TI RACCONTO LA FIBROMIALGIA: UNA GIORNATA LENTA E SOFFERTA CON UNA SCOMODA COMPAGNA DI VIAGGIO

E poi è di nuovo mattina! ricomincia un’altra giornata avvolta dalla mia fibro-fog. Salve! sono una donna fibromialgica e il mio corpo è così rigido che sembro Pinocchio prima che Geppetto prese a lavorarci.
Intanto, ogni mio singolo muscolo è bloccato, e io? Io, lo faccio di continuo, vado a guardarmi allo specchio. Mi ero ripromessa di non farlo… di non guardarmi più allo specchio, non appena alzata intendo! E invece è più forte di me, che stupida! ogni volta mi illudo di ritrovare il volto di un tempo…quando ancora ero sana, quando tutto era lì per me e aspettava solo di essere vissuto. E invece i miei occhi sono gonfissimi, la mia faccia sembra abbia avuto uno scontro con un tir, bruciano gli occhi, sono quasi chiusi ma mi vedono, vedono una donna sofferente che non mi piace, non mi piace vederla piangere ma…ho imparato ad accettarla e ad amarla anche così, diversa! Anche le mani e le caviglie sono gonfie, ho un concentrato di fitte lancinanti che a turno e all’improvviso, picchiano dappertutto, sul viso, nel palmo delle mani, al petto, tutto! Fa male tutto! E mi ricordo che è così da quell’aprile del 2016, quando mi diagnosticarono la “fibromialgia” o “Sindrome da dolore cronico diffuso “
Per fortuna in congelatore ho le mie risorse di ghiaccio e come tutti i giorni mi metto in “Modalità ripristino” Ecco! È così che si sveglia tutti i giorni una donna fibromialgica, con la consapevolezza di star male da così tanto tempo, che le sembra addirittura di star bene, ed è così che mi sveglio io. Lo ammetto ci ho messo un po’ ad accettare questa nuova me così diversa da quel che ero, oggi con tanti limiti e fragilità, perché è così che ci si sente quando ci si ammala maledettamente…fragili.
Come quando scoppio a piangere all’improvviso davanti alla cassiera di un supermercato senza motivo, in realtà gli attacchi di panico fanno parte del pacchetto fibromialgia ma impossibile spiegarlo resto comunque una diversa! Una malata immaginaria! Perché è così che funziona, ci hanno insegnato a considerare tutto ciò che non conosciamo e non capiamo diverso perché è più semplice e fa meno paura. Ecco! questo fa parte delle mie fragilità, fa male sentirmi diversa, non la malattia, a quella ti ci abitui e diventi inevitabilmente un guerriero. E poi ci sono le volte che litigo con me stessa, ad esempio quando in strada non riesco più a camminare, allora devo andare per forza alla ricerca di una panchina per recuperare le forze, fa parte del pacchetto anche questo…la stanchezza cronica intendo! è così che la chiamano, è così che ho dovuto imparare ad aspettare.
Mi piace il verbo aspettare, suona bene e sa di buono, proprio come l’autista del 14 che dallo specchietto retrovisore osserva tutte le mattine la mia buffa goffa corsa zoppicante per raggiungerlo e mi aspetta prima di chiudere le porte. Sono diventata davvero brava ad aspettare, seduta su una panchina che ogni giorno accoglie le mie gambe doloranti. Ed è lì da un posto nel mondo che, avvolta nella mia nebbia, osservo la vita che cammina intorno a me, lenta…ma comunque cammina. E poi vengo rapita dalla magia della creazione di Geova Dio mentre ascolto il cinguettio degli uccelli che giocano tra le fronde degli alberi, e nuovamente tutto è qui per me. Allora posso farcela, si! Anche se dovessero diventare mie tutte le panchine di Milano posso farcela ecco! Ci si rende conto di avere la “Sindrome da dolore cronico diffuso” non subito quando ti viene diagnosticata la malattia, anche perché, parliamoci chiaro…voi avete mai sentito parlare di Fibromialgia? nemmeno io quando ho sentito questa parola per la prima volta, mi viene in mente solo quando sono iniziati atroci dolori difficili da gestire e…dicevamo? A si! Ora ricordo vi stavo raccontando quando ci si rende conto di essere diventati fibromialgici. Semplice! Te ne rendi conto col tempo, quando il tuo corpo giorno dopo giorno cambia, quando non risponde più, quando la mattina hai un appuntamento importante e lui niente! Proprio non vuole sentirne di alzarsi e camminare. Lo capisci all’ennesima telefonata mortificante da parte di un’altra donna che puntualmente ti chiama e ti fa sentire in colpa perché nuovamente le hai dato buca a un impegno importante. Te ne accorgi quando per la prima volta ti si è bloccata la schiena e tua figlia di 15 anni ti ha portato di peso al bagno. Attenta, molto attenta a non farti male mentre sorridendo ti ha detto “Tranquilla mamma ci sono io” e così che ho dovuto imparare ad aspettare, mi piace il verbo aspettare, sa di buono come quando apro la finestra e attendo che sorga il sole ogni mattina. È lì…da un posto nel mondo lascio che ogni suo singolo raggio penetri nell’angolo più profondo della mia anima Dio! È così bello! E allora si! Posso farcela, posso farcela ancora, e non importa il dolore, non importa nulla perché anche oggi…ho vinto io

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Un commento

  1. Ei bellissima Pietrina un abbraccio forte

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