di TONINO OPPES
Quando in Sardegna si parla di arramadura il primo pensiero corre all’infiorata del primo maggio in onore di sant’Efisio, a Cagliari. Le strade dove passa la processione, con la statua del santo che sconfisse la peste, sono ricoperte di fiori dai mille colori e dai mille profumi: un rito che si ripete puntualmente da quasi quattro secoli, esattamente dal 1657, e al quale la città non vuole e non può rinunciare tanto è radicato nel cuore dei suoi abitanti.
Arramaduras, infiorate delicate come fiori di maggio grazie ai suoi versi raffinati, ci regala Vincenzo Pisanu uno dei più validi e apprezzati poeti sardi. Nato ad Uras, residente ad Assemini, Pisanu spazia, con semplicità e autorevolezza su tutti i temi della vita, usando la lingua sarda nella variante campidanese.
Nella sua ultima raccolta, che ha per titolo proprio Arramaduras, mette insieme poesie scritte negli ultimi anni e suddivise in sezioni accompagnando al testo in sardo la traduzione in italiano. La prima sezione Una rosa e unu cantu è dedicata a donne e uomini che si sono prodigati per la lingua sarda; poi Anninnius (qui il poeta fa un tuffo nel passato più lontano mettendo insieme sogni e ricordi); ed ecco le nuvole (is nuis) che il vento del tempo muove e comanda (chi su bentu ‘e su tempus mòvit e cumandat); infine la festa, poi l’attesa e la speranza di chi è avanti negli anni e osserva; in sottofondo le voci dell’acqua che “paiono suoni di dita delicatamente picchiettando …”
“La poesia di Vincenzo Pisanu – scrive nella prefazione Maurizio Virdis, a lungo docente di Filologia romanza e di Linguistica sarda, – è poesia di meditazione e di emozione che scorre serena e senza intoppi in una musicalità ben calibrata…”
“Il poeta vede con gli occhi dell’anima – scrive ancora Virdis- e così, verso dopo verso, racconta l’esistenza umana anche prestando attenzione agli ultimi, agli invisibili, a chi cerca solo di sopravvivere in un mondo tormentato.”
Come non cogliere la profondità e l’attualità nel pensiero rivolto a Maria Addolorata: “E naramì Maria bestida a luttu de nieddu mantu/ a oi, cantu funt totu cussus chi as prantu/ e chi prangis ancora de is fillus tuus incravaus/ scutullaus a terra e scicutaus,/ spoiaus comente angioneddus… E dimmi, Maria vestita a lutto da nero manto ad oggi, quanti sono quelli che hai pianto e che ancora piangi dei tuoi figli crocifissi scaraventati e terra e sgozzati come agnellini…”
Versi che aiutano a riflettere, a leggere dentro le storie perché il compito del poeta (che pure si muove con equilibrio tra sentimenti di un tempo andato e richiami forti al mondo di oggi) è anche questo!
Vincenzo Pisanu (autore prolifico di racconti e di commedie, e vincitori di numerosi importanti premi di poesia) ci riesce appieno, anche quando parla di paesaggio e dei mille profumi che sa regalare la campagna sarda in qualunque stagione dell’anno: “Beni a sighì/ s’arrastu de is passus mius/ in su padenti ‘e ì muras/a mangianeddu. A s’orbrescidroxu de su scabiddai/ de is froris/ de s’arrù de sa mura/ de làmpadas… Vieni a seguire/le orme dei miei passi/nel bosco delle fragole al mattino. /All’alba dello sbocciare/ dei fiori del rovo, /quelli delle more/di giugno.”
Le arramaduras dei poeti servono per abbellire il mondo e, in fondo, per regalare bellezza alle donne e agli uomini, ma senza dimenticare che i loro versi in limba (per quel che ci riguarda) offrono un contributo importantissimo per la salvaguardia della nostra amata lingua e, in generale, per la difesa di tutte le lingue a forte rischio di estinzione.
Attorno al problema della tutela del “sardo” si è sviluppato negli ultimi anni un intenso dibattito che non è più esclusiva di uno sparuto gruppo di intellettuali. Ora la mobilitazione è maggiore e coinvolge più strati sociali anche grazie ad una lunga serie di iniziative, non ultime proprio quelle legate ai premi di poesia, all’attività teatrale, alle poesie che diventano canzoni e alla costante affermazione dei canti tradizionali. C’è nuova attenzione anche da parte Radio e Tv regionali e locali, di Associazioni culturali che promuovono lezioni mirate. Si cura maggiormente la scrittura, si rispettano le regole ortografiche, anche su suggerimento di esperti e docenti universitari, e questo è un bene ma non bisogna dimenticare che la lingua sopravvive soprattutto se resta ancora uno strumento di comunicazione, si b’at zente chi la faeddat o si c’esti genti chi dda chistionat: insomma, detto nelle due varianti logudorese e campidanese, “se c’è gente che la parla”. Cosa che, per fortuna, avviene in molti paesi dell’Interno della nostra Sardegna come conferma l’assegnazione dell’importante riconoscimento dalla giuria del Premio Ondras all’intera comunità di Orgosolo “simbolo di una resistenza culturale vibrante.”
La scuola, assieme alla famiglia, può essere ulteriormente protagonista in questo percorso di crescita che comincia dalla prima età; nel frattempo continua il prezioso lavoro dei poeti come Vincenzo Pisanu che, con i suoi versi, oltre a rendere espliciti e coinvolgenti i propri pensieri, mostra grande padronanza della lingua e la proietta oltre i sentimenti più intimi. Perché, la lingua, resta ancora il grande vessillo dell’identità di un popolo. Che si muove più lieve quando cammina su tappeti di fiori, su delicate Arramaduras.