GIULIA CAFFIERO MANAGER A COPENAGHEN: DA CAMERIERA AD ASSISTENTE MANAGER NEL MIGIORE RISTORANTE DEL MONDO

Giulia Caffiero

Giulia Caffiero, cagliaritana di 32 anni, occupa un ruolo manageriale al Geranium di Copenaghen. Un ristorante Tre stelle Michelin considerato il migliore al mondo. E anche fra i più cari: un pranzo o una cena costa almeno 800/900 euro). Una crescita esponenziale quella di Giulia, che 11 anni fa aveva iniziato il suo cammino a Cucina.eat a Cagliari come cameriera e dopo esperienze al “28 posti” e da “Aimo e Nadia” a Milano, nel 2019 è approdata sempre con un ruolo di servizio in Danimarca.
«Ho ereditato dai miei genitori, papà ogliastrino e mamma barbaricina, la testardaggine e la voglia di migliorarmi – dice –. Capita spesso di sottovalutarci e non arrivare agli obbiettivi desiderati. Io sono stata incoraggiata dalle persone giuste e alla fine ho compreso che potevo farcela». La crescita professionale l’ha portata al ruolo di maitre e sommelier al Geranium e a essere la prima donna al mondo che lavora sul juice-pairing, l’arte dell’abbinamento dei cibi con i succhi, analcolici.
Talmente brava, ora, da aver scritto un libro, Juice Pairing (editore Topic,224 pagg. Euro 49) che è stato presentato in anteprima nazionale a Cagliari proprio a Cucina.eat dove il suo cammino professionale aveva avuto inizio. «Quando sono arrivata al Geranium non avevo una preparazione specifica – racconta –, semplicemente volevo lavorare lì. Potevo sembrare una psicopatica che pure parlava pochissimo l’inglese. Ma mi hanno presa, come semplice cameriera, e ho iniziato da buona italiana a farmi capire con la nostra innata gestualità. Da due anni sono assistente manager e curo con uno staff di 5 persone la parte degli abbinamenti non alcolici».
Una specializzazione nuova nel mondo della ristorazione che però in Scandinavia si sta seguendo già da qualche anno. «Questo tipo di soluzione che non esclude coloro che per qualsiasi motivo non vogliono consumare alcolici a tavola, al Geranium era già prevista ma in forma minima: qualche succo base o qualche miscelazione con prodotti confezionati. Io ho iniziato a studiare con metodo frutta, verdura, fiori, erbe spontanee. All’inizio le prove erano spesso sbagliate. Ma pian piano siamo riusciti a dare la direzione giusta, sensata, per chi vuole bere a tavola senza alcol ma in modo soddisfacente rispetto al classico virgin cocktail o alle varie bevande analcoliche». I succhi hanno caratteristiche mai banali e la loro scelta segue quella che viene fatta per il vino dopo aver ordinato le pietanze da consumare. «Il vocabolario che usiamo è lo stesso dei sommelier – ricorda Giulia Caffiero – perché persistenza, equilibrio, acidità, dolcezza, la parte tostata, sono termini che si usano anche per il vino. Succhi equilibrati, e se son buoni, un sorso tira l’altro. Anche io bevo vino e conosco la materia ma non voglio definirmi sommelier perché non voglio assolutamente sminuire il loro lavoro. Al ristorante il protagonista dell’esperienza gastronomica è sempre il piatto. Al sommelier e all’esperto di juice-pairing serve completare questa esperienza, accompagnarla, ma mai sovrapporsi con quello che si beve al gusto delle pietanze, semplicemente completarle».
Ci sono ingredienti base in ogni succo che Giulia Caffiero prepara. «Gli elementi in genere sono tre: una verdura, un frutto e un’erba o un elemento esterno come può essere il caffè. Vanno curati tutti gli aspetti, anche cromatici. Tutto viene raccolto attorno a Copenaghen. Da maggio a settembre non ci sono problemi, per il resto valgono i metodi di conservazione: disidratazione, liofilizzazione per avere gli elementi sempre a disposizione tutto l’anno. Ma i succhi così concepiti durano poco, per cui abbiamo avviato un lavoro con l’Università di Copenaghen per trovare metodi naturali di conservazione».
A Cagliari Giulia ha preparato tre succhi di cui uno con un elemento che si trova solo in Sardegna: la pompia. «Insieme a succo di mela ed erba acetosella. Un succo che ha la giusta acidità e che si sposa bene ad esempio con un bel piatto di triglie». Ma come fa una sarda a resistere e a lavorare durante il duro inverno danese? «A dicembre torno sempre nell’isola e per il resto il lavoro è molto bello e l’ambiente è fantastico. In Danimarca la gelosia sul lavoro non esiste ma c’è la massima collaborazione. Il modo migliore per crescere e prendersi altre soddisfazioni».

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