Incoronata Boccia
di MARCELLO ATZENI
Incoronata Boccia, per gli amici, Cora. Incoronata lascia presupporre un grande attaccamento, da parte della tua famiglia, ai valori cristiani e cattolici. Anche tu prosegui sulla stessa strada?
“In realtà il mio nome non è un ex voto, mi è stato dato sul solco della tradizione di dare il nome dei nonni ai nipoti, infatti porto il nome di mia nonna paterna, irpina, morta nel terremoto del 23 novembre del 1980. I miei genitori, cresciuti in pieno 68, quando mia sorella e io eravamo bambine non erano assidui praticanti, anche se ci hanno educato ai valori della fede e accompagnato nel percorso di catechesi, di frequentazione dei gruppi di azione cattolica e scout Agesci. A insegnarmi la forza della preghiera, raccontarmi straordinarie vite dei santi, è stata mia nonna materna, di Sedilo, Battistina, ma la fede è un dono di Dio, e io l’ho incontrato… poi bisogna coltivare questo rapporto.”
Nasci ad Oristano, le scuole elementari ad Abbasanta, le medie a Sedilo, quindi il liceo scientifico “Mariano IV”, a Ghilarza. E poi a Roma, ti iscrivi all’ Università e crei un precedente che fa giurisprudenza. Termini gli esami con due anni di anticipo, ma non ti puoi laureare. E poi, invece, arriva il lasciapassare. All’epoca ne parlarono tutti gli organi di stampa. Racconta.
“Maturità con 60/60 al liceo scientifico, con il cruccio di non aver frequentato il classico che, da Abbasanta avrebbe comportato ore di treno, sveglie all’alba, rientri a pomeriggio inoltrato, sognavo di fare la giornalista. Ero stata dissuasa dal perseguire questa aspirazione da alcuni professori, che mi riconoscevano le qualità, ma ritenevano difficile l’ingresso in una professione ritenuta elitaria e con criteri di accesso per affiliazione familiare o politica. Non mi scoraggiai. Tentai il test d’ingresso alla facoltà di Scienze della Comunicazione a Roma, dove concorrevano 7mila ottocento studenti centoottanta posti, e Siena, dove ugualmente le aspiranti matricole erano migliaia per un pugno di iscrizioni. Superai entrambe le prove. A quel punto, anche le preoccupazioni della mia famiglia per la scelta di un corso di studi meno tradizionale, considerato poco spendibile per trovare un’occupazione, si dissolsero. Ringrazio mia madre per avermi concesso fiducia, accompagnato nella capitale a cercare una stanza in affitto e lasciato così varcare il Tirreno per inseguire il mio sogno. Sono la prima figlia di genitori separati, cresciuta come gemella con una sorella di un anno e un giorno più piccola, che l’anno successivo mi avrebbe raggiunto in facoltà con gli stessi risultati, ma in quel momento il distacco è stato doloroso per il nostro nucleo familiare al femminile. Ho ricompensato questo sforzo, anche economico, dimostrando di essermi meritata quella grande opportunità.”
Insomma, la ragazza di Abbasanta, superato ostacoli e salite, si avvia verso un futuro raggiante.
“Ho studiato tanto, sostenuto anche due esami in un solo giorno, ma non è stata una fatica, studiavo materie che mi appassionavano, avevo dei luminari del giornalismo e delle scienze sociali come docenti (Maurizio Costanzo, Alberto Abruzzese, Mario Morcellini). Gli anni universitari sono stati stimolanti, intensi, meravigliosi. Quando ho terminato gli esami curricolari, più tre aggiuntivi per mia scelta, in due anni invece che cinque, chiesi di discutere la tesi per non pagare altri tre anni di tasse, poter iniziare a lavorare, non pesare più sulle spalle dei miei genitori. Mi fu impedito sulla base di un regio decreto, ma il caso fece clamore e Enrico Mentana, allora direttore del Tg5, mi chiamò a lavorare nel suo telegiornale, spalancandomi le porte della professione. La laurea arrivò anni dopo, quando già lavoravo per RAI UNO come inviata di “La vita in diretta”.
La passione per il giornalismo, come e quando divampa?
“Da bambina. Ero una lettrice vorace, mi appassionai alla forza caratteriale, indipendenza e romanticismo anticonformista di Jo March di “Piccole donne”, ma fu fondamentale anche un altro straordinario romanzo di formazione, “Cosima”, di Grazia Deledda… in quelle pagine autobiografiche che raccontano Grazia, prima di Grazia, mi sono immedesimata pienamente anche per vicinanza geografica e culturale. Così iniziai a pensare di poter vivere di scrittura, di poter fare del racconto del mondo e della vita delle persone la mia professione.”
Chi sono stati i tuoi maestri e chi sono, se ci sono, quelli a cui oggi, fai riferimento.
“Oriana Fallaci per le straordinarie interviste, il coraggio, la capacità di andare controcorrente. Indro Montanelli per l’inarrivabile qualità di scrittura e analisi. Da adolescente negli anni novanta , sono poi rimasta affascinata dallo straordinario potere narrativo delle immagini, dall’impatto dei servizi dei telegiornali, dell’approfondimento come lo storico settimanale del TG1, TV7: capii allora che il giornalismo tv era la mia strada, che un’immagine, un effetto sonoro, talvolta può descrivere quanto sta accadendo più di mille parole.”
Quale e per chi il tuo primo articolo?
“Da studentessa a Roma, per “Il Messaggero”, un articolo sul “Triangolo delle bevute”, ovvero i locali della movida giovanile nel centro storico. Malgrado lo “studio matto e disperatissimo”, non rinunciavo alla vita notturna della capitale, per me che arrivavo dalla provincia, sembrava un luna park sfavillante.”
Poi il salto alla Rai, a Cagliari. Da quando? Raccontaci quali sono stati gli argomenti che più ti hanno segnato?
“Trentuno ottobre 2002, il terremoto di San Giuliano di Puglia. Arrivai sul posto con le colonne dei soccorsi e le scosse di assestamento in corso, partita dalla redazione della vita in diretta, in via Teulada, senza neanche passare per casa a prendere un cambio, con una camicetta leggera e un soprabito. Sotto le macerie di una scuola morirono ventisette bambini e una maestra. Raccontai la disperazione dei genitori mentre si scavava a mani nude, la tragedia dei corpicini estratti… ricordo il silenzio spettrale, nel cuore della notte illuminata dai fari dei vigili del fuoco, rotto dalla gioia, dopo tante morti, del ritrovamento di un bambino ancora vivo, Angelo. Mi passò davanti sulla barella, ricordo ancora i suoi occhi, dopo ore prigioniero sotto terra… la luce della speranza nelle tenebre della tragedia.”
Poi una sterzata professionale, particolarmente intensa e formativa.
“Da inviata di cronaca nera per RAI UNO, seguii gli avvenimenti che in quegli anni segnarono la storia della nostra isola, l’omicidio di un 14enne a Torpè, Cristian Meloni, lo schianto dell’aereo che trasportava l’équipe del “Brotzu” per un trapianto in cui morirono tre medici e due piloti. Cedetti alla sede regionale alcune interviste che realizzai in esclusiva e Il caporedattore di allora della Tgr Sardegna, Tonino Oppes, mi chiese se desiderassi lavorare a Cagliari. A gennaio del 2005 accettai per la prospettiva di una rapida stabilizzazione a tempo indeterminato e per il mio legame sempre strettissimo con la Sardegna. “
Due anni fa arriva il salto a Roma, vicedirettrice. E qui, tutta una serie di illazioni, a volte, anche particolarmente ingiuriose. Come ci si difende? O e meglio non parlarne?
“Davanti alle ingiurie devono parlare i fatti, la verità è prepotente e si prende sempre la sua voce, anche quando sembra tacere… In quasi 20 anni in Sardegna, dopo le esperienze al Tg5 e a Rai UNO, per 5 anni inviata nazionale, ho percorso tutti i gradini della professione: precaria, redattore ordinario, capo servizio, vice capo redattore per ben 9 anni… Fa sorridere che i soliti noti che con spregevole provincialismo non riconoscono professionalità al di fuori del proprio ombelico amicale e politico di riferimento, non riconoscano alcun merito possibile oltre i loro limitati confini. Una delle accuse che mi vengono mosse con frequenza, con disprezzo, è la mia provenienza dalla Sardegna, che invece considero una straordinaria ricchezza: un bravo giornalista sa raccontare la sagra del carciofo con la stessa curiosità e rispetto delle cronache dei grandi avvenimenti mondiali.”
Differenza tra giornalista e conduttrice, il tuo ruolo, oggi da vice direttrice, non ti consente di fare il mezzo busto, cosa che facevi a Cagliari. Ti manca?
“La conduzione consente un rapporto vivo con il pubblico, ma quella del mezzobusto non è la mia dimensione. La mia crescita professionale oggi mi fa ringraziare la Rai per la fiducia accordatami nel ruolo di direzione che determina la scelta dei temi da trattare. Sulla presenza in video la naturale evoluzione è stata quella della conduttrice opinionista dove, al contrario che nella dovuta neutralità della proposizione delle notizie del tg, è consentito esporre analisi e opinioni personali.”
Una donna in carriera con un marito, giornalista a Cagliari. Immagino che la spola tra Roma e Cagliari sia faticosa.
“Sono una pendolare. Rientro a Cagliari tutte le settimane per trascorrere i miei giorni liberi con la mia famiglia, ho due figli di quasi 15 e 17 anni. Non ho mai trascorso un giorno libero a Roma. Quando mi chiedono dove vivi, rispondo a Cagliari. A Roma lavoro. È faticoso, certo, ma è uno sforzo necessario per cercare di tenere insieme tutto… ma noi donne siamo straordinarie equilibriste… come tutte, capita di lavorare al telefono mentre stiro o pulisco i fornelli.”
Cosa non ti piace del modo di fare informazione? Se potessi, cambieresti qualcosa?
“Sostengo la necessità di un’informazione libera e pluralista. Questo è il dovere di ogni giornalista, soprattutto del Servizio Pubblico. Non accetto la costrizione del dibattito pubblico secondo i dettami del politicamente corretto, la superficiale divulgazione della vulgata comune, l’appiattimento sulle notizie, nei contenuti quanto lessicale… non bisogna mai stancarsi di coltivare il dubbio, cercare quel pezzettino di storia che ancora non è stata scritta, quel pezzetto di verità non ancora raccontato… perché sbaglia chi crede che esista una sola verità e vuole per questo imporla agli altri… ogni occhio ha uno sguardo diverso sul mondo. Ecco, il male del giornalismo del nostro tempo è la banalità, tranne poche rare eccezioni, diciamo tutti le stesse cose senza alcuna originalità.”
Rimane in te, il senso, anche se non diretto, di appartenere a un mondo legato, mi riferisco all’interno Sardegna, che ha una forte componente agro pastorale. Insomma, ti piacciono le tradizioni, quelle che ci portiamo appresso fin dalla più tenera età?
“Non sono mai mancata a un’Ardia di Sedilo e così anche i miei figli, sin da quando li portavo in grembo. Le tradizioni sono parte della mia identità. Senza radici non esiste futuro.”
Chi è stato in Africa, sente il desiderio di tornarvi. Marcello Serra parlava di “Mal di Sardegna”. Ne soffri quando salti il Tirreno? E’ un male curabile?
“Non si lascia mai realmente la Sardegna anche quando si è fisicamente lontani. Quando si apre il portellone dell’aereo in pista a Cagliari, anche se per me ormai è quotidianità, percepisco i profumi e l’aria di casa mia. Perché dovrei guarirne? È una fortuna essere nati in Sardegna.”
Le passioni di Cora, le cinque cose per le quali vale la pena vivere.
“Perché altrimenti non avrei mai stretto al seno i miei figli appena nati, per le carezze ricevute da chi mi vuole bene, per l’amore, il mare, la pasta al sugo… non so contare e fare classifiche quando si tratta di scegliere fra le meraviglie di ogni nuovo giorno.”
Grazie!
Donna Intelligente e super preparata ❣️
Sei stupenda !!! 😻 bravissima
( Raccomandatissima )…. 😂 lei ha bloccato i commenti quindi lo scrivo qui ……. Ci sono vecchi articoli che raccontano una storia diversa …..
Buon anno ed ottime cose sempre!🍀
La carriera
Moglie di Ignazio Artizzu dirigente f.d’italia e direttore editoriale del tg3 Sardegna..carriera certa vice dir. rai2…questo sarebbe il giornalismo imparziale della RAI lotizzata…con videolina sardegna1 “ugnone: sarda sono la vergogna dei giuonalettai in Sardegna nei 5 anni del disastro solinas hanno fatto e omesso di tutto per non disturbare I compari di merende pranzi e cene poltrone e intrallazzi .
Ha preso una corriera veloce…….
A forza di leccare