‘MIELE AMARO’ UN’OPERA MULTIFORME: CONVEGNO A OROTELLI PER I 70 ANNI DEL CAPOLAVORO DI SALVATORE CAMBOSU

Nella Biblioteca Comunale di Orotelli il presidente Fondazione Cambosu, Angelo Sirca, dopo i saluti del sindaco Tonino Bosu ha aperto il Convegno per il 70esimo anniversario di Miele Amaro. “L’opera di Cambosu – ha detto -, non è un romanzo, una raccolta di racconti e neppure un saggio sociologico, ma un’opera singolare e multiforme con la quale l’autore pare voler fissare a futura memoria un patrimonio di conoscenza e di saggezza popolare di un mondo che sta cambiando. La sua è anche una biografia difficile – ha proseguito – e benché lo scrittore non possa essere scisso dal suo vissuto, l’autore ha saputo come pochi penetrare nell’animo della sua gente e col suo sorriso dolce ma anche amaro pare dire ai sardi, sconfitti ma non vinti, di combattete una giusta battaglia per un mondo migliore perché “quello che conta è il ricordo di ciò che si è fatto di bene”.

Per il professor Duilio Caocci, Cambosu è uno dei più grandi scrittori della Sardegna. Miele amaro libro atipico, opera mitopoietica che contiene pezzi di storia e per ben definire l’opera occorre partire dagli anni in cui lo scrittore è vissuto (1895-1962), in quanto Cambosu ha tratto i frutti da tutte quelle operazioni di ordine politico e culturale che in Sardegna erano state portate avanti nella tarda ottocento, soprattutto a Sassari e Cagliari, luoghi di dibattito dove gli intellettuali avevano reti di relazioni, canali editoriali per rappresentare la sardità e a fronte di una omogeneizzazione della cultura hanno saputo valorizzare le periferiche, compresa la nostra. “Miele Amaro – ha dichiarato -, è esattamente la via di mezzo fra il modello di rappresentazione antropologica e il romanzo storico. Ricordiamo gli esordi dell’autore, le sue varie collaborazioni, il rientro ad Orotelli da sfollato e poi il suo ritorno a Cagliari. Pensiamo al Rinascimento culturale quando negli anni 40 venivano fondate riviste come S’Ischiglia e Ichnusa con l’obiettivo di rappresentare l’isola e gli intellettuali, consapevoli del proprio ruolo e nel rispetto di tutta la popolazione promuovevano forme miste di narrazione, mito, storia, saggistica e invenzione che potessero interessare anche le periferie”. In Miele Amaro sono riportati dei resoconti giornalistici di fatti afferenti alla Sardegna e quindi per Caocci, lo scrittore aveva una sorta di legittimazione a trattare il tema della Rinascita e della modernità senza perdere di vista l’identità. Il libro affronta anche la questione della lingua sarda e Cambosu, uomo di vasta cultura e di grande sensibilità non poteva disprezzare l’unica grande cultura nostra “mai venuta a patti con la lingua italiana perché non una sola ottava all’italiana è stata costruita nelle gare poetiche”. 

A Neria de Giovanni, componente del CDA della Fondazione, il compito di analizzare il personaggio femminile nell’opera Miele amaro. “Nel libro – ha affermato la saggista -, c’è una dicotomia tra storia e mito e quasi sempre la storia è appannaggio dell’uomo e il mito della donna. All’uomo spetta il pubblico, alla donna il privato, la famiglia. Spesso le poche donne del libro non hanno neppure un nome, sono presentate col ruolo di madri e spose, quasi una spersonalizzazione. Il mondo femminile raccontato è collegato alla tradizione più vera della Sardegna da lui conosciuto fin dall’infanzia a Orotelli”. Per la De Giovanni la figura femminile, simbolo di femminilità e dedizione, non corrisponde al punto di vista maschile di donna che attende lo sposo o al telaio o alla finestra raccontata dallo scrittore. Se per le donne l’attesa rappresenta il tempo creativo della gestazione, per l’uomo l’attesa è un tempo legato al concreto. Tuttavia la donna che veste abiti maschili, si innamora di un bandito e lo segue nella caverna, così come la donna che guida il marito o i figli nelle bardane, non attestano uno scrittore che non amava il femminile, ma una situazione antropologica di una società agropastorale in cui al maschio corrispondeva un certo ruolo e alla donna un altro. “Cambosu – ha concluso la De Giovanni -, attraverso il personaggio femminile riesce comunque a far emergere quella cultura antropologica che va oltre la quotidianità, oltre la storia perché alla donna spetta l’immortalità del mito”.

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