suo figlio, studente universitario, dedica la propria tesi magistrale alle vicende della famiglia del nonno materno, ricostruendo intrecci tra casate più o meno nobili del napoletano e dell’avellinese e indagando sul legame di parentela tra il nonno Felice e il santo Giuseppe Moscati. In questa nuova puntata di una saga famigliare che si dipana nel periodo tra il dopoguerra e i giorni nostri, attraverso plurime voci narranti, conosceremo sempre più a fondo i personaggi di questo potente e sapiente affresco. Felice, giovane intelligente e volitivo ma dal carattere aspro; Maria Ausilia, che si rivela una ragazza e poi una donna molto determinata, con un sentimento ambivalente verso il fidanzato e poi marito, che ama ma con il quale ha un rapporto conflittuale. E poi Carla, molto legata al padre, del quale tuttavia non ignora i limiti e che segue con grande pietas durante la sua malattia. Infine Kevin, studente un po’ riluttante e scettico, ma impegnato con successo nel ricostruire la storia famigliare. Ancora una volta Marisa Salabelle riesce a costruire un’epopea di affetti affascinante e ricca di profondità.
Marisa Salabelle è nata a Cagliari nel 1955, vive a Pistoia dal 1965. Laureata in Storia all’Università di Firenze, ha frequentato il triennio di studi teologici presso il Seminario arcivescovile della stessa città. Dal 1978 al 2016 ha insegnato nella scuola italiana. Nel 2015 ha esordito con il romanzo L’estate che ammazzarono Efisia Caddozzu (Piemme), seguito nel 2019 da L’ultimo dei Santi (Tarka) e nel 2022 dal giallo Il ferro da calza (Tarka). I primi due romanzi sono stati finalisti al Premio letterario La Provincia in Giallo, rispettivamente nel 2016 e nel 2020. Con Arkadia Editore ha pubblicato la saga famigliare Gli ingranaggi dei ricordi (2020) e La scrittrice obesa (2022).