IL VIAGGIO IN SARDEGNA NEL 1869 PER LA COMMISSIONE D’INDAGINE SUI SITI MINERARI: QUINTINO SELLA OSPITE A VILLAPUTZU

Quintino Sella

Quintino Sella nacque alla Sella di Mosso (Biella) nel 1827 da una ricca famiglia di industriali della lana. Si laureò appena ventenne in ingegneria idraulica presso l’Università di Torino. Nominato allievo ingegnere nel Regio Corpo delle miniere fu inviato a perfezionare la sua formazione presso l’École des Mines di Parigi.

Successivamente al suo rientro ottenne prestigiosi incarichi come docente di matematica  e di mineralogia. Su invito di Cavour nel 1860 si presentò alle elezioni politiche  e fu eletto deputato alla Camera per il partito della Destra Storica. L’anno successivo diventò segretario generale del Ministero della Istruzione Pubblica. Uomo d’ingegno poliedrico fu anche il fondatore del Club Alpino Italiano e Presidente dell’Accademia dei Lincei.

Più volte Ministro delle Finanze, ebbe come obiettivo prioritario il pareggio del bilancio statale e per questa finalità fece  la proposta  di particolari provvedimenti come la tassa sulla macinazione del frumento e dei cereali che  fu infine promulgata il 7 luglio 1868 per iniziativa di Luigi Menabrea, allora Presidente del Consiglio dei Ministri,  ed entrò  in vigore il 1° gennaio 1869. Essa colpì soprattutto chi aveva un reddito già precario, causò proteste e rivolte, che furono represse  duramente,  e come conseguenza portò alla chiusura di gran parte dei piccoli molini.

Il 1° gennaio 1869 è anche la data in cui  a Cagliari nacque  “A vent’anni! ”  il primo periodico goliardico della Sardegna che venne pubblicato con cadenza settimanale da una redazione  composta interamente da studenti universitari sardi.

Le sue pagine riferivano puntualmente dei disordini nati in conseguenza dell’applicazione della tassa sul macinato che stritolava soprattutto i già poveri, e denunciavano le condizioni critiche dell’intera economia isolana.

Si sottolineava come la Sardegna vantasse importanti giacimenti minerari, un ottimo clima e un buon terreno per l’agricoltura, ma poiché poco popolata e con una pressione fiscale altissima non riusciva a mettere  a frutto le proprie risorse.

Il reddito individuale dei sardi risultava essere il più basso tra le regioni del Regno.  In quel periodo, come purtroppo anche in tanti altri, la situazione economica e sociale fu aggravata ancor più da numerose epidemie e calamità naturali, come l’invasione delle cavallette e  della fillossera, alle quali si aggiunsero forti  nevicate alternate a prolungate siccità  causando diffuse morie del bestiame.

Intanto il  22 giugno 1868  era stata costituita la Commissione d’inchiesta parlamentare sopra le condizioni morali, economiche e finanziarie della Sardegna  e in due diverse riprese l’anno successivo, Quintino Sella, come componente della Commissione d’indagine sui 471 siti minerari dell’Isola, percorse  tutta l’isola e  nella sua opera intitolata Sulle condizioni dell’industria mineraria dell’isola di Sardegna, ne descrisse le potenzialità e le criticità. Nel saggio Ricordi dell’ingegnere Eugenio Marchese, L. Roux e C. Editori Torino, Roma 1893, da cui è tratto questo racconto, incontriamo la  persona del ministro lungo il suo percorso di visita nella nostra terra, in sella  a cavallo tra Ogliastra e Sarrabus.  Eugenio Marchese, collega e amico di Quintino Sella, scrisse questo resoconto nel 1889, vent’anni dopo, grazie ai ricordi ancora ben vivi di quel viaggio avventuroso, ricco di sorprese  in piacevole compagnia.  Alla fine della terzultima tappa, arrivati a Lanusei, Eugenio incontrò  sua  moglie e suo fratelloMaurizio che  da qualche tempo faceva ricerca mineraria nel distretto di Iglesias. Essi, arrivati a Tortolì in nave da Cagliari,  lo informarono che la sua presenza era necessaria nella stessa Lanusei per una riunione relativa ad alcune ricerche  programmate  per  l’Ogliastra. Così Eugenio e sua moglie, tra l’altro molto felice per  dei pendenti in filigrana di cui Quintino Sella l’aveva omaggiata,  rimasero a Lanusei, lasciando Maurizio a fare da guida al ministro. Questi visitarono prima Questila miniera di Tertenia e da qui per scendere  verso la foce del Flumendosa nel Sarrabus, avrebbero potuto percorrere due strade. L’opzione era  questa, o discendere per la stretta  valle di Tertenìa che  correva parallelamente alla costa fino alle rovine del castello di Quirra e valicare poche colline per arrivare a Villaputzu,  oppure passare  attraverso i monti.

La scelta non fu fatta dal Sella e neppure dall’ingegnere  Marchese, ma bensì da una terza persona  che non era nel programma, un certo Pasquale Pisu Porcu, proprietario di Villaputzu, appassionato  ricercatore di miniere,  il quale essendo stato informato del viaggio del ministro si presentò la sera a Tertenia.

 Poiché questo Pasquale Pisu Porcu nutriva degli interessi per  una miniera che si trovava nelle vicinanze di Villasalto  e che desiderava ardentemente far visitare al Sella, la strada prescelta fu quella della montagna più fresca e  pittoresca.

Il sentiero  passava  per l’altopiano coperto di macchia mediterranea sul quale era ubicato, come sperduto, il villaggio di Perdas de fogu. Tra questo villaggio e quello più a nord di Seui si trovavano alcuni brani di terreno carbonifero, ma era  ridotto allo stato di antracite.

La visita di questo terreno carbonifero avrebbe fatto perdere un’intera giornata e fu quindi scartata dal programma, per cui  i viaggiatori  si fermarono a Perdas de fogu lo stretto tempo necessario  per  far ferrare un cavallo.

 Il Sella ne approfittò per chiacchierare con la sua guida di Villaputzu e capì subito la sua pronta intelligenza.  Alla domanda del ministro intorno all’istruzione impartita nelle scuole comunali il sarrabese  rispose che essa era purtroppo una misera cosa, ma alla replica del ministro che non pareva essere così perché  egli parlava benissimo l’italiano,  il  sardo rispose  che non c’era male in quanto all’italiano ma che nessun insegnamento si impartiva in esse del francese e dell’inglese.

 Francesi, inglesi e te deschi, scrive Eugenio Marchese,  non erano mancati tra questi monti all’ epoca della ripresa dei lavori minerari e lo stesso Lamarmora  raccontava  che trovandosi in una delle ultime sue escursioni di passaggio  a Tertenìa vi ricevette la visita di un parigino che si era recato a complimentarsi con lui tenendo al braccio la sua signora con abito elegante e abbigliato lui stesso con abito a coda, cravatta bianca e cappello a cilindro.

Le lenti metallifere  fatte visitare al Sella  da Pasquale Pisu Porcu avrebbero potuto fornire abbondanti minerali e lo provavano le parecchie migliaia di tonnellate che già si erano trasportate fino alla spiaggia nella cala di Enna murta, ma la difficoltà stava nel separare i diversi minerali. Quando le differenze di peso specifico  dei vari minerali erano troppo piccole la separazione diventava difficile o praticamente impossibile.

Il signor Pisu Porcu dopo questa visita e il tipico pranzo in campagna continuò a guidare i  viaggiatori seguendo la riva sinistra del Flumendosa, ben guardingo dal guadarlo per passare sulla destra. Arrivò così a  portarli  a notte inoltrata  alla sua  Villaputzu,  villaggio ubicato alla foce del fiume.

Maurizio Marchese  e con lui il ministro avevano fatto conto di andare a pernottare a Muravera, considerato che anche partendo da lì  sarebbero rimaste  da fare  ancora dodici o tredici ore a cavallo per raggiungere Cagliari, ma a  Pasquale Pisu Porcu  venne un’altra idea.

Con l’argomentare che  il Flumendosa  era abbastanza in piena e difficile quindi il guado, tanto più  che era già calata la notte,  li trattenne sulla riva sinistra anche se molto probabilmente per  il solo piacere di ospitare il ministro, di  offrirgli la cena e  di farlo riposare per la notte sullo stesso letto  nel quale aveva dormito Alberto Lamarmora quando pernottò nella sua casa durante i lavori topografici e geologici.

 La ragione del guado non era in verità da prendere alla leggera. Non era ancora stato gettato  il grande ponte sul Flumendosa, il quale fu costruito  alcuni anni più tardi e travolto dal fiume in piena poco tempo dopo.

Guadare il fiume non era cosa facile, soprattutto con il buio, e l’ingegner Marchese nel suo scritto non dimentica di ricordare che un giovane collega  nel tentare questo guado per rientrare  alla sua casa di miniera morì drammaticamente annegato.

I due studiosi fecero quindi sosta nella casa di Pasquale Pisu Porcu. Era un uomo sui cinquantacinque anni dalla barba già molto brizzolata, alto, magro e dall’aspetto fiero.

Come molti dei  maggiorenti di questi villaggi seppur non seguisse il modo di vestire dei continentali aveva però sostituito al calzone bianco dei sardi, un paio di calzoni di panno bigio di foggia militare, conservando intorno alla vita il gonnellino di panno sardo.

Indossava  in capo il berretto sardo di panno nero e  nella cintola di cuoio nero il suo  coltellaccio che portavano tutti i sardi,   sa leppa,  nella relativa fodera di cuoio. La sua casa era come tutte le case dei  printzipales sardi. Un cortile dove vagava il maiale insieme alle galline, delle tettoie per i cavalli e sopra uno dei lati la casa propriamente detta.

 Una vasta cucina a pian terreno con il fuoco nel mezzo serviva  anche da dormitorio per i servi che alla notte si stendevano  ancora vestiti in circolo  con i piedi verso il focolare.

Vi era poi una camera per pranzare e per ricevere al lato della cucina.

 Nel piano superiore  c’erano le camere da letto ordinariamente pulite ma nelle quali il lusso e l’opulenza del proprietario non  era rappresentata  da  inutili gingilli ma dal numero dei materassi che erano sistemati  l’uno sull’altro impilati nel letto di legno.

Nonostante la cena si annunziasse  tanto grandiosa data la mole dei preparativi, il ministro non chiese altro che di avere l’onore   di stendersi sul letto del Lamarmora.

Il mattino seguente, Quintino Sella e Maurizio si alzarono ancor prima dell’alba. Furono allora preparati i cavalli sotto la sorveglianza  personale del Pisu Porcu e all’albeggiare  si misero a cavallo.

 Il guado del Flumendosa fu eseguito senza difficoltà e questo, con un pizzico di malizia,  fece pensare  ai viaggiatori che la sera prima il signor Pisu  Porcu ne avesse esagerato il pericolo unicamente per la gioia di dar dimostrazione della tipica ospitalità che contraddistingueva il popolo sardo.

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Un commento

  1. Antonio Lombardi

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