di CRISTOFORO PUDDU
La diocesi di Ozieri si è caratterizzata per essere una fucina e centro di spiritualità missionaria nel solco Fidei Donum. Si ricorda il dono di fede alle terre di missione, operato da diversi suoi sacerdoti, per creare un ponte tra le Chiese: il trentennale servizio di don Nino Carta in America Latina; del bulteino don Mario Cherchi in Brasile, Mozambico, Angola e la mitica personalità, semplice e umile, dell’illoraese don Giovanni Carta (2 aprile 1914 – 12 maggio 2016) che a partire dal 1952 dedicò il suo apostolato, da “patriarca” e pastore di un sacerdozio povero ma sempre pronto a donare, nella terra di missione dell’immenso Brasile. La missionarietà dei sacerdoti diocesani assurge a significare una espressione di alta fratellanza e testimoniare una sfida all’egoismo, nel segno di quella cultura solidale che germinava, e tutt’ora caratterizza, la vita delle piccole comunità sarde. Altri sacerdoti e religiose Fidei donum: Angelo Angioni, nativo di Bortigali ma cresciuto a Ozieri, Sebastiano Saba di Buddusò, Francesco Solinas Leoni di Ittireddu, Gavino Usai di Tula e diverse sorelle delle “Piccole Suore di San Filippo Neri” (Lucia Nieddu di Burgos, Francesca Mellino di Nule e Mercedes Ortu di Benetutti).
E figura unica da riscoprire e valorizzare (ricordata e citata spesso per esemplarità da don Raffaele Filia di Illorai) è certamente quella del missionario P.I.M.E. Giovanni Deledda. Nato a Ozieri il 21 agosto 1917, concluse la sua breve ed intensa esistenza terrena nel luglio del 1950, divorato dalla malaria, tra le tribù degli Wa della lontana Birmania. L’occasione del ricordo nasce dalla pubblicazione del volume “P. Giovanni Deledda dal Logudoro alle foreste della Birmania (1917-1950)” nella Collana Archivio Storico Diocesano Ozieri (ASDO-2024). L’opera, fortemente voluta dalla nipote Rosalia Deledda, per far rivivere le idealità del familiare religioso, è scritta a quattro mani con il determinante contributo e valenza documentale-storica di Tonino Cabizzosu.
Il sogno nel cassetto di Rosalia si concretizza per condividere “la toccante testimonianza di fede e amore di mio zio” e far conoscere “carattere, allegria, formazione, fede, vocazione, nonché il coraggio di abbandonare una vita comoda per andare ad annunciare a popoli lontani e spesso ostili, la gioia del Vangelo”.
Nella parte introduttiva si analizzano le basi tipologiche di formazione missionaria. Quella prossima, tracciata dal percorso famiglia e comunità locale parrocchiale che offre un’educazione, religiosa e umana su solide radici, dove crescere l’esistenza con le esperienze di vita per incontrare Cristo nei poveri e nel servizio incondizionato verso gli ultimi; l’altro rilevante momento formativo è rappresentato dal vissuto all’interno del “Pontificio Istituto delle Missioni Estere” di Milano e Monza, luoghi in cui Giovanni Deledda matura il senso di un andare instancabile verso tutta e altra umanità, oltre ogni confine, per invitarla alla comunione con Dio. Per P. Deledda significa consacrarsi alla missione universale di testimonianza evangelica, da portare ad ogni creatura, e donare la propria vita al servizio dell’unico progetto divino di redenzione per l’umanità. Un impegno totalizzante nell’evangelizzazione e nell’essere missionario aperto a nuove culture e tradizioni, a nuove fedi e società e alla storia dei popoli. Sfide e speranze che animano profondamente le scelte del religioso ozierese con l’apertura all’altro ed arrivando, una volta missionario tra i tagliatori di teste delle tribù Wa, a sottoporsi senza esitazione e condizioni al loro “sistema primitivo”, pur di “inculcare il rispetto per la vita degli altri”.
Nella pubblicazione risalta l’operosità e dimensione diocesana nel diffondere e coltivare “un intenso spirito missionario”, nel sensibile e ricettivo “mondo cattolico ozierese verso il tema delle missioni ad gentes”. E in questo favorevole clima, di attenzione diffusa per la propagazione della fede, cresce la vocazione di conoscenza della spiritualità missionaria di Giovanni Deledda. Il riferimento vocazionale maturo è forgiato nell’istituto formativo di appartenenza ma con la vitale forza di una base dalla “ sana identità socio-religiosa logudorese”.
La storia del P.I.M.E. in Birmania si arricchisce con i due anni di vita missionaria di P. Deledda, dove si opera con “troppo zelo a scapito della salute” e in situazioni estreme. Una vita, quella dell’ozierese, di testimonianza, apostolato e scandita anche da una personale sensibilità per la Chiesa locale e per la Sardegna. I ricorrenti elementi del prezioso epistolario pubblicato, delineano una figura meritoria di essere studiata e fatta conoscere come un alto esempio umano e religioso del Logudoro.
Padre Giovanni Deledda, morì in Birmania venerdì 28 luglio 1950 all’età di 33 anni, e sono significative le parole testamento che espresse come sue ultime volontà: “Dite ai sardi che ho rappresentato con dignità la mia isola in questa terra. Quando sarò morto, tiratemi via le vesti e fatene abiti per gli orfani. Tanto sotto terra non ce n’è bisogno”.
Per la sepoltura, come ricordato anche da un componimento lirico del poeta Gavino Oggiana e pubblicato nel 1977 su “Voce del Logudoro”, un bonzo donò la bara che aveva preparato per sé. Ed i versi di Oggiana declamano l’offerta del “pio Bonzo” come “in segno di fraterno comunitario amore”.