Maurizio Virdis
di TONINO OPPES
Cercare una parola, poi acciuffarla e con essa trovare la direzione. Ma quale? Già, per andare dove? Non è mica semplice.
In fondo le direzioni possono essere tante soprattutto se vanno dietro alle parole che sono erranti e, dunque, sempre in continuo movimento. E poi tutto cambia con il trascorrere del tempo e dell’esistenza di ognuno, modificando emozioni, sensazioni, stati d’animo.
Quo (quo) Versus (?) la raccolta di poesie di Maurizio Virdis è un viaggio interiore che l’autore (a lungo docente di Filologia romanza, Letteratura francese medievale e di Linguistica sarda dell’Università di Cagliari), compie partendo dagli anni più lontani, facendo più di un passo indietro.
Ecco perché sfogliare le poesie di questa lunga raccolta è come osservare l’autoritratto dell’autore, attraversare le sue età e scoprire il costante impegno per la Letteratura, l’amore per la lingua sarda e per la poesia, un amore quest’ultimo lungo tutta una vita e che ancora continua perché Maurizio Virdis (lasciato da qualche anno l’insegnamento) è componente di alcune giurie di prestigiosi premi di prosa e di poesia in lingua sarda e partecipa attivamente al dibattito che anima la vita culturale a Cagliari.
Sono sei le sezioni della raccolta pubblicata qualche mese fa e presentata recentemente da Laura Medda e Duilio Caocci, a Selargius, nell’ambito delle manifestazioni promosse dal festival Anderas organizzato dalla Fondazione intitolata al poeta campidanese Faustino Onnis e guidata dalla figlia Luciana.
Si va dal 1965: “Desolazione in strade/ orme d’avanzi recenti/di chi ancor vive …” un’opera che reca accanto un’altra data, quella del 2023: anche altre poesie hanno una doppia data, quella della prima stesura e quella della sua rivisitazione. Quasi una ricognizione in cui l’uomo adulto (Maurizio Virdis) si confronta con il giovane Maurizio, allora studente liceale. Fanciullezza e maturità si incontrano nell’intimo del poeta. “Del resto, dice l’autore, la modernità non deve cancellare il passato anche se non tutto può essere recuperato. Ma è utile per capire chi siamo stati.”
E così ai versi del fanciullo si uniscono quelli dell’uomo adulto: cosa è rimasto dei primi, cosa hanno aggiunto gli ultimi? Gli stati d’animo sono differenti e anche le parole che sono in perenne cammino ma il presente non cancella assolutamente il passato, lo recupera e lo rielabora per offrirlo ai lettori che contemplano la bellezza della parola che insegue amore e combatte contro l’oblìo.
Nella raccolta (230 pagine) compaiono ed hanno un ruolo importante le traduzioni di opere che hanno segnato il cammino della Letteratura, più alcune riscritture bilingui. Non mancano le traduzioni di lavori di Dante e Petrarca, dei canzonieri, di Foscolo e dell’amato Leopardi, con il primo verso dell’Infinito “Sempre caro mi fu quest’ermo colle” che diventa in limba “Stimau sempr’apu custa sedha aresti”.
L’ultima sezione comprende sonetti liberamente ispirati a opere di poeti classici, forse alcuni di quelli che maggiormente hanno segnato la vita culturale di Maurizio Virdis che “nella parola degli altri, scrive nel suo breve ritratto autobiografico, ha sempre cercato la parola sua propria.”
In copertina foto di un arazzo realizzato da Anna Maria Bandinu di Ittiri.