Samuele Stochino
a cura di ORNELLA DEMURU
Nato ad Arzana, figlio di un capraro, Samuele Stochino aiutò il padre con il bestiame fino alla sua chiamata alle armi, come fante nella Prima Guerra Mondiale.
Il soldato Stochino, numero di matricola 2567, partì il 7 giugno 1915 per la Tripolitania e la Cirenaica; imbarcatosi a Palermo, il 24 marzo del 1916 si rifiutò di eseguire degli ordini e venne messo nella prigione del corpo; venne giudicato il 30 giugno dello stesso anno e condannato alla pena di reclusione militare di anni uno, per mancata obbedienza dal Tribunale Militare di Guerra di Tripoli. Dopo 8 mesi di carcere venne scarcerato il 27 marzo 1917 per buona condotta.
Venne assegnato all’86º Reggimento di fanteria nei territori del fiume Piave, dove in meno di un mese si distinse per l’apprendimento delle tattiche militari e per aver sgominato una postazione nemica quasi in solitaria e assoluta autonomia, passando di grado e divenendo sergente, ricevendo poi la medaglia d’argento al valor militare.
Samuele venne rispedito nel suo paese di origine in Ogliastra e dopo alcuni mesi in piena estate venne sorpreso nel rubare alcuni maiali, tradito da alcuni suoi amici che lo volevano in carcere; venne arrestato ma riuscì a divincolarsi in breve tempo dai gendarmi e da quel momento divenne latitante.
I primi tempi di latitanza furono tranquilli. Divennero difficili con il fascismo perché Mussolini vide in lui e nei tanti banditi della Sardegna dei nemici inaccettabili. Il regime si scagliò quindi contro le loro famiglie.
Nel caso di Samuele, venne bruciata la casa dei nonni e arrestata la sorella. Inoltre in campagna venne spesso tormentato il lavoro del padre. Da quel momento la sua ira lo portò a commettere dodici omicidi, addirittura di una bambina di dodici anni, figlia di un nemico arzanese. Ecco perché venne soprannominato La Tigre d’Ogliastra.
Durante la latitanza strinse una profonda amicizia con il bandito Onorato Succu di Orgosolo e provò molta tristezza quando quest’ultimo venne ucciso nello scontro a fuoco di “Sas Fossas” nel 1927 nel territorio di Mamoiada. Ebbe diverse trattative con il politico suo compaesano Anselmo Contu e venne indagato anche in altri fatti di sangue della zona ogliastrina dove egli però non c’entrava nulla, come nel caso della Strage di San Sebastiano accaduta a Jerzu nel 1925.
Molto malato di broncopolmonite era solito rifugiarsi nei territori di Ulassai e Gairo. L’ultima notte la passò proprio nei territori ulassesi, nascosto in un ovile, e il giorno seguente, il 20 febbraio del 1928 le fonti ufficiali riportano la sua morte causata da uno scontro a fuoco con i carabinieri, in località “S’Orgiola de sa Perda”, nei celebri tacchi di Ulassai.
In realtà i militari spararono su Samuele Stochino già morto gettando su di esso del sangue animale forse nell’intento di acquisire la taglia più alta mai applicata ad un latitante (200.000 Lire), ma fu il medico legale a smascherare la verità. Quando gli fu fatta l’autopsia nel cimitero di Ulassai si scoprì che il bandito fu colpito a morte diverse ore prima della sparatoria con i Carabinieri. In realtà Samuele Stochino venne ucciso nell’ovile di “Su ‘Eremule”, a tradimento, a coltellate, da due ulassesi, mentre beveva un bicchiere d’acqua.
*Segnaliamo il libro “Samuele Stochino – Controstoria del bandito di Arzana” di Paolo Pillonca, edito da Domus de Janas.